IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno XXXVIII, 1996, Numero 3, Pagina 191

 

 

Alla ricerca delle origini del federalismo moderno:
il Covenant nell’esperienza storica americana
 
LORENZO PETROSILLO
ELIO SMEDILE
 
 
Introduzione.
 
La storia del federalismo moderno cominciò con la fondazione degli Stati Uniti d’America. La «Convenzione per la revisione del sistema federale di governo», più nota come Convenzione di Filadelfia, approvata il 17 settembre 1787, realizzò il primo esempio di patto federale tra Stati sovrani.
Non si trattò di un’operazione chiara e lineare, fissata precedentemente nelle menti dei congressisti, ma fu invece il risultato di un autentico compromesso. «I punti più importanti della Costituzione furono concepiti come pure e semplici transazioni tra le opinioni divergenti delle parti in contrasto e per nulla affatto le parti di un edificio coerente».[1]
Il compromesso fu una geniale intuizione dei congressisti dell’epoca, ma non è sufficiente da solo a rispondere a due importanti interrogativi: perché solo in quella parte del Nord-America si crearono le condizioni per lo sviluppo del federalismo? Perché solo nel Nord-America il federalismo implicito enunciato nei principi della Convenzione di Filadelfia venne recepito dalla società come parte integrante del proprio bagaglio storico e culturale?
Trovare una risposta a tali domande significa riuscire ad individuare quali furono le circostanze per cui, alla fine del XVIII secolo, si costituì in Nord-America una società federale, significa determinare quello che Albertini[2] definisce «il quadro storico di quel particolare comportamento sociale federalistico», significa infine contribuire all’analisi delle motivazioni politiche, sociali e culturali del federalismo moderno.
Come cercheremo di dimostrare nel presente lavoro, vi fu un elemento (il contrattualismo puritano), sempre presente nella società coloniale fin dai primi insediamenti, che può fornire una prima risposta a queste domande. Il contrattualismo puritano ebbe, infatti, una influenza decisiva sul modello di sviluppo delle comunità, riuscendo a trasferire dal piano religioso a quello sociale e politico comportamenti protofederali anticipatori di abitudini e mentalità che avrebbero condotto i congressisti di Filadelfia ad individuare, forse inconsapevolmente, gli ingranaggi fondamentali del meccanismo federale.
Per comprendere fino a qual punto il contrattualismo puritano permeasse la società dell’epoca, si può citare un avvenimento accaduto nell’estate del 1775 al Congresso continentale riunito a Filadelfia.[3] Si era alla vigilia dello scontro decisivo tra le tredici colonie e la Gran Bretagna. Il Congresso affrontò l’emergenza dell’imminente guerra con modi e forme che potrebbero sembrare quanto meno singolari; esso, infatti, invitò i popoli delle colonie a vivere la giornata del 20 luglio 1775 come «giorno di pubblica umiliazione, digiuno e preghiera». Ciò sarebbe servito a «riconoscere e deplorare i nostri peccati e ad offrire in alto le nostre comuni suppliche all’Onnipotente» affinché Egli «perdoni le nostre iniquità, rimuova le nostre presenti calamità e allontani queste desolate punizioni divine dalle quali noi siamo minacciati». Gli effetti di questa raccomandazione non si fecero attendere: dovunque, dalla Nuova Inghilterra alla Carolina, fu un susseguirsi di autentico sgomento, contrizione, preghiera e pentimento. In tal modo il Congresso continentale composto in parte da illuministi e deisti — si accattivò il favore popolare nell’imminente lotta con la Gran Bretagna.
Il significato dell’appello del Congresso fu subito compreso perché il Congresso stesso aveva toccato un tasto profondamente delicato e sentito dai coloni; il meccanismo che esso utilizzò per diffondere il messaggio ricalcava quello che da almeno centocinquant’anni si praticava nella Nuova Inghilterra.
Nel New England[4] il puritanesimo aveva abituato la società a vivere in diretta relazione contrattuale con Dio e a dedicare un giorno per la confessione ed il pentimento dei peccati. Ogni manchevolezza umana andava a colpire l’accordo contrattuale con l’Onnipotente, comportando così una proporzionale punizione.
La mentalità profondamente religiosa radicata nella Nuova Inghilterra puritana si era, durante il secolo e mezzo precedente, così diffusa anche presso le altre colonie da convincere il Congresso dell’opportunità di rivolgersi ad esse proprio con le forme ed i contenuti tipici della cultura puritana.
Su una società siffatta, pervasa da una religiosità basata sul contrattualismo tra il popolo e Dio ed adusa alla pratica dell’associazione volontaria tra le diverse confessioni cristiane, il federalismo politico moderno trovò il substrato ideale per una sua prima positiva applicazione, venendo percepito non come un qualcosa di diverso, artificioso e macchinoso, bensì come un modello di organizzazione civile familiare già precedentemente abbozzato nella cultura religiosa e politica dei puritani.
A conferma dell’importanza che le caratteristiche peculiari della società hanno avuto sulla nascita del federalismo, sarà utile richiamare il caso del Messico, in accordo con le considerazioni già svolte nello scorso secolo da de Tocqueville nella fondamentale opera La democrazia in America. Questo Stato nel 1824 adottò la Costituzione federale americana del 1787, copiandola integralmente; tuttavia i risultati furono assai diversi ed in breve tempo la federazione messicana degenerò prima in anarchia e poi in dispotismo. Le cause dell’insuccesso sono numerose, ma fondamentale fu, a nostro giudizio, l’estraneità alla civiltà messicana dei valori del contrattualismo puritano.
Focalizzare l’attenzione sul contrattualismo puritano non significa assolutamente sottovalutare l’importanza delle altre circostanze che favorirono la nascita della federazione degli Stati Uniti. Per esempio, è fin troppo ovvia l’influenza del contesto geografico: piccoli gruppi di coloni, lontanissimi gli uni dagli altri, erano per certi versi «costretti» a darsi una struttura organizzativa decentrata e tendenzialmente federale. E così pure le idee politiche e filosofiche dell’illuminismo europeo (soprattutto di origine britannica) offrirono ai Padri fondatori quella preparazione culturale indispensabile a qualunque classe dirigente moderna. Detto questo, è però anche giusto sottolineare che il contrattualismo puritano, come si vedrà in seguito, precedette sia l’arrivo dei coloni nel Nuovo Mondo sia l’illuminismo settecentesco. Esso offrì alla Nuova Inghilterra le motivazioni religiose del particolare assetto politico ivi impiantato ed influenzò le nuove generazioni preparandole culturalmente (e potremmo dire quasi istintivamente) al federalismo del 1787.
Il contrattualismo puritano[5] viene, nella storiografia americana, usualmente assimilato al termine inglese Covenant, anche se, come si vedrà in seguito, spesso l’identificazione del contrattualismo con il Covenant potrà sembrare arbitraria.
L’itinerario del presente lavoro sarà una preliminare analisi storica e teorica del Covenant, del suo affermarsi nelle colonie del New England e poi di lì in tutte le altre colonie del Nord-America.
 
