IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno XVII, 1975, Numero 3, Pagina 171

  

 

LA «GUERRA DEL VINO» FRA ITALIA E FRANCIA
 
 
La «guerra del vino» scoppiata fra Italia e Francia ha causato l’ennesima crisi dell’Europa verde. Il fatto, in sé, non stupisce. Data la struttura del Mercato comune agricolo è inevitabile che si manifestino gravi tensioni al suo interno. Le difficoltà ogni anno incontrate al momento di fissare i prezzi di intervento comunitari dimostrano che il Mercato comune agricolo si fonda su un compromesso precario e costantemente riposto in discussione.
Il problema può essere sintetizzato in questi termini. Il cardine su cui si fonda il Mercato comune agricolo è la fissazione di un prezzo europeo per ogni prodotto, che garantisce la unitarietà del mercato e la solidarietà dei paesi membri. Il prezzo europeo è fissato annualmente dai membri europei e, strutturalmente, tende a porsi ad un livello intermedio fra i prezzi massimi e minimi richiesti dai differenti Stati membri sulla base delle caratteristiche dell’agricoltura nazionale. Ciò significa che la produzione di ogni prodotto è incentivata nei paesi che godono un vantaggio relativo e che in genere risultano già eccedentari per quanto riguarda questo particolare prodotto.
Questo meccanismo, nelle speranze dei suoi ideatori, avrebbe dovuto garantire una profonda ristrutturazione dell’agricoltura europea e una ottima allocazione delle risorse. Questa speranza non teneva conto tuttavia di un dato elementare, e cioè del fatto che in questo processo la tendenza era la concentrazione della produzione nelle aree più fertili e ove la produzione era meglio organizzata, con un depauperamento progressivo delle regioni agricole meno ricche. Simile tendenza può essere accettata e incentivata nel quadro di una coerente politica economica — agricola, regionale e industriale — europea; essa risulta inaccettabile nel quadro della struttura confederale dell’Europa. Il principio della fissazione di un prezzo europeo si è trovato pertanto costantemente in contrasto con la politica di intervento e di ristrutturazione programmata a livello nazionale.
Il formarsi di vaste eccedenze di prodotti agricoli è stata la conseguenza inevitabile di questa situazione, denunciando nel modo più appariscente i limiti della politica agricola comune così concepita.
La «guerra del vino» si pone in questo quadro come una delle tante manifestazioni degli squilibri che caratterizzano la agricoltura europea. Il problema del vino, per essere risolto, richiede una programmazione europea; per essere temporaneamente superato richiede, come già in passato è avvenuto per altre eccedenze agricole, l’intervento finanziario delle Comunità.
La comprensione delle cause strutturali della «guerra del vino» fra Italia e Francia non deve tuttavia far sottovalutare la gravità delle sue conseguenze politiche.
La «guerra del vino», come tutte le crisi passate del Mercato comune agricolo, è destinata a indebolire ulteriormente la Europa verde. I primi sintomi non hanno tardato a manifestarsi. Il governo inglese è stato pronto a sfruttare le critiche dei viticultori italiani al governo francese per attaccare tutto l’apparato agricolo comunitario. In Italia, le misure prese dal governo francese hanno dato occasione per riproporre le proprie tesi a quanti chiedono una politica protezionista e tendenzialmente autarchica per l’agricoltura; questi gruppi sanno di poter contare sull’appoggio di quanti vedono i propri interessi, settoriali o corporativi, lesi dal processo di integrazione europea. Più in generale, le tendenze nazionalistiche, destinate a sopravvivere fin quando esisteranno gli Stati nazionali, sono state ridestate dal confronto italo-francese; le proposte di ritorsione fatte dal ministro della agricoltura italiano ne sono una manifestazione.
Di fronte a queste reazioni, deve valere la consapevolezza che, nello stadio attuale di costruzione dell’Europa, misure di protezione e crisi del processo di integrazione sono inevitabili. La necessità di difendere gli interessi nazionali farà sempre premio sulla volontà di procedere lungo la strada del processo di integrazione fino a quando la volontà pubblica si formerà esclusivamente all’interno del quadro politico nazionale. L’unica alternativa è l’elezione europea, che sola può determinare lo schieramento europeo dei partiti e la formazione di una volontà pubblica europea.
La crisi del vino, in particolare, deve valere a rendere i federalisti consapevoli della responsabilità che oggi essi hanno. Il dazio sulle importazioni del vino italiano è stato posto dal governo francese alla vigilia della data in cui il Consiglio europeo dovrà pronunciarsi sul progetto di elezione a suffragio universale diretto del Parlamento europeo, per cui coraggiosamente si sta battendo proprio la Francia. Ciò significa che la Francia accetta di impegnarsi per l’unità politica europea, ma è pronta a rinviare il raggiungimento di questa meta per difendere propri interessi particolari. Non si illudano pertanto i federalisti che alcuno possa sostituirli nella funzione di iniziativa per lo sbocco federale del processo di integrazione e perché le elezioni europee siano realizzate nel 1978.
 
Dario Velo
(settembre 1975)

 

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