IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno I, 1959, Numero 3, Pagina 162

  

 

ANALISI SOCIALE DELLA VOTAZIONE PER IL
CONGRESSO DEL POPOLO EUROPEO NEL COMUNE DI PAVIA
 
 
Nei giorni 18, 19 e 20 aprile si sono tenute, nella regione elettorale lombardo-ticinese (Lombardia e Canton Ticino), le elezioni per il Congresso del Popolo Europeo. Come i nostri lettori sanno, si tratta di elezioni organizzate da volontari, appartenenti in genere al Movimento Federalista Europeo, mediante le quali i cittadini: a) si dichiarano favorevoli alla istituzione degli Stati Uniti d’Europa e richiedono la convocazione dell’Assemblea Costituente Europea, b) eleggono, impegnandoli a svolgere azione politica in tal senso, i membri del Congresso. Giusta le regole di queste elezioni, che si sono già tenute in diverse regioni d’Europa indipendentemente dalle divisioni nazionali, potevano votare tutti i cittadini residenti nella regione elettorale, che avessero compiuto il 18° anno di età: ciascuno nel proprio comune, o in un altro soltanto se nel proprio non erano stati aperti seggi. Le operazioni si sono svolte in seggi aperti nelle pubbliche vie. Esse sono state protette da particolari garanzie: i cittadini, prima di votare, dovevano presentare un documento di identificazione, sulla base del quale gli scrutatori redigevano un certificato elettorale diviso in due parti, una che restava all’elettore, ed una che veniva trattenuta al seggio per il controllo degli eventuali doppi voti. Questa garanzia, mentre assicurava la regolarità formale del voto, conseguiva anche l’effetto di impegnare seriamente i cittadini che, in molti casi, sono riluttanti a dare il proprio nome.
Tenendo conto del piccolo numero delle località e dei seggi (numero quasi insignificante rispetto a quello dei seggi delle elezioni nazionali), della scarsissima propaganda precedente il voto a causa della povertà di mezzi, e del fatto che si trattava non di un sondaggio di opinione, ma di una presa di posizione politica, e per di più nuova, cosa che comporta notevoli diffidenze, i risultati ottenuti devono essere considerati eccellenti, e tali da far fondatamente ritenere che la coscienza dell’importanza e del carattere del problema europeo sia molto più netta ed avanzata nell’opinione pubblica che nella classe politica. L’operazione ha dato complessivamente 146.591 voti validi, così ripartiti tra le diverse provincie: Canton Ticino 1.680, Bergamo 5.299, Brescia 10.455, Como 11.523, Cremona 8.854, Mantova 2.545, Milano 79.380, Pavia 10.051, Sondrio 4.521, Varese 12.283.
La differenza di voti tra le diverse provincie è in evidente rapporto con la consistenza del gruppo locale federalista, e quindi con lo svolgimento di una campagna più o meno intensa e con l’apertura di un numero più o meno alto di seggi. A Pavia è stato possibile classificare i votanti a seconda della condizione sociale, il che ha permesso di rilevare qual è stato il contributo dato al voto dai vari ceti.
Conviene premettere all’esposizione dei risultati di Pavia una sommaria descrizione di come si sono svolte le operazioni nella città. La campagna elettorale, a prescindere dai dibattiti politico-culturali molto approfonditi ma limitati ad un piccolo numero di persone per il loro stesso carattere, e per la mancanza dei mezzi, è consistita esclusivamente in una pubblica conferenza dell’avv. Mario Da Milano quindici giorni prima dell’apertura delle urne, cui sono intervenute circa 150 persone; nella distribuzione, nel periodo immediatamente precedente le elezioni, di circa 300 certificati elettorali; nell’esposizione di un centinaio di manifesti murali invitanti al voto; e, durante le votazioni, nella distribuzione di un volantino che spiegava il significato del voto. E’ importante tener presente che questo volantino era fortemente critico rispetto ai governi nazionali, accusati della mancata soluzione del problema europeo e, in conseguenza di ciò, della mancata soluzione dei fondamentali problemi di pace, libertà e giustizia sociale della nostra epoca che, avendo raggiunto dimensioni europee, richiedono diritti politici e strumenti parlamentari e governativi a livello europeo. Praticamente tutti gli elettori, prima di votare, lessero il volantino.
Le operazioni di voto sono state sorvegliate e garantite da una commissione di controllo composta da persone universalmente conosciute e stimate nella città, e presieduta dal prof. Virginio Rognoni. Le elezioni si sono svolte in sei seggi aperti tutti nella zona Centrale della città. Il ridotto numero del personale disponibile non ha consentito di aprire un numero maggiore di seggi, il che ha comportato la necessità di lasciare scoperta tutta la zona periferica e alcuni sobborghi densamente popolati e molto decentrati rispetto al nucleo principale. Il personale ai seggi era costituito quasi esclusivamente da studenti (circa 30) e in ispecie da studenti appartenenti al noto collegio universitario Ghislieri. I candidati locali (due) non appartenevano ad alcun partito politico nazionale, ed erano anzi noti negli ambienti politici locali per avere abbandonato da molto tempo il loro partito e per aver svolto in seguito esclusivamente attività federalista, in netta polemica coi partiti stessi a causa del problema europeo.
I voti ottenuti nel comune di Pavia (72.446 abitanti di cui 54.065 iscritti nelle liste elettorali) sono risultati più di 9.000 (nella provincia di Pavia si votò anche in altri due comuni). Tuttavia, allo scopo di valutare i voti in rapporto alla composizione sociale della popolazione di Pavia, si è tenuto conto esclusivamente dei votanti residenti in Pavia, scartando di conseguenza i voti ottenuti nel comune stesso, ma dati da cittadini non residenti (stante la possibilità concessa a tutti i residenti nella regione elettorale di votare in altro comune se nel proprio non c’erano seggi). I voti utili per l’indagine sono così risultati essere 7.422, vale a dire il 12% della popolazione residente dal 18° anno in su (corrispondente a quella ammessa al voto). Lo spoglio ha dato il seguente risultato: 
 