Definizione del termine Covenant.
 
Il termine Covenant nasce dal francese antico Covenant e venne con tutta probabilità introdotto in Inghilterra in seguito alla grande invasione normanna del 1066.
Forse, se non avesse recitato un ruolo decisivo nella costruzione del federalismo nordamericano, esso verrebbe ricordato soltanto dagli studiosi del protestantesimo.
Covenant, nella sua più pratica e concreta accezione, sta a significare «convenzione», «promessa», «accordo», «patto».[6] Ciascuno di questi vocaboli assume, nella lingua originale inglese, una propria e precisa sfumatura, talché nessuno di essi riesce a rendere compiutamente la complessità di significati presenti nel Covenant. Definizioni più elaborate sono state proposte in epoca recente da vari studiosi,[7] altre sono state ricavate direttamente dai testi americani dei secoli XVI e XVII.[8]
Può così intendersi per Covenant «un accordo formale con validità legale, concluso sotto il sigillo della Corona»;[9] «un accordo stabilito o garantito da Dio»;[10] «un Patto o convenzione tra il popolo eletto e Dio»;[11] « un accordo concluso tra un certo numero di persone visibilmente cristiane per la creazione di una Chiesa»;[12] «Patto sociale con il quale si accetta un certo tipo di governo»;[13] «Patto con il quale un certo numero di uomini crea una Città».[14]
Come appare evidente, col termine Covenant vengono indicati diversi tipi di accordi aventi finalità altrettanto diverse. Risulta quindi difficile individuare una efficace sintesi di questi molti significati, ed anzi essa potrebbe risultare controproducente, posto che ogni ragionamento o discorso logico racchiuso in una singola frase ne uscirebbe irrimediabilmente menomato.
Tuttavia, pur con tutti i limiti propri di una definizione, ci sembra giusto riproporre quella datane da Sabetti[15] perché utile a tracciare le primissime coordinate di questo lavoro. Per Sabetti, quindi, Covenant significa: «Associazione volontaria (…) tra popolazioni o partiti aventi uno status indipendente, che provvede ad una azione congiunta o ad impegni per raggiungere scopi limitati o di vasta portata, in condizioni di mutuo rispetto che protegga le integrità individuali dei membri associati».
Va ad ogni modo sottolineato che, qualunque sia la definizione, nel concetto di Covenant è comunque sempre presente l’aspetto più propriamente contrattualistico di incontro di più volontà.
Ma i termini ricorrenti in Inghilterra per designare qualcosa di simile al nostro «accordo» non si esaurivano nel solo Covenant, bensì comprendevano anche i termini Contract e Compact. Mentre il primo, come si è visto, poteva assumere una vasta gamma di significati, il Contract era semplicemente un accordo (non avente forza di legge) su di uno specifico argomento.[16] Il Compact viceversa era un accordo che riguardava l’intera comunità o le relazioni tra più comunità.[17] La differenza tra Compact e Contract consisteva nel fatto che il Compact era meno specifico del Contract: era piuttosto un regolamento che non un accordo con precise responsabilità delle parti.
 
La teologia federale.
 
