LE FEDERALISTE

revue de politique

 

XI année, 1969, Numéro 3-4, Page 139

 

 

UNA ELEZIONE PER L’EUROPA
Esposizione del significato e dei problemi del disegno di legge di iniziativa popolare per l’elezione unilaterale diretta dei delegati italiani al Parlamento europeo, a cura della Commissione Italiana del Movimento Federalista Europeo
 

 

CAPITOLO II
SOLUZIONE DEI PROBLEMI TECNICI DELLA LEGGE SOTTO IL PROFILO DEL MECCANISMO ELETTORALE, DELLA PARTECIPAZIONE E DELLE IMPLICAZIONNI DI EQUILIBRIO POLITICO
 
 
 
A. — TECNICA ELETTORALE
 
1. — Collegi.
La proposta di legge presentata in Senato prevede l’elezione a suffragio universale diretto dei 36 delegati italiani al Parlamento europeo: sulla base della prassi costantemente seguita dal Parlamento italiano, si tratta di eleggere 18 deputati e 18 senatori. La particolarità di una consultazione elettorale destinata alla scelta di soli 36 eletti impedisce di far svolgere queste elezioni con il principio proporzionale se non si adotta il collegio unico nazionale. In effetti, se si adotta il principio di circoscrizioni regionali:
1. — deve essere destinato almeno un seggio anche a quelle regioni che non avrebbero diritto ad un eletto se si applicasse il principio proporzionale su scala nazionale. I collegi, basati su queste regioni, darebbero luogo agli stessi effetti che derivano dall’applicazione del principio maggioritario;
2. — per i collegi regionali più ampi, che hanno diritto a due o tre seggi, la proporzionale si realizzerebbe unicamente a vantaggio dei partiti maggiori, ossia la D.C. e il P.C.I.;
3. — è impossibile distribuire equamente i seggi fra le circoscrizioni cosicché vi sarebbero in ogni caso collegi sovrarappresentati e collegi sottorappresentati;
4. — infine, e questa è la considerazione più grave, queste elezioni avrebbero un carattere contraddittorio. In alcuni collegi varrebbe, sia pure con i limiti sopra esposti, il principio proporzionale, e in altri quello maggioritario. Anche con l’utilizzo nazionale dei resti, non ci sarebbero possibilità di successo per i partiti minori. In definitiva si avrebbe una distribuzione dei seggi del tutto diversa da quella che si verifica nelle elezioni per la Camera dei deputati.
D’altra parte l’adozione di collegi regionali utilizzando un quorum nazionale costituirebbe un puro espediente. In questo caso il quorum nazionale risulterebbe infatti praticamente irraggiungibile nella maggior parte delle regioni. La maggior parte dei voti espressi, non essendo direttamente utilizzati, affluirebbero pertanto al collegio unico nazionale, dove in realtà avverrebbe non l’utilizzo dei resti, bensì l’attribuzione dei seggi.
 
2. — Candidature.
Si pongono due problemi. La scelta del collegio unico nazionale può, a giusta ragione, far nascere perplessità in quanto esso unifica situazioni sociali strutturalmente diverse, quali quelle che esistono nelle regioni del Nord e del Sud italiano, caratterizzate da un diverso comportamento elettorale della popolazione. In particolare, dall’analisi di precedenti consultazioni, appare maggiore nel Sud il ruolo giocato dalla personalità del candidato piuttosto che dal partito di appartenenza. Ma le caratteristiche di una elezione unilaterale diretta dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo non permettono l’espressione di queste differenze di comportamento elettorale e le relative distorsioni nei risultati. Dato il numero ristretto degli eletti, i partiti dovrebbero schierare grandi personalità, assicurando nel contempo una bilanciata distribuzione regionale dei candidati. Orbene, è un fatto che le personalità politiche di rilievo sono più identificate con il loro partito di quanto non lo possano essere, ad esempio, molti dei candidati locali alla Camera dei deputati.
Proprio questo fatto pone il secondo problema. I partiti dovrebbero impegnare in queste elezioni i loro uomini di maggior prestigio per ottenere un buon risultato, ma non potrebbero sempre inviarli a Strasburgo, almeno per ora, e almeno nei casi in cui la loro azione sia indispensabile a pieno ritmo in Italia. Questa tuttavia non è una difficoltà insormontabile. I grandi leaders politici potrebbero impegnarsi nella consultazione europea come forza traente per un successo elettorale; nella lista dei candidati si potrebbero poi inserire personalità europeistiche che intendano subentrare ad essi nell’adempimento effettivo del mandato parlamentare a Strasburgo.
 
