IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno XXVI, 1984, Numero 3, Pagina 275

 

 

L’ORIENTAMENTO POLITICO DEL MFE*
 
 
Il Congresso del Movimento federalista europeo, riunito a Cagliari il 2-4 novembre 1984, afferma che la causa prima dei mali delle nostre società è la pessima distribuzione del potere. Un solo livello della vita sociale, quello nazionale, ha un governo indipendente. Tutti gli altri livelli della vita sociale ne sono invece privi. Ciò vale tanto per l’ONU, quanto per la Comunità europea – che è governata da un Consiglio di ministri nazionali e non da un esecutivo democratico europeo come sarebbe naturale – quanto per le regioni, cui fa ancora difetto una vera autonomia costituzionale. Questo stato di cose, che distorce con la visione nazionale i fatti mondiali, quelli europei, e quelli locali e regionali, si riflette pesantemente nella vita stessa dei quartieri e dei comuni, subordinandoli al sistema centralizzato del potere e soffocandone la spontaneità.
Constata che in questa situazione di potere, subita passivamente da gran parte delle élites politiche e culturali, le energie sociali di ogni genere che si formano a tutti i livelli diversi da quello nazionale, prive come sono di propri governi indipendenti, non possono né manifestarsi con il loro vero carattere, né assumere il controllo del processo storico-sociale al fine di affrontare e risolvere i grandi problemi del nostro tempo, quelli della disoccupazione, delle nuove tecnologie, della salvaguardia dell’ambiente naturale e urbano, della qualità della vita, della libertà e dello sviluppo di tutti i popoli, della pace universale e del disarmo generale e controllato; che, a causa di ciò, prendono invece il sopravvento delle tendenze negative che si manifestano come selezione sempre peggiore della classe politica, come crescente distacco dei cittadini dalla vita pubblica e persino come veri e propri fenomeni di degenerazione e di emarginazione, specialmente nel mondo giovanile schiacciato dalla mancanza di prospettive circa il proprio futuro e il proprio lavoro; che, in questo quadro politico malsano, i quartieri e i comuni, che sono i soli ambiti territoriali nei quali si potrebbe manifestare in modo spontaneo la solidarietà umana, e nei quali, con l’intervento pubblico degli organismi locali, si potrebbero realizzare le premesse ambientali per le nuove forme del lavoro e dell’occupazione nei settori dei beni culturali, dei beni naturali e della protezione sociale, stanno invece diventando, anche a causa del disordine urbanistico, gli ambiti nei quali cresce l’incuria per tutto ciò che è pubblico, alligna la violenza in tutte le sue forme, si diffonde la droga e vacillano persino le regole fondamentali della convivenza sociale; che in questo quadro le regioni, ancora sottoposte all’accentramento statale e al conseguente centralismo dei partiti, non possono né sviluppare una vera vita politica regionale, né elevare, su una solida base democratica di questo genere, degli argini per contenere la corruzione politica che proviene dal centro del potere, né mobilitare le energie indispensabili per una autentica pianificazione democratica del territorio, cioè fatta anche e soprattutto da coloro che lo conoscono perché ci vivono; che in questo quadro i governi nazionali, scavalcati dalla dimensione europea e mondiale dei maggiori problemi, non sono più in grado né di assicurare lo sviluppo, né di combattere la disoccupazione, né di promuovere la distensione internazionale, né di offrire una collaborazione efficace ai paesi del Terzo mondo. Ostinandosi a mantenere nelle loro mani tutto il potere, anche se non possono più esercitarlo in modo autonomo, essi lasciano di fatto i loro cittadini in balia delle decisioni delle superpotenze le quali, a loro volta, non hanno più la capacità di governare il mondo facendo avanzare tutti i paesi, e riescono a mantenere ancora la loro leadership solo facendola valere sempre più pesantemente sul terreno militare.