Con la Riforma protestante il Covenant prese a caratterizzarsi in senso più religioso e metafisico, differenziandosi dagli affini, seppur diversi, Contract e Compact.
Una nuova e più elaborata concezione del Covenant si scorge in varie sette riformate inglesi intente ad unirsi tra di loro attraverso dei patti fondati sul libero consenso degli stipulanti. Questi patti impegnavano i contraenti non solo a vivere cristianamente in ogni circostanza, ma anche ad entrare in una nuova e più cristiana comunità. Dietro un variegato rituale ed una apparente semplicità nel manifestare il proprio consenso, si cela da un lato una diversa concezione della Chiesa e della società e dall’altro una vera e propria teologia.
Gli adepti di queste sette (che d’ora in poi chiameremo con il loro vero nome di puritani) si discostavano profondamente dalla confessione ufficiale del Re e del popolo inglese (l’anglicanesimo) ma anche da confessioni loro molto più prossime (come il presbiterianesimo) in quanto si rifacevano, come detto sopra, ad una particolare teologia: la Teologia federale.[18]
Questa, minoritaria nel variegato mondo delle teorie religiose riformate, era il frutto di una lunga e complessa elaborazione intellettuale avviata in Svizzera da Zwingli e Bullinger ed in Renania da Ecolampadio[19] e Martin Bucer.[20] Essa trovò una prima esauriente sistemazione concettuale grazie all’olandese Zacharias Ursinus ed al suo discepolo inglese Thomas Cartwright.[21] Quest’ultimo diffuse in Inghilterra la teologia federale i cui principi vennero definitivamente fissati da alcuni importanti esponenti dell’intellettualismo riformato quali William Perkins, William Ames e John Preston.[22]
La teologia federale seppe cogliere in pieno ed in parte anticipare il nuovo clima intellettuale che dall’Inghilterra si stava espandendo sul continente tramite i nuovi fermenti religiosi del protestantesimo. Riprendendo, infatti, con inusitato vigore e dinamismo, l’idea antichissima del patto, dell’alleanza (appunto del Covenant) tra Dio e l’uomo, diffusamente descritta nell’Antico Testamento, i teologi federali gettavano inconsapevolmente anche il seme di una nuova mentalità sociale (e successivamente di un nuovo assetto politico ed istituzionale) basata non più sulla «natura» bensì sul volontarismo umano. Questo volontarismo era molto differente, quanto a presupposti, dai vari foedera medioevali,[23] perché si rifaceva direttamente alla Bibbia, rendendo quindi «di diritto divino» tutte le relazioni contrattuali della vita ecclesiastica e sociale del contrattualismo puritano.[24]
In tal modo l’esperienza biblica dell’antico Israele, modellata sulla sacra alleanza del popolo eletto con Dio, veniva rivalutata e riproposta come parametro autentico delle relazioni politiche: fin da subito, dunque, il Covenant teologico cominciò ad influenzare profondamente la dimensione ecclesiastica e politico-istituzionale dei puritani inglesi.[25]
 
Il Covenant ecclesiastico e il Congregazionalismo.
 
Partendo dal Covenant teologico e dalla Teologia federale i puritani inglesi (che ancora facevano parte della più vasta famiglia dei presbiteriani) dettero nuovi ed inediti sviluppi alle idee Covenant. Essi sostenevano l’assoluta necessità di fondare le Chiese attraverso un contratto pubblico stretto, al cospetto di Dio, tra un certo numero di cristiani. Gli stipulanti di tale solenne contratto non potevano essere l’universalità dei cristiani, ma soltanto quell’esiguo numero che avesse stretto nella propria coscienza il Covenant teologico con Dio. Tali persone altri non erano che i veri cristiani, gli Eletti e, in definitiva, i puritani medesimi.
Non risultava agevole identificare chi, nel gran mare dell’Umanità, fosse stato predestinato (Eletto) da Dio alla salvezza. Ci si doveva basare sulle opere e sui comportamenti di ciascuno, sui suoi successi (segno della Grazia divina) od insuccessi. Solo dunque i Santi visibili, coloro cioè che dimostravano già in terra di ricevere la Grazia divina, potevano ritenersi Eletti ed autentici cristiani e quindi riunirsi tra di loro in una libera Chiesa.
A questo proposito è utile descrivere le modalità di nascita di una Nuova Chiesa: un gruppo di Santi visibili si riuniva solennemente e, con un Covenant libero e volontario, dava vita ad una Chiesa puritana.
Le radici di questo Covenant (Covenant ecclesiastico) sono bibliche: il Vecchio Testamento è prodigo di alleanze (Covenants secondo i teologi federali) stipulate tra il popolo eletto. Anche il Nuovo Testamento (così come interpretato dai puritani) assegna ai cristiani il compito di riunirsi per diffondere la Buona Novella.
Le Chiese puritane nascevano quindi per esclusione di tutti i non cristiani ed al tempo stesso non comprendevano la totalità dei cristiani. In altri termini esse erano non ecumeniche ma selettive e limitate a quel gruppo di stipulanti, quel particolare Covenant ecclesiastico. Esistevano, dunque, tante Chiese puritane quanti erano i Covenant conclusi; ogni gruppo puritano si dava una propria Chiesa eguale e diversa allo stesso tempo da tutte le Chiese consorelle; nessuna di queste Chiese poteva affermarsi sulle altre in quanto ciascuna di esse voluta direttamente da Dio.
Da queste premesse teoriche, derivanti dagli sviluppi della Teologia federale e dalla Bibbia, prese via via consistenza il cosiddetto Congregazionalismo e cioè l’organizzazione ecclesiastica che si dettero i puritani.
Il Congregazionalismo rappresentò la causa che determinò il distacco dei seguaci della Teologia federale dalla più grande famiglia del presbiterianesimo. I presbiteriani, al pari degli anglicani, sostenevano che la Chiesa, in quanto tale, dovesse essere unica e diffusa su tutto il territorio della Corona. Essa non poteva basarsi sul consenso e sul volontarismo di un numero ristretto di persone, ma doveva abbracciare l’universalità dei cristiani, indipendentemente da qualsiasi Covenant sottostante. La Chiesa anglicana poggiava su tali fondamenta e per questo motivo i presbiteriani rimasero all’interno di essa.
Una parte dei puritani congregazionalisti non accettò simile compromesso e decise di abbandonare ufficialmente la Chiesa d’Inghilterra. Altri, probabilmente la maggioranza, ritennero invece che fosse opportuno non abbandonare la Chiesa anglicana in quanto credevano ancora possibile una riforma della stessa dall’interno. Nacquero, quindi, due gruppi distinti di puritani: i congregazionalisti separatisti ed i congregazionalisti non-separatisti. I non-separatisti costituirono la parte predominante di quei sudditi della Corona che attraversarono l’Oceano per tentare l’avventura nel Nuovo Mondo.
La differenziazione tra separatisti e non-separatisti interessò ben presto anche la struttura ecclesiastica propriamente detta. Infatti, se per entrambi le Chiese dovevano fondarsi su dei liberi Covenant, e se ogni Chiesa godeva di indipendenza rispetto alle altre, i separatisti svilupparono al limite questa impostazione di fondo. In breve, non godendo le Chiese separatiste di alcun concreto punto di riferimento ad un livello superiore di organizzazione, esse finirono per differenziarsi sempre di più — anche sul piano dottrinale — ed in poco tempo precipitarono in una completa anarchia pericolosa anche per la loro stessa sopravvivenza. Al contrario i non-separatisti, anche in virtù della loro mai rinnegata appartenenza alla Chiesa d’Inghilterra, riuscirono a realizzare una organizzazione del sistema delle Chiese che, visto con occhi attenti, rivela analogie con quello che sarà il sistema federale del 1787. Infatti, ogni Chiesa godeva di piena libertà ed autonomia. Al di sopra di esse venne istituito nel 1636 un apposito organo detto Sinodo cui competevano poche e ben definite funzioni (fissate nel capitolo XVI della Cambridge platform). Al Sinodo partecipavano pastori inviati dalle varie Chiese cosicché tra i due livelli di organizzazione ecclesiastica si sviluppava continuità ed uniformità di azione religiosa e politica.
 