3. — Sistema elettorale.
Per quanto riguarda il meccanismo elettorale, si possono proporre le seguenti soluzioni, una volta accolto il principio del collegio unico nazionale.
a) Il primo punto da risolvere è l’utilizzo dei resti. Il sistema che più si avvicina alla proporzionale pura, trattandosi di un collegio unico nazionale, è quello dei resti maggiori. Una volta calcolato il quorum, dividendo per i 36 seggi il numero dei voti validi, e assegnati ai partiti i seggi che loro spettano su questa base, i seggi restanti vengono assegnati ai partiti che hanno i resti più elevati in cifra assoluta.
b) Per quanto riguarda la ripartizione degli eletti tra 18 senatori e 18 deputati, il primo problema che si presenta è quello della configurazione della scheda. Si tratta in primo luogo di dividere in due lo spazio riservato alle preferenze, destinandone metà ai senatori e metà ai deputati. In sede di scrutinio, poi, si assegnano i seggi ai partiti sulla base del numero dei voti ottenuti, come indicato sub a), e, all’interno di ciascun partito, si attribuiscono i seggi conquistati per metà ai senatori e per metà ai deputati, proclamando eletti rispettivamente quelli che hanno ottenuto il più elevato numero di preferenze.
Se tutti i partiti hanno ottenuto un numero pari di seggi, non sorgono problemi; se invece due o più partiti hanno ottenuto un numero dispari di seggi, si deve trovare un metodo di scrutinio delle preferenze da cui consegua che risultino in ogni caso eletti in totale 18 senatori e 18 deputati.
Tale procedura, per l’attribuzione dell’ultimo seggio all’interno di ogni partito che ne abbia ottenuto un numero dispari, potrebbe essere la seguente:
1. — per ognuno degli n partiti aventi ancora diritto a un seggio si calcola la differenza fra le preferenze ottenute dal deputato e dal senatore meglio classificati dopo quelli già eletti; tale differenza sarà positiva se il deputato ha ottenuto più preferenze del senatore, negativa nell’altro caso;
2. — si dividono gli scarti così ottenuti fra il deputato e il senatore di ognuna di queste n liste per il numero dei voti riportati dalla lista medesima, ottenendo scarti ponderati;
3. — si ordinano gli scarti ponderati che separano i due candidati in ballottaggio in ognuna delle n liste secondo valori decrescenti (dal positivo più alto in valore assoluto al negativo più alto in valore assoluto);
4. — si proclamano eletti, per i partiti che in questa graduatoria occupano i primi n/2 posti, i deputati; per i restanti n/2 partiti, i senatori (vedi Allegato 1).
In tal modo, se ad esempio i posti da attribuire sono quattro e in due partiti è il senatore che ha ottenuto più voti preferenziali e negli altri due è il deputato, risultano eletti i due deputati e i due senatori che hanno conseguito il più elevato numero di preferenze nelle rispettive liste. Se in tre partiti è in testa il senatore e in uno il deputato, sono eletti: quest’ultimo deputato, i due senatori con il maggior scarto ponderato nei confronti dei deputati della stessa lista e il deputato separato dal minor scarto dal suo senatore. Se infine in tutti e quattro i partiti è in testa il deputato, sono eletti i due deputati separati dal maggior scarto e i due senatori separati dal minore.
 
 
B. — ABBINAMENTI
 
In astratto le elezioni unilaterali dei delegati italiani al Parlamento europeo possono:
1) essere abbinate con le elezioni politiche;
2) svolgersi senza alcun abbinamento;
3) essere abbinate con le elezioni amministrative e regionali.
 
1. — Abbinamento con le elezioni politiche.
L’ipotesi dell’abbinamento con le elezioni politiche, avanzata da varie parti come la più idonea a valorizzare il significato politico dell’elezione unilaterale, presenta due difficoltà, il cui superamento appare molto difficile.
La prima, di natura giuridica, discende dal tenore stesso dell’art. 138 del trattato istitutivo della Comunità Economica Europea e consiste nella limitazione dell’elettorato passivo ai soli membri del Parlamento italiano: al momento delle elezioni politiche né i parlamentari uscenti, il cui mandato (eccezion fatta per i Senatori a vita) potrebbe non venir rinnovato, né i candidati alle elezioni, non ancora eletti, si trovano nelle condizioni necessarie.
La seconda difficoltà, di carattere politico, consiste nel fatto che, salva l’ipotesi straordinaria di elezioni anticipate, l’abbinamento con le elezioni politiche comporterebbe il rinvio delle elezioni unilaterali al 1973. Un simile rinvio equivarrebbe al completo insabbiamento della legge di iniziativa popolare: il suo valore politico è strettamente connesso alla presente situazione europea, cioè all’attuale fase di stallo del processo di integrazione e all’aspettativa generalizzata di un rilancio politico; la sua forza sta nella dimostrazione di una concreta volontà di progresso democratico da parte dell’Italia, volontà che non solo nessuno dei partners europei può contrastare, ma che anzi tutti si vedrebbero rapidamente costretti a seguire. Approvare il principio dell’elezione europea, rinviandone l’esecuzione di tre anni, sarebbe una chiara dimostrazione del fatto che il Parlamento italiano condivide le remore degli oppositori dell’integrale attuazione dei Trattati di Roma, ma non ha il coraggio di rispondere «no» ad una precisa richiesta dell’opinione pubblica.
 