 
UOMINI
DONNE
Operai
1016
133
Impiegati
1707
623
Professionisti e industriali
504
Commercianti
616
74
Casalinghe
1425
Altre professioni (1)
932
392
 
______
______
Totale
4775
2647
 
(1) In «Altre professioni» sono compresi anche gli studenti, valutati a parte per quanto diciamo in seguito.
  

Per valutare l’apporto alla votazione dei diversi ceti è stata calcolata la percentuale ricavata dal rapporto tra l’ammontare dei votanti di ciascun ceto classificato e l’ammontare totale dei votanti. Nella tabella che segue collochiamo nella seconda colonna tali percentuali, e nella prima colonna le percentuali ricavate dal rapporto fra l’ammontare dei ceti in questione e l’ammontare della popolazione pavese al di sopra dei diciotto anni, allo scopo di permettere un rapido raffronto tra la posizione del ceto nella popolazione e nella votazione:

 
 
UOMINI
 
 
DONNE
 
residenti
votanti
 
 
residenti
votanti
Operai
20,8%
13,7%
 
Operaie
10,1%
1,8%
Impiegati
7,5%
23,0%
 
Impiegate
4,7%
8,4%
Professionisti e industriali
1,4%
6,8%
 
Casalinghe
31,0%
19,2%
Commercianti
4,4%
8,3%
 
Commercianti
1,7%
1,0%
Altre prof.
13,0%
12,5%
 
Altre prof.
5,0%
5,2%
 
______
______
 
 
______
______
Totale uomini
47,0%
64,3%
 
Totale donne
53,0%
35,7%
 
 
L’esame di questi dati, che presentano una maggiore partecipazione degli uomini (più politicizzati) che delle donne, e tra le donne una maggiore partecipazione delle impiegate (più politicizzate) che delle casalinghe, mostra che l’appello è stato bene accolto dagli individui politicizzati. A questo proposito non è possibile dire di più, sia perché non conosciamo il numero di tali individui nemmeno in via approssimativa, sia perché un raffronto tra la percentuale dei votanti in queste elezioni ed in quelle nazionali non avrebbe alcun senso, non solo per il loro diverso carattere, ma anche per lo scarso numero dei seggi, la mancanza di propaganda, lo scarso rilievo dato alla votazione dai quotidiani nazionali. Non è stato del resto possibile calcolare, mediante un sondaggio di opinione, il numero dei cittadini che vennero a conoscenza dell’operazione, e della possibilità di votare.
L’esame di questi dati ci permette però di affermare che in linea di massima il problema europeo è sentito egualmente da tutti i ceti. Lo scarto della percentuale degli operai rispetto a quella degli impiegati si spiega infatti con considerazioni di politica nazionale. A Pavia la classe lavoratrice è nettamente orientata verso i partiti di sinistra, con medie più alte di quelle nazionali. Orbene, non solo tali partiti conducono da tempo una propaganda contraria alla Federazione Europea, ma, in particolare, in occasione delle elezioni per il Congresso del Popolo europeo, il partito comunista, ricorrendo alla menzogna, ha tentato di far credere che si trattasse di propaganda per l’installazione delle rampe per i missili. Sono stati infatti constatati diverbi tra comunisti che avevano votato, e comunisti che li rimproveravano. Bisogna inoltre tener conto del fatto che i seggi erano tutti collocati nel centro della città e non nei quartieri periferici o nei pressi delle maggiori industrie.
I dati relativi agli studenti non sono stati esposti insieme agli altri, e sono stati di conseguenza inseriti nella voce «altre professioni» perché la popolazione studentesca pavese ha carattere particolare, per il gran numero di iscritti all’Università che si spostano frequentemente. In ogni modo il numero totale degli studenti votanti, maschi e femmine, è di 1.370, compresi quelli non residenti a Pavia e ivi presenti soltanto per ragioni di studio. Poiché tale dato riguarda quasi esclusivamente studenti universitari, dato il limite dei 18 anni, la cifra è da considerarsi elevatissima, tenuto conto del fatto che il numero totale degli iscritti alla Università di Pavia si aggira sul 5.000, e che pochi si trovavano in città durante le operazioni elettorali.

 

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