Il Covenant nell’esperienza dei coloni britannici del Nord-America.
 
Se i rigorosi puritani britannici non avessero abbandonato la madrepatria, probabilmente col tempo essi sarebbero ritornati nel grande alveo del presbiterianesimo. Ed oggi, trattare la loro storia e spiegare le loro idee non avrebbe alcun significato oltre quello di una testimonianza storica. Invece questi uomini lasciarono un segno indelebile della loro presenza nel Nuovo Mondo.
Pochi dati storici bastano a far comprendere la straordinaria importanza che ebbero queste conventicole di Santi visibili. Nel 1620 i cosiddetti Padri Pellegrini, durante il viaggio verso le coste americane, strinsero (come era loro abituale) un Covenant.[26]«We do solemny and mutually, in the presence of God and of one another, Covenant and combine ourselves together, into a civil body politic».[27]Questo Covenant, che aveva già le caratteristiche del Covenant sociale (di cui si dirà in seguito), è poi divenuto simbolo dello spirito che ha animato la fondazione degli Stati Uniti nonché del loro modello politico.
Ma l’avventura dei Padri Pellegrini non aveva né poteva avere il rilievo che le dette in seguito la storia. Essi, sbarcati a Plymouth nel New England, diedero subito concretezza a tutti gli istituti della teologia federale e del congregazionalismo separatista. Tuttavia la loro esperienza, per quanto importante sul piano simbolico, era circoscritta ad un gruppo di 150 persone e le conseguenze concrete della loro azione non andarono oltre una generazione.[28]
Decisamente più importante fu la grande migrazione del 1629-30 dei puritani non-separatisti guidati da J. Winthrop.[29] Questa migrazione si distingue da tutte le precedenti e le successive per vari motivi, di cui uno è particolarmente significativo: Winthrop e i suoi seguaci giunsero nel New England convinti di essere stati guidati nella nuova Terra Promessa da Dio al quale ciascuno di essi era legato dal Covenant teologico.
Essi partirono per questo limbo sperduto non perché scacciati dalla madrepatria, ma perché erano convinti di poter creare in quel luogo una autentica comunità cristiana, popolata dai veri cristiani, articolata sulla base delle libere Chiese fondate sull’altrettanto libero Covenant ecclesiastico. In altri termini essi (il nuovo Israele) arrivavano in America così come il vecchio Israele, guidato dal Signore, aveva raggiunto la Terra Promessa in Palestina.
Una parte significativa della storiografia americana,[30] rifacendosi anche all’insegnamento di Tocqueville,[31] è concorde nell’individuare proprio nei puritani del New England il primo autentico germe dell’identità nazionale, della democrazia e del federalismo.
 
Dal Covenant ecclesiastico al Covenant sociale.
 