2. — Nessun abbinamento.
Contro l’ipotesi dello svolgimento delle elezioni unilaterali senza alcun abbinamento, possono essere opposti due ordini di obiezioni, del resto già sollevate da alcuni uomini politici nel corso di conversazioni informali.
Il primo consiste nella difficoltà di giustificare, agli occhi della classe politica e dell’opinione pubblica, la messa in moto della complessa macchina elettorale dello Stato, con i relativi oneri finanziari, per l’elezione di soli 36 delegati. Il secondo ordine di obiezioni mette l’accento sullo scarso rilievo che tali elezioni, isolate, verrebbero ad avere, sia per il disinteresse dei partiti, sia per la scarsa partecipazione dell’elettorato, e sul fatto che, dal clima di apatia che ne deriverebbe, potrebbero trarre beneficio i partiti con più vasta capacità di organizzazione e di mobilitazione del proprio elettorato, con una conseguente alterazione dei veri rapporti di forza tra partiti in seno alla delegazione italiana a Strasburgo.
Queste difficoltà sono superabili. Per quanto riguarda la prima, basta osservare che «la democrazia non ha prezzo» e che quindi non ha alcun rilievo il numero delle persone da eleggere. Per quanto riguarda la seconda, il comportamento dell’elettorato viene analizzato dettagliatamente in un altro paragrafo del presente rapporto (Cap. II, C. – La partecipazione, p. 149), al quale si rimanda; per quanto riguarda il comportamento dei partiti, va rilevato che, una volta presa la decisione di tenere una elezione, questa automaticamente diventa strategica per tutti i partiti, nel senso che nessuno di essi può permettersi di perderla e deve quindi impegnare a fondo tutte le sue energie per cercare di vincerla.
 
3. — Abbinamento con le elezioni amministrative e regionali.
Contro questo tipo di abbinamento viene comunemente avanzata una obiezione di tipo « tecnico», basata sulla presunta impossibilità di sottoporre all’elettore una quarta scheda, oltre a quelle per il Comune, la Provincia e la Regione, perché l’elettore risulterebbe irrimediabilmente disorientato e confuso.
Questa obiezione può essere facilmente controbattuta per mezzo di due ordini di considerazioni. Innanzitutto è arbitrario identificare la soglia della confusione nella quarta scheda. Se si vuole postulare come criterio di valutazione la precedente esperienza italiana, l’unica ipotesi che si può ragionevolmente fare è che la soglia critica stia nella terza scheda (non ve ne è mai stata una in Italia, finora): superata questa soglia non ha nessun senso cercare di identificare il saggio di confusione rispetto al numero delle schede. La verità è che il criterio delle «precedenti esperienze in Italia» è arbitrario per un’inferenza di questo tipo: esso legittima solo l’osservazione che, anche in caso di pluralità di schede (due), lo elettore non cade in confusione.
D’altra parte esperienze offerte da altri Paesi confermano che l’elettore non si confonde neppure di fronte alle più complicate ed articolate domande poste dal sistema elettorale.
Come si può agevolmente rilevare dalla riproduzione della scheda elettorale dello Stato del Massachusetts (elezioni del 1956) allegata al presente rapporto (vedi Allegato 2), in questo Stato all’elettore è richiesto di votare per: 1) il Presidente ed il Vice-presidente degli Stati Uniti, 2) il Governatore dello Stato del Massachusetts, 3) il Vice-governatore, 4) il Secretary dello Stato, 5) il Treasurer, 6) l’Auditor, 7) l’Attorney General, 8) il Deputato al Congresso degli Stati Uniti, 9) il Councillor, 10) il Senatore dello Stato al Senato degli Stati Uniti, 11) il Rappresentante nella Corte generale, 12) i County Commissioners, 13) lo Sceriffo, 14) il Clerk of Courts. Quasi non bastasse, lo Stato del Massachusetts poneva al cittadino, nello stesso atto, due questioni oggetto di referendum legislativo, come si può notare alla estremità destra della scheda riprodotta.
L’obiezione che si tratta di un’unica scheda sarebbe speciosa, perché si tratta in verità di 16 schede riunite in una sola. Va inoltre osservato che l’esempio riportato non rappresenta affatto un caso-limite, ma che il numero delle elezioni contemporanee oltrepassa sovente la ventina.
D’avanti alla citazione di questi esempi viene comunemente replicato che essi non sono trasferibili alla situazione italiana, in quanto presi da paesi nei quali la maturità dei cittadini sarebbe molto maggiore che nell’Italia di oggi. Una simile obiezione è arbitraria, perché, ad esempio nel caso del Massachusetts, dimentica la fortissima componente dell’immigrazione europea nel corpo elettorale, anche dopo la seconda guerra mondiale, ed in particolare dell’immigrazione italiana (a Boston «Little Italy» è little in rapporto all’Italia, ma non certo rispetto a Boston e neppure al Massachusetts): va inoltre sottolineata l’estrazione rurale e la generale appartenenza a ceti diseredati degli immigrati, i quali però non si sono dimostrati tanto ignoranti ed immaturi da non sapersi orientare in schede del tipo di quella allegata e da non saper contribuire ad eleggere, per ben due legislature, un Governatore — John Volpe — di origine italiana.
 
