IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno XXI, 1979, Numero 3-4, Pagina 253

 

 

Thyerry de Montbrial, Energia, conto alla rovescia, Mondadori, Milano, 1978.
Enzo H. Knoepfel, Il problema energia, F. Angeli, Milano, 1979.
 
Questi due libri sul problema dell’energia meritano di essere segnalati per il loro approccio divulgativo e per la loro completezza.
Lo studio di de Montbrial, un economista francese, è stato patrocinato dal Club di Roma e fornisce un esame della situazione del mercato per ogni singola fonte energetica, ma sempre da un punto di vista mondiale, tenendo cioè in considerazione le esigenze di sviluppo del Terzo mondo e i limiti fisici ed economici imposti al consumo energetico.
Il risultato più rilevante di questo studio, e sul quale esiste una certa convergenza di vedute fra gli esperti, è che l’umanità si sta rapidamente avvicinando a una strozzatura delle forniture di energia molto grave. «Almeno nel prossimo quarto di secolo, sostiene de Montbrial, la quota percentuale del petrolio sul… consumo globale non potrà diminuire che progressivamente e a prezzo di durissimi sforzi. Orbene, appare fin d’ora che siamo verosimilmente entrati da qualche anno nella fase in cui le scoperte annuali di petrolio, almeno nel mondo non comunista, restano in media considerevolmente inferiori al consumo annuale. Dal momento che per ragioni tecniche il rapporto tra riserve accertate e produzione annuale non deve scendere sotto un certo livello, sembra vicino il momento in cui l’offerta non potrà più soddisfare la domanda. Oltretutto, ogni decisione di certi paesi produttori di petrolio di limitare la loro produzione a un livello inferiore a quello che potrebbero tecnicamente raggiungere avvicina il momento dell’interruzione degli approvvigionamenti. Tutti gli studi sono unanimi sul fatto che una simile discontinuità si presenterà e la situano, a seconda delle ipotesi, tra il 1985 e il 2000. Orbene da questo momento alla fine del secolo, quali che siano gli sforzi di ricerca e di sviluppo, non si può sperare che le energie ‘nuove’ modifichino significativamente l’offerta globale» (p. 131).
Da questa preoccupante analisi della situazione mondiale dovrebbero in verità scaturire indicazioni importanti di politica economica, in particolare per l’Europa, che è la regione del mondo più esposta ad una eventuale grande crisi energetica. Ma su questo terreno de Montbrial purtroppo non procede, perché discutere della possibilità di una politica energetica comunitaria andrebbe «oltre l’ambito di questo rapporto», anche se, aggiunge, «forse solo in questo modo… potrà emergere una cooperazione internazionale che vada nel senso di un nuovo ordine economico internazionale» (p. 120).
Altrettanto interessante è il secondo volume sul «Problema energia», scritto da un fisico dell’Euratom, impegnato a Frascati nel progetto comunitario di ricerca sulla fusione termonucleare. Il libro offre una eccellente e chiara esposizione («è un libro scritto per i giovani», avverte l’autore) delle tecnologie disponibili sull’energia e di quelle ancora allo stadio di ricerca, oltre che delle loro implicazioni economiche e sociali (in particolare la sicurezza).
La parte forse più interessante di questo libro riguarda il capitolo sulla tecnologia della fusione termonucleare, che offre la possibilità teorica di risolvere, per l’Europa e per l’umanità, il problema energetico in modo definitivo. «La fusione in condizioni controllate di alcuni nuclei leggeri rappresenta una potenziale fonte di energia che a lungo termine potrebbe risultare di grande e fondamentale importanza… la fusione degli isotopi dell’idrogeno disponibili sulla terra rappresenta una riserva di energia che da sola è migliaia di volte superiore a quella data dalla fissione autofertilizzante dell’uranio. La fusione nucleare è quindi a tutti gli effetti pratici una fonte inesauribile di energia. A differenza della fissione nucleare, la fusione non produce direttamente scorie radioattive…» (p. 87).
Lo sforzo europeo per mettere in atto questa rivoluzionaria tecnologia sembra tuttavia inadeguato. Secondo Knoepfel, gli investimenti europei nelle ricerche sulla fusione, nel 1978, ammontavano solo a 120 milioni di dollari, contro i 430 milioni degli U.S.A., paese ben più ricco di energia dell’Europa. Se poi si pensa che per completare questi programmi è richiesto uno sforzo «che si stima essere di molto superiore allo sforzo richiesto per portare l’uomo sulla Luna (questo è stato indicato in 27 miliardi di dollari nell’ambito del programma spaziale americano…)» (p. 103), si può comprendere quali difficoltà debbano ancora essere superate in Europa per realizzare quel grado di unità politica indispensabile per la realizzazione di questi progetti.
 
Guido Montani

 

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