Il Covenant ecclesiastico dei congregazionalisti puritani riuscì a plasmare una intera società fin nei dettagli più insignificanti e ad offrire gli schemi, le forme ed il modello per il Covenant sociale.
Rapidamente sorsero nel Massachusetts numerosissime Chiese, ognuna libera, autonoma ed indipendente, fondate sulla volontà e sul consenso di gruppi più o meno ristretti di puritani. Questo sistema di organizzazione, fortemente decentrato sul territorio, favoriva la raccolta dei coloni in comunità isolate, prevenendo la nascita di un forte controllo centrale.
Se il punto di riferimento non solo religioso, ma anche sociale, era dato dalle varie Chiese, si presentò da subito l’esigenza di darsi una organizzazione più propriamente politica affinché il Nuovo Israele potesse sopravvivere e prosperare in quelle terre che sembravano così inospitali.
Ancora una volta la risposta viva e concreta che i puritani diedero a questa emergenza nasceva da una elaborata costruzione teologica-biblica: il Covenant sociale. Questo, a differenza di quello ecclesiastico, era molto meno selettivo. Ad esso potevano accedere anche i non Eletti. In tal modo la colonia poteva ingrandirsi pur rimanendo il potere e la direzione religiosa e politica saldamente nelle mani dei soli Santi visibili.
Può essere interessante, a questo punto, richiamare brevemente i principi sulla base dei quali avvenne la trasformazione del Covenant teologico in Covenant sociale.
Affermavano i puritani: come l’uomo cristiano aveva stretto un Covenant teologico con Dio e come esso si era legato ad altri cristiani per l’edificazione della Chiesa, analogamente ogni altra comunità sociale e politica doveva fondarsi sui medesimi presupposti e cioè su un contratto pubblico, libero e volontario tra gli uomini ed un’autorità terrena. Le parti di tale accordo dovevano avere eguale dignità e l’una non poteva calpestare i diritti dell’altra.
Il Vecchio Testamento è ricco di esempi di questo tipo:[32] il contratto tra Dio ed Abramo diviene poi anche il contratto che lega Israele nella sua globalità. E se perfino Dio ha voluto fondare la propria autorità su un contratto liberamente e pariteticamente stipulato, sottoponendosi in qualche modo ai termini di questo, a maggior ragione ogni re o potere politico terreno dovrà fare lo stesso.
Queste idee sembrano richiamare, con un secolo di anticipo, il pensiero di Locke e Montesquieu; i puritani riuscirono, infatti, forse inconsapevolmente, ad elaborare qualcosa che ricorda il contratto sociale illuminista.
Ovviamente, idee diffuse sul contrattualismo anche politico esistevano già da tempo in Inghilterra ed in Europa, ma i puritani del New England furono i primi a tradurre in pratica questi nuovi principi; nuovi, se calati nel contesto del XVII secolo, ma in realtà antichi in quanto essi si presentarono agli occhi ed alle menti di quei coloni come un ritorno alle radici millenarie della Bibbia.
Possiamo a questo punto individuare due fondamentali principi guida derivanti dal Covenant sociale: il governo doveva trarre la propria forza dal consenso; il popolo, qualora il governo avesse tradito i termini contrattuali, avrebbe avuto il diritto-dovere di rivoltarsi.
Questi principi-guida si rinvengono nella Dichiarazione d’indipendenza del 1776. Da questo punto di vista Jefferson e gli altri congressisti non crearono niente di nuovo.[33]
Ovviamente non si vuole sostenere che la rivoluzione americana sia stata una mera attuazione delle idee del contrattualismo puritano del XVII secolo. Ma a nostro avviso — sulla scia degli insegnamenti di Tocqueville — ciò che ha dato davvero il carattere di originalità al processo rivoluzionario è il Covenant, la sua storia, i suoi presupposti e la sua influenza sul «pensare» e sull’«agire» dei popoli nordamericani.
 
La prassi del Covenant sociale ed il township system.
 