4. — Conclusioni.
Per concludere, sia l’ipotesi 2) (svolgimento delle elezioni unilaterali senza alcun abbinamento) che l’ipotesi 3) (abbinamento con le elezioni amministrative e regionali) non presentano serie difficoltà. Si pone il problema della scelta fra di esse.
A favore dello svolgimento senza alcun abbinamento sta il fatto che una elezione esclusivamente europea avrebbe un effetto politico importantissimo al fine della mobilitazione dell’opinione pubblica europea in Italia, che verrebbe prepotentemente posta di fronte ad un dibattito dominato da temi europei e alla responsabilità di una scelta elettorale su questo tema. A sfavore gioca il grosso impegno politico richiesto ai partiti ed il fatto contingente che, dato che nel 1970 devono già svolgersi le elezioni amministrative e regionali, potrebbero emergere difficoltà nel porre in agenda le elezioni europee entro il 1970, e potrebbe quindi rivelarsi necessario un rinvio di almeno un anno (vedi a questo proposito le osservazioni fatte circa il rinvio nell’ipotesi di abbinamento con le elezioni politiche).
A favore dell’abbinamento con le elezioni amministrative e regionali sta da un lato la certezza del loro svolgimento entro il 1970; d’altro lato sta il fatto che le elezioni europee conferirebbero un significato ben più profondo a quelle comunali, provinciali e soprattutto regionali. Ne deriverebbe una votazione complessa, nella quale la gamma delle motivazioni dell’elettore comincerebbe ad assumere l’estensione e l’articolazione corrispondenti ai bisogni reali dei cittadini, seppure attraverso strumenti istituzionali ancora molto imperfetti. Le regioni sono altrettanto necessarie quanto l’Europa: non ha senso fare le regioni per favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche che li riguardano, se poi l’embrione di politica europea che si delinea rimane tecnocratico ed isolato nei conciliaboli segreti della diplomazia, e se gli Stati nazionali, con la divisione politica dell’Europa, continuano a subire l’egemonia americana e indirettamente quella della Russia (che egemonizza direttamente una parte della popolazione), rendendo così impossibile qualsiasi concreta scelta da parte dei cittadini. Di fatto il progetto delle regioni, isolato da quello europeo, non ha liberato sinora forze nuove.
 
 
C. — LA PARTECIPAZIONE
 
Una elezione unilaterale europea può far sorgere dei dubbi in ordine al grado di partecipazione dei cittadini. Tuttavia un esame del problema induce a ritenere che la partecipazione a una elezione di questo genere non sarebbe inferiore a quella che si riscontra nelle elezioni politiche nazionali.
 
1. — Carattere del comportamento elettorale degli Italiani.
Per valutare la misura probabile della partecipazione, bisogna premettere una osservazione di carattere generale sul comportamento elettorale degli italiani. Esso manifesta un alto grado di vischiosità dovuto sia a residui psicologici del clima politico del dopoguerra, sia all’esistenza dell’obbligo legale del voto. L’esperienza dimostra molto chiaramente che le percentuali dei votanti si mantengono altissime anche nel caso di elezioni amministrative tenute in date diverse da quelle generali e riguardanti pochi comuni, le quali presentano quindi un rilievo politico assai scarso. Bisogna inoltre tener presente l’effetto dell’abbinamento con le elezioni amministrative e regionali, discusso al punto B) del presente capitolo: gli elettori che si presenteranno alle urne voteranno certamente anche la scheda europea.
 
2. — I sondaggi di opinione.
Ciò premesso, per mostrare che una elezione europea troverebbe un elettorato ben predisposto (e quindi anche per mostrare la possibilità di una elezione europea sganciata da qualunque altra elezione), basta riferirsi ai dati relativi alla popolarità dell’unificazione europea che emergono dai numerosi sondaggi di opinione effettuati in questo campo e a una interpretazione adeguata di questi dati.
Due di questi sondaggi sono particolarmente indicativi. Il primo, riportato per estratti in Allegato 3 e tratto da Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia (Giuffrè, 1966, pp. 1069-1093), è stato condotto nel 1962 e riguarda tutti i paesi della CEE. Il secondo, riportato per estratti in Allegato 4 e tratto dalla «Revue Française de Science Politique» (Vol. XIX, n. 1), riguarda solo la Francia, ma è stato effettuato nel 1968 e comprende anche dati relativi al problema delle elezioni europee nel presente contesto politico, sociale e istituzionale. Il particolare valore di questi sondaggi è costituito dal fatto che essi, essendo stati promossi e condotti da organizzazioni di carattere tecnico e non politico, offrono una garanzia di obiettività scientifica; e dal fatto che essi, essendo separati da un periodo di tempo di sei anni, dimostrano la costanza nel tempo degli atteggiamenti e degli stati d’animo dell’opinione pubblica nei confronti dell’Europa.
L’esame di questi sondaggi permette di mettere in evidenza i seguenti dati di fatto:
— Il numero dei contrari oscilla costantemente attorno al 4% della popolazione. Questo è, probabilmente, il dato più significativo, se si tiene conto dei limiti intrinseci a qualsiasi sondaggio sull’unità europea. Questi sondaggi si differenziano radicalmente dai sondaggi sul comportamento e sulle scelte elettorali nazionali per tre ordini di motivi: a) i cittadini, interrogati sul problema europeo, devono rispondere a un problema teorico che non conoscono, che non li ha ancora coinvolti democraticamente come partecipanti, con una esperienza che non permette loro di collegare con chiarezza l’Europa alle loro esigenze sociali ; b) devono rispondere a domande che non si sono posti quando votano, che non hanno avuto un peso nel loro passato, che non riguardano il loro presente, che non si sa se riguarderanno il loro futuro; in una parola a domande prive delle motivazioni connesse con le loro azioni personali di elettori ; c) non sanno, come spesso purtroppo gli stessi uomini politici, che la formula federale è una formula aperta, che la scelta federale per una parte d’Europa è storicamente una scelta per tutta l’Europa, e via dicendo.
Questi limiti, che possono determinare l’indifferenza dei cittadini, o schierare contro l’Europa dei cittadini che sarebbero favorevoli se la conoscessero, conferiscono un particolare significato al numero irrilevante dei contrari e una portata nettamente evolutiva ai dati che seguono, nei quali si manifestano le opinioni decisamente favorevoli dei cittadini sin da ora, nel presente vuoto di esperienza, di ricordi, di vere e proprie motivazioni personali come elettori.
— I favorevoli, nel 1962, per tutta l’Europa, erano il 72%, i contrari il 5%. Per l’Italia, il 60% e il 4% (v. Allegato 3, p. 170). Il sondaggio del 1968, limitato alla Francia (ma non vi è ragione per cui il dato non si debba generalizzare), dimostra che il rapporto non ha subito variazioni apprezzabili tra il 1962 e il 1968 (v. Allegato 4, p. 171). A questo proposito si deve tener conto non solo dei limiti intrinseci ai sondaggi europei, ma anche a quelli nazionali, che mostrano come non si possano dedurre dal numero delle persone che risultano globalmente indifferenti alla politica delle indicazioni circa la partecipazione delle persone in questione alle elezioni. Infatti in Italia il numero delle persone che dichiarano di non avere alcun interesse o alcuna conoscenza riguardo al problema dell’unità europea è analogo a quello delle persone che dichiarano di essere totalmente prive di interesse per la politica in generale (vedi Allegato 3, pp. 170-171). Anzi, mentre 44 italiani su 100 dichiarano esplicitamente di non avere alcun interesse per la politica (ibid.), quelli che dichiarano di non pensare mai all’unificazione europea sono 28 su 100. Altri 22 non hanno dato alcuna risposta, il che non significa automaticamente che essi non pensino mai all’unificazione europea. In ogni modo, se la percentuale di persone disinteressate alla politica non si riflette nella percentuale delle astensioni nelle elezioni nazionali, la stessa mancanza di relazione fra l’uno e l’altro fatto dovrebbe verificarsi anche per un’elezione europea.
— Il favore all’unità europea si conferma anche di fronte alla domanda specifica relativa all’elezione del Parlamento europeo. I dati del sondaggio Allegato 4 relativi a questo problema (pag. 171) riguardano la sola Francia, ma sono tanto più significativi in quanto il regime gollista non svolgeva sicuramente al tempo del sondaggio una propaganda tale da incoraggiare un atteggiamento favorevole su questo punto, e quindi possono essere ragionevolmente estesi all’Italia.
— L’atteggiamento favorevole all’Europa è diffuso in tutti gli ambienti professionali compreso il settore agricolo, dove esso è nettamente prevalente (vedi Allegato 3, pag. 171; vedi, nel caso della Francia, Allegato 4, pag. 172, dove risulta che in Francia il rapporto tra agricoltori favorevoli e contrari è di 52 a 8).
 