Afferma che per costruire la nuova società è necessario che tutti i livelli della vita di relazione, dal quartiere all’intero pianeta, si esprimano: a) con la maggiore autonomia possibile, b) con una coordinazione costituzionale di carattere federale, cioè non gerarchica ma paritaria. Ciò richiede una grande riforma delle istituzioni, che faccia vivere in modo autonomo il quartiere nell’ambito del comune, il comune nell’ambito della regione, la regione nell’ambito della nazione, la nazione nell’ambito del continente, il continente nell’ambito del mondo. Ne seguono due necessità: a) quella del bicameralismo a tutti i livelli, con un senato dei quartieri nel comune, un senato dei comuni nella regione, un senato delle regioni nella nazione, un senato delle nazioni nel continente e un senato dei continenti nel mondo, cioè in seno all’ONU trasformata nella democrazia mondiale; b) quella di un sistema elettorale integrato, che abbia inizio con le elezioni di quartiere, e si svolga, senza cesure, nel contesto di un ciclo temporale unitario, sino alla elezione europea e, in futuro, sino a quella mondiale. In questa prospettiva ogni livello sociale, esprimendo liberamente e pienamente le sue caratteristiche, collaborerebbe ipso facto al bene comune di tutta l’umanità.
Osserva che per rendere possibile questo nuovo ciclo di vita storica è necessario distruggere tutti i condizionamenti internazionali in materia di sicurezza, difesa, moneta ed economia che soffocano la libertà dei popoli ed impediscono pertanto alle nuove capacità di vita attiva e intelligente che si formano nel nostro tempo di crescere e di affermarsi; che questo è un compito circa il quale tutti, a tutti i livelli della vita sociale, devono fare la stessa cosa: battersi per liberare il mondo dalla egemonia delle superpotenze e dalla sovranità assoluta degli Stati, cioè dall’imperialismo e dall’accentramento del potere al livello nazionale; che questa lotta è ormai possibile a tutti i livelli sociali perché il Parlamento europeo, adottando il progetto di Trattato per l’Unione – che contiene le prime forme di un vero e proprio governo europeo – ed imponendolo all’attenzione dei governi nazionali, ha mostrato che sa esercitare, per la parte che gli compete, il potere costituente europeo: si tratta dunque di sostenerlo, battendosi per la ratifica del Trattato in un numero sufficiente ,di paesi; che l’Unione europea disporrebbe di un potere contrattuale sufficiente – sin dall’inizio sul terreno economico e monetario, e in prospettiva su quello della sicurezza e della difesa – per far crollare l’equilibrio bipolare, e per aprire così un’era di nuove possibilità di vita per l’intera Europa, per tutti i suoi popoli, e per tutti i popoli della Terra, ivi compresi quelli nord-americano e sovietico, che non traggono alcun vero beneficio dalla politica egemonica dei loro governi.
Ricorda che il potere costituente deriva dal popolo, e può essere gestito efficacemente dai suoi rappresentanti solo se essi sono costantemente sostenuti dal consenso e dalla critica costruttiva del popolo. Questo è l’elemento che manca ancora nella vita politica europea, sia per quanto riguarda il potere costituente, sia per quanto riguarda il potere di governo.
Osserva che nel caso dei governi degli Stati nazionali, che sono pienamente sviluppati e non ancora in costruzione come la Comunità europea, non c’è solo, a sostegno delle scelte del governo, il fatto elettorale, ma c’è anche, tra una elezione e l’altra, l’intervento costante dell’opinione pubblica, e delle grandi correnti della vita spirituale, politica, economica e sociale della nazione; che nel caso dell’Europa, invece, proprio perché il controllo politico della Comunità è ancora nelle mani dei governi nazionali, questo intervento diretto e costante non si manifesta spontaneamente; che è questa la ragione della mancanza di una efficace volontà politica europea, e che è su questo terreno che i federalisti devono prendere l’iniziativa della mobilitazione del popolo europeo.
Decide di organizzare una grande manifestazione di massa a sostegno del progetto costituzionale del Parlamento europeo in occasione della riunione del Consiglio europeo che si terrà in Italia nella primavera prossima con questa parola d’ordine: Un milione di cittadini in piazza per l’Unione europea; di chiedere a tutte le forze spirituali, politiche e sociali che affermano di volere l’unità dell’Europa di mostrarlo con i fatti aderendo alla manifestazione del MFE; di rivolgere un appello in questo senso alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni, ai comuni, alle province e alle regioni, alle associazioni culturali, economiche e sociali, e in particolare ai partiti e ai sindacati invitandoli a organizzare la partecipazione dei loro aderenti e dei loro simpatizzanti; di invitare tutti i cittadini favorevoli all’unità europea – ricordando che in Italia sono circa l’ottanta per cento della popolazione – a sostenere, anche finanziariamente, la lotta del MFE in questa ora cruciale.


*Si tratta della mozione approvata dal XII Congresso del Movimento federalista europeo e che riteniamo opportuno pubblicare per il suo interesse teorico.

 

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