Convinti di adempiere alle leggi bibliche ed al disegno della Divina Provvidenza, i puritani non-separatisti del Massachusetts espansero le idee Covenant in moltissimi campi della vita coloniale. Tra essi desideriamo citare quel particolare Covenant sociale attraverso il quale si fondavano le nuove città.[34]
Può essere interessante descrivere il modo di fondazione e di organizzazione delle città del Massachusetts. Immediatamente dopo il 1630 vivevano nel territorio che corrisponde all’attuale Massachusetts circa 1500 coloni suddivisi in almeno 10 città. Ogni città nasceva secondo lo schema del township system. Un gruppo di coloni decideva di unirsi liberamente mediante la stipula di un Covenant e di creare una nuova stabile comunità.
Si trattava di comunità di frontiera: i pericoli incessanti, legati alla presenza degli indiani e ad un ambiente inospitale, portavano i coloni a rimanere uniti ed organizzati. La città nasceva anche in posti assai remoti purché adatti all’agricoltura. L’agricoltura, infatti, oltre ad essere una necessità per la sopravvivenza, ricreava nel Nuovo Mondo, agli occhi dei coloni, quell’atmosfera del villaggio rurale inglese dal quale moltissimi di essi provenivano. Tutti i coloni interessati, e non soltanto gli Eletti, partecipavano a questo Covenant che, nella forma esteriore, ricalcava il Covenant ecclesiastico.
Il gruppo di coloni che voleva unirsi in una città doveva ricevere l’approvazione della Corte Generale del Massachusetts, l’equivalente di un governo centrale. Ottenuta l’approvazione, la nuova town inviava un proprio rappresentante alla Corte Generale. Una parte del territorio cittadino rimaneva di proprietà pubblica (sul modello dei villaggi inglesi), la rimanente parte (township) veniva ripartita tra tutti i capifamiglia.
Il governo centrale nominava i pubblici ufficiali[35] mentre rimanevano di competenza dell’autorità locale importanti settori quali l’educazione, il sistema scolastico, la viabilità, la carità pubblica, l’addestramento delle milizie coloniali, l’esazione delle imposte, ecc.
La vita associativa e politica si sviluppava in periferia e nasceva sulla base di saldi principi contrattualistici e federalistici: la town stessa non aveva carattere di uniformità, bensì traeva la propria sostanza politica e sociale da una serie di patti (Covenant) stipulati tra i vari insediamenti sparsi sul territorio. La Corte Generale interveniva solo in un secondo momento per dare la sua approvazione al nuovo assetto comunitario e riconoscere che detta città era in sintonia con l’ortodossia religiosa.
Nel 1636 la Corte conferì alle varie towns l’autogoverno, col permesso di nominare i pubblici ufficiali e di emettere norme e regolamenti su differenti materie. Ogni membro della town poteva essere chiamato a funzioni di governo e di amministrazione della cosa pubblica.
Poiché il Massachusetts era una colonia il cui governo era stato già fondato in Inghilterra,[36] ogni town di questa regione doveva, pur godendo di un ampio autogoverno modellato sul principio della sussidiarietà, tenere conto delle disposizioni dell’organo politico superiore e cioè della Corte Generale, in materia di ordine pubblico e di rapporti con le colonie confinanti.
Ma altri insediamenti puritani nel New England nacquero in modo sensibilmente diverso: il Connecticut, il New Haven ed il Rhode Island assunsero fin dall’inizio ciò che potremmo definire una forma «statuale» di federazione (per come ciò fosse possibile nel XVII secolo).
Il Connecticut nacque in seguito ad un solenne Covenant stipulato nel 1638 dalle towns di Windsor, Hartford e Wethersfield;[37] questo Covenant, che chiamava Dio a testimone, prevedeva l’istituzione di un nuovo soggetto politico, il Connecticut, dotato di un organo di governo, la Corte Generale, che era l’emanazione delle tre towns. Queste ultime rinunciavano consensualmente a parte delle proprie prerogative a vantaggio dell’organo centrale, ma sempre in un rapporto di sussidiarietà, poiché le competenze del governo centrale non potevano interferire con quelle delle towns per tutto ciò che riguardava soltanto loro stesse. Nel preambolo ai Fundamental Orders (ossia l’equivalente di una costituzione) del Connecticut si fa espresso riferimento all’intenzione di unirsi in una Confederazione.[38]
Il New Haven venne fondato nel 1643 con un procedimento analogo a quello utilizzato cinque anni prima dalle città della valle del Connecticut. Con la stipulazione di un Covenant le towns di New Haven, Stamforde, Guilforde e Milford decisero di associarsi in una unione di tipo federale e di istituire una Corte Generale formata dai rappresentanti delle varie città.[39] La Corte Generale, pur assumendo i poteri propri di un organo centrale e superiore, era tenuta a rispettare puntualmente le competenze delle towns, sulla base di un Covenant sociale, stipulato tra la stessa Corte Generale e le città, che stabiliva le rispettive sfere di competenza.
Infine il Rhode Island (l’insediamento puritano più turbolento ed eterodosso dell’intero New England) vide la luce come la risultante di una serie di Covenants conclusi nel 1643 tra le città di Providence, Warwich, Portsmouth e Newport, ciascuna delle quali era il frutto della stipulazione di un apposito Covenant di fondazione.[40]
In ognuna di queste colonie, così come nel Massachusetts, la town rappresentava il primo nucleo associativo e sviluppava un sistema di relazioni contrattuali (Covenantal relationship) simile a quello delle Chiese congregazionaliste. Essa rinunciava alla propria sovranità assoluta e delegava la rappresentanza esterna alla Corte Generale. Ogni Corte Generale agiva quindi come potrebbe agire un governo di tipo federale, prendendo decisioni di politica estera vincolanti per tutte le towns membre.
Come si può dedurre dalle considerazioni fin qui svolte, il township system fu la risultante della complessa ideologia puritana del Covenant e, contemporaneamente, un retaggio della tradizione inglese che, inevitabilmente, i coloni portavano con sé. L’originaria debolezza del governo centrale non basta a giustificare la profondità del senso di autogoverno della cultura puritana. Anche quando il potere centrale cominciò a rafforzarsi, non si volle deliberatamente intaccare l’autonomia e l’autogoverno delle città. Esse si reggevano su di una Assemblea di coloni liberi, indipendentemente dal fatto che fossero Eletti o no. Le analogie con il Patto ecclesiastico non possono che confermare la forte influenza che questo esercitò sull’autogoverno locale. La mentalità puritana non gradiva (forse anche per l’esperienza vissuta in Inghilterra) un governo centrale troppo forte né poteva rinunciare a quel forte senso comunitario derivante dall’appartenenza alle varie Chiese congregazionaliste.
Nel 1643 le colonie del Massachusetts, del Connecticut, di Plymouth e del New Haven stipularono, per mezzo delle rispettive Corti Generali, un Covenant solenne, cui Dio era chiamato a testimone, con il quale esse si impegnavano ad associarsi istituendo la United Colonies of New England. Questa, che passò alla storia come Confederazione della Nuova Inghilterra, funzionò per quattro decenni, fino al 1686, e costituì il primo tentativo in terra americana di riunire più realtà politiche complesse con un metodo di tipo federale.
Questo modello esercitò una grande influenza sugli sviluppi costituzionali della storia americana, almeno fino al 1787.
Anche nelle colonie situate nella parte centrale e meridionale del Nord-America nacquero e si svilupparono città su impulso libero e volontario dei coloni. Ma qui, a differenza della Nuova Inghilterra, non era così diffuso il sistema congregazionalista delle Chiese e di conseguenza le idee Covenant non hanno influenzato il modello di nascita e di sviluppo delle towns.
A. de Tocqueville,[41] nel descrivere le realtà locali degli Stati Uniti del 1830-1840, sottolinea a più riprese una certa cultura dell’autogoverno (dalla town al governo centrale) molto radicata nella Nuova Inghilterra ed invece decisamente più attenuata altrove (anche in Stati molto vicini ad essa come quello di New York). Egli scrive: «Nel New England la vita politica è nata nel seno dei comuni. (…) Quando i re d’Inghilterra reclamarono la loro parte di sovranità, si limitarono a prendere il potere centrale. Sembra che da se stessi i comuni del New England si siano spogliati in favore dello Stato di una porzione della loro indipendenza». Ed ancora: «Per tutto quello che riguarda loro soli, i comuni sono restati corpi indipendenti e, fra gli abitanti del New England, non si trova, credo, nessuno che riconosca al governo dello Stato il diritto di intervenire nella direzione degli interessi esclusivamente comunali».[42]
Oltre un secolo prima della Costituzione americana, de Tocqueville identificò dunque nelle vicende del New England comportamenti che oggi definiremmo come comportamenti federalistici.[43]