3. — Gli agricoltori.
Per quanto riguarda in particolare la parte agricola della popolazione italiana, che in generale viene considerata come poco sensibile ai problemi politici che fuoriescono dalla sua esperienza quotidiana, si deve osservare non solo che la vischiosità di cui si è parlato interessa il mondo agricolo nella stessa misura in cui interessa il corpo elettorale in genere, ma anche che gli interessi degli agricoltori sono toccati profondamente e quotidianamente dal Mercato Comune agricolo. Gli agricoltori, di fatto, sono assai meno all’oscuro dei problemi connessi con il processo di integrazione europea di quanto comunemente non si creda. E’ da ritenere inoltre, data la costante dottrina federalistica del Papato, che anche il clero assumerebbe un atteggiamento favorevole al voto.
 
4. — L’esperienza della Campagna per la raccolta delle firme.
Un’ulteriore conferma delle conclusioni che derivano dagli argomenti precedentemente esposti si ricava dall’esame del campione costituito dalle 65.000 firme raccolte per la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare. Le condizioni in cui la raccolta è stata organizzata (mancanza della sanzione dell’ufficialità, mancanza di un grande apparato di propaganda, macchinosità dell’operazione di firma che si svolgeva alla presenza di un notaio o di un funzionario comunale) erano tali da far pensare che soltanto persone aventi una conoscenza specifica del problema europeo avrebbero aderito. Al contrario si è potuto constatare che la partecipazione di cittadini all’iniziativa è stata ampia e spontanea, tanto che il numero delle firme raccolte è stato limitato soltanto dalle evidenti difficoltà organizzative e dalla necessità di presentare la proposta non appena il numero minimo di firme richiesto dall’art. 71 della Costituzione fosse stato raggiunto; dall’altro lato, come è facile constatare dall’esame delle schede, le adesioni sono state raccolte con eguale facilità (a parità di impegno organizzativo) al Nord e al Sud, in grandi, medie e piccole città, in ambienti universitari, zone industriali e villaggi ad attività esclusivamente agricola, a conferma del fatto che l’ideale europeo è ugualmente diffuso in tutti i ceti, in tutte le regioni della Penisola, in tutti gli ambienti sociologici.
 