[1] M. Albertini, Il federalismo, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 57.
[2] M. Albertini, op. cit.
[3] P. Miller,«From the Covenant to the revival», in I.W. Smith & L.A. Jamison, The Shaping of American Religion, Princeton, Princeton University Press, 1961, pp. 324-34.
[4] Il New England è la regione ad Est del fiume Hudson comprendente gli attuali Stati del Connecticut, Rhode Island, Massachusetts, New Hampshire, Vermont e Maine.
[5] Il contrattualismo puritano (parte integrante della dottrina puritana) prese a modellarsi sulle forme del più antico Covenant (espressione giuridica tipica della tradizione inglese) fino ad oscurare i significati non metafisici di questo e ad identificarsi quasi totalmente con esso.
[6] Voce Covenant del Lessico Universale Treccani.
[7] D.S. Lutz, Popular Consent and Popular Control: Whig Theory in the Early State Costitutions, Baton Rouge La, Louisiana State University Press, 1980; G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna, Il Mulino, 1976; E.S. Morgan, Visible Saints. The History of a Puritan Idea, Ithaca e Londra, Cornell University Press, 1963; T. Bonazzi, Il sacro esperimento. Teologia e politica dell’America puritana, Bologna, Il Mulino, 1970; P. Miller, Lo spirito della Nuova Inghilterra. Il Seicento, Bologna, Il Mulino, 1962; I.W. Gough, The Social Contract. A Critical Study of its Development, Londra, Oxford University Press, 1936; F. Sabetti, «Teoria e pratica del federalismo nordamericano», in AA.VV., Federalismo, regionalismo, autonomismo: esperienze e proposte a confronto, Milano, Eured, 1992, pp. 11-41.
[8] «The Mayflower Compact November 11, 1620»; «The Cambridge agreement August 26, 1629»;«Fundamental Orders of Connecticut January 14, 1639»; «The New England Confederation May 19, 1643»; «The Cambridge Platform 1648» (tutti raccolti in Documents of American History, a cura di H.S. Commager, New York, Appleton-Century Crofts, 1962); «Covenant di Portsmouth January 7, 1638» in I.W. Gough, op. cit. Altre definizioni in G.L. Haskins, Law and Authority in early Massachusetts, New York, MacMillan, 1960.
[9] «A formal agreement with legal validity, made under the seal of the Crown» (cfr. D.S. Lutz, op. cit., p. 226).
[10] «An agreement established or secured by the Divine Being» (cfr. D.S. Lutz, op. cit., p. 226).
[11] G. Tarello, op. cit., p. 580.
[12] P. Miller, op. cit., pp. 540 e segg.
[13] T. Bonazzi, op. cit., pp. 195 e segg; E.S. Morgan, op. cit.
[14] T. Bonazzi, op. cit. ; E.S. Morgan, op. cit.
[15] F. Sabetti, op. cit., p. 14.
[16] «Agreement of mutual responsibilities on a specific matter (…) The Contract would be enforceable by law but did not itself have the status of a law» (cfr. D.S. Lutz, op. cit., p. 225).
[17] «An agreement that affected the entire community in some way, or relations between communities» (…) «The Compact was not as specific as a Contract, and was more like a settled rule than an agreement with specific responsibilities» (cfr. D.S. Lutz, op. cit., p.225).
[18] Cenni sulla Teologia federale si trovano in T. Bonazzi, Il sacro esperimento, cit. Per una trattazione più diffusa cfr. P. Miller, Lo spirito della Nuova Inghilterra, cit.
[19] Johannes Ecolampadio, riformatore svizzero (1482-1531). Cenni in H.C. Puech, Il Cristianesimo, Roma-Bari, Laterza, 1988.
[20] Martin Bucer, teologo tedesco (1491-1551). Cenni in H.C. Puech, op. cit., ed in L.I. Trinterud, «The Origins of the Puritanism», in Church Hystory, XX, 1951, pp. 37-57.
[21] Per una esauriente analisi della storia della Teologia federale si veda D.A. Weir, The Origins of the Federal Theology, Oxford, Clarendon Press, 1990.
[22] F.M. Powicke, The English Reformation, Londra, Oxford University Press, 1961. Per un inquadramento generale della storia inglese nel periodo della riforma cfr. G.M. Trevelyan, Storia d’Inghilterra, Milano, Garzanti, 1981, pp. 309-535.
[23] Sui rapporti tra foedera medioevali e protestantesimo si veda Hugh Trevor-Roper, Protestantesimo e trasformazione sociale, Roma-Bari, Laterza, 1994, pp. 73 e segg. Sui più famosi tra i foedera del medioevo si può altresì consultare la celebre Storia del mondo medioevale Cambridge Vol. VI, Cap. XI («La Confederazione svizzera nel medioevo»), Milano, Garzanti, 1980, pp. 446-60.
[24] La teologia federale scorgeva nella relazione tra Adamo e Dio l’esistenza di un originale contratto in base al quale Adamo avrebbe dovuto adempiere alla legge morale impressa nel suo cuore da Dio. Ma Adamo non rispettò questo vincolo, ruppe i termini contrattuali e venne maledetto. Con lui anche i suoi discendenti portarono i segni di questa maledizione, la quale, a differenza di quanto insegnava l’ortodossia cattolica, non era più un fatto naturale ed insopprimibile, bensì veniva ricondotta nelle categorie delle colpe e degli inadempimenti, permettendo di considerare l’uomo come semplice responsabile contrattuale. I teologi federali riconobbero nell’uomo una preponderante carica volontaristica. In seguito Dio (come narra la Bibbia), mosso a compassione, decise di permettere all’uomo una transazione: Egli si impegnava a dimenticare parte delle responsabilità di Adamo e l’uomo si impegnava egualmente a servirlo. Questa fu l’Alleanza dell’Antico Testamento: un popolo, Israele, assurgeva a razza scelta da Dio, legata a Lui tramite ciò che i Teologi federali chiamarono il Covenant teologico. Con la venuta ed il sacrificio di Cristo, il Covenant teologico viene offerto a tutta l’umanità, ma l’uomo resta libero di non obbligarsi contrattualmente, oppure, una volta obbligatosi, di non adempiere. L’essenza di questo Covenant teologico è una sorta di proto-individualismo, in quanto interessa l’uomo nella più intima singolarità ed in definitiva poggia sul suo libero consenso.