 
D. — SITUAZIONE DEI DELEGATI AL PARLAMENTO EUROPEO E DEI CANDIDATI ALL’ELEZIONE UNILATERALE
 
La situazione dei delegati al Parlamento europeo e dei candidati all’elezione unilaterale pone due problemi: quello degli attuali membri italiani del Parlamento europeo, che decadrebbero automaticamente con l’attuazione dell’elezione unilaterale e quello dei candidati all’elezione stessa che, pur essendo Parlamentari, cioè persone elette nelle elezioni nazionali, non riuscissero eletti nella elezione europea (fatto inevitabile dato il ristretto numero dei seggi da attribuire).
Sul primo punto si deve osservare che nel dibattito che ha preceduto il recente rinnovo dei membri italiani al Parlamento europeo è stato ripetutamente messo in rilievo che la nomina doveva considerarsi provvisoria in attesa di una elezione a suffragio universale, anche unilaterale. E’ quindi chiaro che la sostituzione dei membri nominati con membri eletti, nella misura in cui provocasse una sostituzione di persone, non potrà essere da costoro interpretata come una sconfessione della loro opera. Del resto la maggior parte degli attuali membri italiani del Parlamento europeo sono tra i più convinti sostenitori del progetto di legge.
Sul secondo punto si deve osservare che il non riuscire eletti in una elezione europea, con soli 36 seggi da attribuire, ha un significato completamente diverso dal non riuscire eletti in una elezione nazionale, dove i seggi sono in numero quasi trenta volte superiore. Agli occhi dello stesso elettorato, il fatto che un parlamentare eletto nel suo collegio, nelle precedenti elezioni politiche, non riesca a raggiungere il quorum, enormemente superiore, necessario per essere eletto al Parlamento europeo, non può essere interpretato come una prova di debolezza. Anzi, poiché i candidati, anche non eletti in una elezione europea, riceveranno, grazie al collegio unico nazionale, un numero di voti incomparabilmente più elevato di quello dei voti ricevuti nelle precedenti elezioni politiche, pare più fondato ritenere che, indipendentemente dalla riuscita, la partecipazione all’elezione europea significherà per tutti i candidati un aumento di prestigio e di influenza.
 
 
E. — COMPLETAMENTO GIURIDICO DEL DISEGNO DI LEGGE N. 706
 
Il testo del disegno di legge è stato tenuto volontariamente incompleto per lasciare libere le forze politiche di completarlo a seconda dei loro orientamenti di applicazione.
Solo a titolo di esempio, e sulla base delle ipotesi esemplificative di questa documentazione, si prospetta, come possibile soluzione, il seguente completamento giuridico.
 
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1 —
Per designare nel suo seno, a norma dell’Art. 138 del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, i delegati italiani al Parlamento europeo, il Parlamento italiano ricorre a una consultazione elettorale a suffragio universale diretto.
Art. 2 —
La elezione sarà effettuata con il sistema proporzionale sulla base di un collegio unico nazionale. Il territorio nazionale verrà suddiviso in circoscrizioni corrispondenti alle Province, ai soli effetti di cui agli artt. 8, 18, 19, 20, 21 e 29 della presente legge.
Art. 3 —

L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venire meno ad un preciso dovere verso il Paese.
Ogni elettore dispone di un voto di lista.
Egli ha facoltà di attribuire preferenze per determinare l’ordine dei candidati compresi nella lista votata, nei limiti e con le modalità stabilite dalla presente legge.

 

TITOLO II
Capo I — Elettorato attivo
Art. 4 —
Sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali compilate a termini delle disposizioni contenute nel Testo Unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta delle liste elettorali, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, che abbiano compiuto il ventunesimo anno di età entro il primo giorno della elezione.
Capo II — Eleggibilità
Art. 5 —
Sono eleggibili come delegati al Parlamento europeo i membri del Parlamento italiano in carica al momento della elezione.
 
TITOLO III
Del procedimento elettorale preparatorio
Art. 6 —
I comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. I Sindaci di tutti i Comuni della Repubblica danno notizia al pubblico del decreto di convocazione dei comizi con speciali avvisi.
Art. 7 — Presso la Corte di Cassazione è costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l’Ufficio elettorale centrale nazionale, composto da un Presidente di Sezione e quattro Consiglieri, scelti dal Primo Presidente.
Un Cancelliere della Corte è designato a svolgere le funzioni di segretario.
Art. 8 — Presso il Tribunale, nella cui giurisdizione è il Comune capoluogo della Provincia, è costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l’Ufficio elettorale circoscrizionale, composto di tre magistrati, dei quali uno con funzioni di presidente, nominati dal Presidente del Tribunale.
Un Cancelliere del Tribunale è designato ad esercitare le funzioni di segretario.
Art. 9 — I partiti o gruppi politici organizzati, rappresentati in Parlamento, che intendono presentare liste di candidati, debbono depositare presso il Ministero dell’Interno il contrassegno con il quale dichiarano di voler distinguere le liste medesime. All’atto del deposito il partito o il gruppo organizzato deve indicare la propria denominazione nonché designare un proprio rappresentante effettivo e un supplente, incaricati di effettuare il deposito all’Ufficio elettorale centrale nazionale della lista dei candidati e dei relativi documenti. Il Ministero dell’Interno comunica all’Ufficio elettorale nazionale le designazioni suddette entro il 56° giorno antecedente quello della votazione. Per quanto qui non indicato relativamente alla disciplina del deposito, si fa riferimento agli artt. 15 e 16 del T.U., D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361, che verrà nel testo dei successivi articoli della presente legge indicato per brevità come «T.U.».
Art. 10 — Ciascuna lista può comprendere al massimo trentasei candidati. Essa consisterà di due sotto-liste: la prima costituita da nominativi di senatori, la seconda di deputati. Ciascuna di queste due sotto-liste potrà comprendere al massimo diciotto candidati.
Art. 11 — Le liste dei candidati devono essere presentate da un capo-gruppo parlamentare o da non meno di venti parlamentari. I nomi dei candidati devono essere elencati e contrassegnati con numeri arabi progressivi, secondo l’ordine di precedenza. La candidatura deve essere accettata, firmata ed autenticata da un Sindaco o da un Notaio o dal Presidente della Camera cui appartiene il candidato. Nessun candidato può essere compreso in liste portanti contrassegni diversi.
Art. 12 — Le liste dei candidati devono essere presentate all’Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di Cassazione, dalle ore 8 del cinquantacinquesimo giorno alle ore venti del quarantacinquesimo giorno antecedenti quello della votazione, insieme con gli atti di accettazione delle candidature. Nella dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati deve essere specificato con quale contrassegno depositato presso il Ministero dello Interno la lista medesima intende distinguersi. La dichiarazione di presentazione della lista dei candidati deve contenere infine l’indicazione di due delegati effettivi e di due supplenti autorizzati a fare le designazioni previste dall’art. 25 del T.U.
Art. 13 — Agli adempimenti previsti dagli articoli 21 e 22 del T.U., in quanto necessari ai fini della presente legge, provvede l’Ufficio elettorale centrale nazionale costituito presso la Corte di Cassazione.
Art. 14 — Le decisioni dell’Ufficio elettorale centrale nazionale, in ordine agli adempimenti di cui all’articolo precedente, sono comunicate nella stessa giornata ai delegati di lista. Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro quarantotto ore dalla comunicazione, presentare deduzioni allo stesso Ufficio, che decide in proposito nei tre giorni successivi, e provvede quindi ai seguenti adempimenti:
a)  assegna un numero a ciascuna lista ammessa, secondo l’ordine di presentazione;
b)  assegna un numero ai singoli candidati di ciascuna lista, secondo l’ordine in cui vi sono iscritti;
c) comunica ai delegati di lista le definitive determinazioni adottate;
d)  trasmette immediatamente al Ministero dello Interno le liste definitive con i relativi contrassegni per la stampa delle schede di votazione e per l’adempimento di cui alla lettera seguente;
e)  provvede per mezzo del Ministero dell’Interno alla stampa delle liste con relativo contrassegno e numero d’ordine in un unico manifesto e alla trasmissione di esso ai Sindaci di tutti i Comuni per la pubblicazione nell’albo pretorio e in altri luoghi pubblici entro il ventesimo giorno precedente la data della votazione. Tre copie di ciascun manifesto devono essere consegnate ai presidenti dei singoli uffici elettorali di sezione: una a disposizione dell’ufficio e le altre per la affissione nella sala della votazione.
Art. 15 — Per tutte le altre operazioni relative al procedimento elettorale preparatorio si fa riferimento agli articoli 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41 del T.U.
 
TITOLO IV
Della votazione
Art. 16 —
Una scheda valida rappresenta un voto di lista. L’elettore può manifestare la preferenza esclusivamente per candidati della stessa lista da lui votata. Il numero delle preferenze è di quattro complessivamente, per un massimo di due preferenze per ciascuna sotto-lista, costituita rispettivamente da nominativi di deputati o di senatori. Il voto di preferenza deve essere espresso anche quando lo elettore intenda attribuirlo ai candidati che per effetto dell’ordine di precedenza stabilito in base all’art. 11 della presente legge, siano in testa alla lista votata.
Sono nulle le preferenze nelle quali il candidato non sia designato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da ogni altro candidato della stessa lista.
Art. 17 — Per tutte le altre operazioni relative alle votazioni si fa rinvio agli articoli 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66 del T.U.

 