[25] I riferimenti al Covenant teologico abbondano in tutta la letteratura politica puritana del XVII secolo. Oliver Cromwell ricorre a tale Covenant in più occasioni, soprattutto quando vuol rendere più chiare ed esplicite le proprie convinzioni politiche. Si veda, ad esempio, la lettera a Lord Fleetwood del 22 giugno 1655, riportata integralmente in Oliver Cromwell’s letters and speeches (a cura di Thomas Carlyle), Tauchnitz, Leipzig, 1861, Vol. III, lettera CXCIX, pp. 329-31.
[26] Comunemente si parla del «Compact del Mayflower». Tuttavia giustamente Lutz (op. cit. p. 227) ritiene che il termine Compact sia impropriamente usato come sinonimo del più appropriato termine Covenant.
[27] «Noi conveniamo, per consenso mutuo e solenne, davanti a Dio, di costituirci in società politica» (…) «in virtù di questo Covenant, conveniamo di promulgare leggi, atti, ordinanze e di istituire magistrature». Questo ed altri importanti documenti sono contenuti in H.S. Commager, Documents of American History, cit., p. 14.
[28] B. Baylin, G. Wood, Le origini degli Stati Uniti, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 57-59.
[29] Sulla figura di J. Winthrop (1588-1649) si veda E.S. Morgan, The Puritan Dilemma. The Story of John Winthrop, Boston-Toronto, Little Brown Company, 1958.
[30] Si veda ad esempio J.T. Adams, The Founding of New England, Boston-Toronto, Little Brown Company, 1949.
[31] A. de Tocqueville, La Democrazia in America, Milano, Rizzoli, 1995. Di fondamentale importanza per l’esatta comprensione dell’enorme influenza del contrattualismo puritano è il cap. II del libro I.
[32] Genesi: 17, 1-14; Esodo: 24, 1-11; Esodo: 32, 11-14; altri sparsi in tutto il Vecchio Testamento o ricavabili per interpretazione dal Nuovo.
[33] Non tutti gli autori interpretano la cultura puritana ed il contrattualismo come una anticipazione di libertà. Tarello, ad esempio, (Storia della cultura giuridica moderna, cit., p. 579) considera il Covenant «terribile ed illiberale» e lo salva solo in quanto dà la forma (e non la sostanza) al successivo sviluppo costituzionale americano. Calamandrei («Le origini costituzionalistiche delle colonie nordamericane», in La nascita degli Stati Uniti d’America, a cura di L. Bolis, Roma, Ed. Comunità, 1957, pp. 119-136) scorge nel puritanesimo una forma latente (talvolta esplicita) di totalitarismo e ritiene che gli aspetti più propriamente liberali dell’esperienza del New England derivino direttamente dalle tradizioni inglesi e dal Common Law.
[34] T. Bonazzi, op. cit., pp. 301-8.
[35] I pubblici ufficiali (constables), con incarichi di ordine pubblico, inizialmente venivano nominati a discrezione della Corte Generale ed avevano il compito di rappresentare il governo centrale nell’ambito delle realtà locali. Tuttavia, già a partire dal 1635, si attribuì alle stesse towns il diritto di scegliere i propri constables, che continuavano a svolgere compiti di ordine pubblico, ma non potevano più essere considerati rappresentanti del potere centrale. Cfr. Records of the Governor and Company of the Massachusetts Bay in New England, a cura di N.B. Shurtleff, Boston, W. White, 1853-54, vol. I, p. 172.
[36] «The first Charter of Massachusetts, March 4, 1626»; «The Cambridge Agreement, August 26, 1629», riportati nella raccolta di fonti Documents of American Hystory, a cura di H.S. Commager, cit.
[37] The Three Constitutions of Connecticut, 1636, 1662, 1818, a cura di C. Hoadly, Hartford, Connecticut, Lockwood & Brainard Company, 1901, pp. 10-12.
[38] Nei documenti originali dell’epoca si trova frequentemente il termine inglese Confederacy e, più raramente, il corrispondente latino Confoederatio. La radice etimologica è sempre il foedus, utilizzato per esprimere l’alleanza teologica tra Dio e gli uomini, ossia il Covenant. Nel corso del XVII secolo l’estensione di termini teologico-religiosi alla sfera politica e di diritto pubblico favorì il progressivo affermarsi di un’idea di «federazione» per certi versi simile a quella moderna. D’altronde, non è possibile considerare la confederacy del Seicento l’equivalente di federacy o federation. Ai Padri fondatori del 1787 era, infatti, sufficientemente chiaro il concetto di «sovranità statuale assoluta» (ed ancor più lo sarebbe divenuto nel XIX secolo), ma, nella cultura politica anglosassone del XVII secolo (ed in particolare nella Nuova Inghilterra) era inconcepibile attribuire la sovranità assoluta ad altri fuorché a Dio, cosicché le varie confederazioni sviluppavano innanzitutto il concetto di «unione contrattuale» senza toccare la complessa problematica della «sovranità statuale».
[39] Records of the Colony and Plantation of New Haven from 1636 to 1649, a cura di C. Hoadly, Hartford, Connecticut, Tiffany & Company, 1857, pp. 110-13.
[40] Per esempio, il Covenant di fondazione di Portsmouth (7 gennaio 1638) è riportato in: Records of the Colony of Rhode Island and Providence Plantation in New England, a cura di J.R. Bartlett, Providence, Rhode Island, A. C. Green & Brothers, State printers, 1856-65, p. 52.
[41] A. de Tocqueville, op. cit., cap. V, libro I.
[42] A. de Tocqueville, op. cit., p.74.
[43] M. Albertini, op. cit.

 

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