TITOLO V
Dello scrutinio
Art. 18 —
Per lo svolgimento delle operazioni di scrutinio si fa rinvio alle norme contenute negli articoli 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76 e 79 del T.U. In questi articoli l’indicazione di «Ufficio centrale circoscrizionale» va sostituita con «Ufficio elettorale circoscrizionale», costituito ai sensi dell’articolo 8 della presente legge.
Art. 19 — Compiute le operazioni di cui all’articolo precedente, l’Ufficio elettorale circoscrizionale:
a) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. La cifra elettorale circoscrizionale di lista è data dalla somma dei voti di lista, compresi quelli di cui al n. 2 del I comma dello articolo 76 del T.U., ottenuti da ciascuna lista nelle singole sezioni della circoscrizione;
b) determina la cifra individuale circoscrizionale di ogni candidato. La cifra individuale circoscrizionale di ogni candidato è data dalla somma dei voti di preferenza validi e di quelli assegnati a ciascun candidato ai sensi del n. 2 del I comma dell’articolo 76 del T.U.
Art. 20 — Di tutte le operazioni dell’Ufficio elettorale circoscrizionale si deve redigere in duplice esemplare processo verbale che, seduta stante, deve essere firmato in ciascun foglio e sottoscritto dal presidente, dagli altri magistrati, dal cancelliere e dai rappresentanti di lista presenti.
Uno degli esemplari del verbale, con i documenti annessi, nonché tutti i verbali delle sezioni con i relativi atti e documenti ad essi allegati, devono essere inviati subito dal presidente dell’Ufficio elettorale circoscrizionale all’Ufficio elettorale centrale nazionale.
Il secondo esemplare del verbale è depositato nella cancelleria del Tribunale presso cui è costituito lo Ufficio elettorale circoscrizionale. L’estratto del verbale relativo alle operazioni previste dall’articolo 19 della presente legge viene trasmesso allo Ufficio elettorale centrale nazionale, in plico sigillato, mediante corriere speciale.
Art. 21 — L’Ufficio elettorale centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali previsti dall’ultimo comma dell’articolo precedente da tutti gli Uffici elettorali circoscrizionali:
a) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista sommando le cifre elettorali riportate nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
b) stabilisce il quoziente elettorale nazionale dividendo la somma delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste per trentasei;
c)  divide la cifra elettorale nazionale di ogni lista per tale quoziente.
Il risultato di tale divisione rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste che hanno avuto maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che hanno un rapporto più elevato tra resti e cifra elettorale nazionale; a parità di questo rapporto, si procede a sorteggio.
Art. 22 — Una volta completate le operazioni di cui all’articolo precedente, l’Ufficio elettorale centrale nazionale provvede a determinare la cifra individuale nazionale di ciascun candidato incluso nelle diverse liste, sommando la cifra individuale circoscrizionale di ogni candidato. Per ogni lista che abbia ottenuto un numero di seggi pari, l’Ufficio elettorale centrale nazionale proclama eletti, per un numero pari alla metà dei seggi conseguiti dalla lista, i candidati compresi nella sotto-lista composta da nominativi di deputati che hanno ottenuto la cifra individuale nazionale più elevata, e, per l’altra metà di seggi, i candidati compresi nella sotto-lista dei senatori che hanno ottenuto la cifra individuale nazionale più elevata nella rispettiva sotto-lista.
Per le n liste alle quali è stato attribuito un numero dispari di seggi, l’Ufficio elettorale centrale nazionale procede nel modo seguente:
a)  calcola per ogni lista la differenza fra la cifra individuale nazionale del primo deputato escluso e la cifra individuale nazionale del primo senatore escluso, e divide questa differenza per la cifra elettorale nazionale della lista;
b)  ordina i quozienti così ottenuti secondo valori decrescenti (dal positivo più alto in valore assoluto al negativo più alto in valore assoluto);
c)  proclama eletto, per i partiti che nella graduatoria formata ai sensi della lettera precedente occupano i primi n/2 posti, i deputati; per l restanti n/2 partiti, i senatori.
Art. 23 — Il seggio che rimane vacante, per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che segue immediatamente per cifra elettorale nazionale il titolare del seggio divenuta vacante nella sotto-lista a cui appartiene il titolare del seggio divenuto vacante.
Art. 24 — Al Parlamento, riunito in seduta comune, spetta la convalida dell’elezione dei delegati italiani al Parlamento europeo. Esso pronuncia anche giudizio definitivo su tutte le contestazioni, reclami o proteste di cui al comma I dell’articolo 87 del T.U., secondo le modalità e nei termini di cui ai commi I, II e IV dello stesso articolo.

 

TITOLO VI
Disposizioni penali
Art. 25 —
Per quanto riguarda la disciplina penale della presente elezione, si applicano integralmente gli articoli 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 105, 107, 108, 109, 110, 111, 112 e 114 e i commi I, II, IV e V dell’articolo 113 del T.U.
 
TITOLO VII
Disposizioni finali
Art. 26 —
Per quanto riguarda le giustificazioni da prodursi da parte dei cittadini che non abbiano esercitato il diritto di voto, le sanzioni contro coloro che non lo abbiano esercitato senza giustificato motivo, le facilitazioni di viaggio e gli obblighi dell’Amministrazione dello Stato, degli Enti pubblici e dei privati datori di lavoro nei confronti dei loro dipendenti, si fa pieno riferimento agli articoli 115, 116, 117, 118 e 119 del T.U.
Art. 27 — All’onere per l’applicazione della presente legge sarà provveduto con l’istituzione di un apposito capitolo nello stato di previsione della spesa dal Ministero dell’Interno.

 

TITOLO VIII
Disposizioni transitorie
Art. 28 —
Le prime elezioni, in attuazione della presente legge avranno luogo contemporaneamente alle elezioni regionali, provinciali e comunali secondo quanto disposto dall’articolo 1 della legge 7 novembre 1969, n. 774.
Art. 29 — Per lo svolgimento delle operazioni di voto e di scrutinio delle prime elezioni, si rinvia all’articolo 20 della legge 17 febbraio 1968 n. 108, il cui primo comma n. 2 viene così modificato:
«2) Il presidente procede alle operazioni di scrutinio dando la precedenza a quelle per le elezioni europee, seguite da quelle per la elezione del Consiglio regionale».
Il comma II dello stesso articolo viene così modificato:
«Terminate le operazioni di scrutinio per tali elezioni, il presidente:
 a) provvede al recapito dei due esemplari dei verbali relativi alle elezioni europee e alle elezioni del Consiglio regionale;».
Restano immutate le lettere b) e c) del prefato II comma.
Art. 30 — Per le prime elezioni, oggetto della presente legge, tutte le spese derivanti da adempimenti comuni alle diverse elezioni di cui all’articolo 28 della presente legge, verranno ripartite tra lo Stato e gli altri Enti interessati, fermo restando il disposto di cui all’articolo 26 della legge 17 febbraio 1968, n.     108.
Al relativo onere di lire ……….. che incomberà allo Stato, si farà fronte mediante riduzione del fondo iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero per il Tesoro per l’esercizio finanziario 1970, riguardante il finanziamento dei provvedimenti legislativi in corso. Il Ministero per il Tesoro è autorizzato a provvedere con propri decreti alle occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

il federalista logo trasparente

The Federalist / Le Fédéraliste / Il Federalista
Via Villa Glori, 8
I-27100 Pavia