IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XXIII, 1981, Numero 3-4, Pagina 129

 

 

La pace come obiettivo supremo
della lotta politica
 
 
1. — L’evoluzione delle armi nucleari è giunta ad un punto nel quale provoca fatti politici moralmente inaccettabili. Con la duplice e drammatica decisione del governo americano di installare in Europa i missili Pershing e Cruise e di costruire la bomba N, che comporta l’impiego di mezzi nucleari per contrastare mezzi convenzionali come i carri armati, gli USA hanno varcato la soglia della separazione tra guerra nucleare e guerra convenzionale. Se gli europei accettassero questa scelta americana, che mette in causa anche la politica dell’Unione Sovietica perché dipende dal tentativo delle due grandi potenze di controllare il mondo con i loro mezzi militari, l’idea di una guerra nucleare limitata al teatro europeo diventerebbe una ipotesi operativa della politica mondiale e quindi un rischio reale. E bisogna tener presente che i rischi di questo genere continueranno a riprodursi, in Europa e altrove, se non si toglie di mezzo la causa che li produce.
Da sempre gli uomini hanno difeso la loro indipendenza, e hanno garantito la loro sicurezza, con le armi. Ma diversamente dalle armi del passato, le armi nucleari, e a maggior ragione le armi che lo sviluppo incessante della tecnologia renderà possibili nel prossimo futuro, non hanno alcun rapporto con i problemi della difesa e della sicurezza perché implicano la distruzione del genere umano o, quanto meno, delle basi della civiltà, e quindi l’autodistruzione fisica o politico-sociale di tutti i belligeranti. Nonostante ciò tutti i governi continuano a progettare la politica estera sulla base dell’impiego delle massime forze distruttive che ciascuno può realizzare, come se tra le armi di oggi e quelle di ieri non ci fosse una differenza abissale. In questo modo i governi e le leggi stanno per diventare la massima espressione dell’assurdo e della follia.
Questa situazione è assolutamente inaccettabile, non solo per il rischio che comporta, ma anche perché è in contraddizione con il fondamento stesso di ogni vita morale. È venuto il momento di capire che le armi nucleari mettono in evidenza il processo di degenerazione degli Stati, che si stanno trasformando da organizzazioni per la difesa della vita in organizzazioni che creano deliberatamente, o subiscono passivamente, il rischio della distruzione del genere umano. Se si accetta come dato permanente della vita politica questa degenerazione degli Stati la caduta nella barbarie è inevitabile. Non avrebbero infatti più senso, né credibilità alcuna, l’educazione, il sentimento della solidarietà sociale e ogni valore civico e culturale.
2. — Per eliminare il rischio della guerra nucleare non basta la distruzione delle armi nucleari già esistenti, ma occorre anche che divenga certa la possibilità di impedire a qualunque paese di prendere, in qualunque circostanza, la decisione di fabbricare armi di questo tipo. È un problema di potere che ha una sola soluzione: la democrazia internazionale, cioè lo Stato internazionale fondato sulla volontà di tutti i paesi e di tutti gli uomini, e quindi capace di garantire la sicurezza e gli interessi di ogni paese e di ogni uomo.
Non esiste altra soluzione perché la capacità tecnica di fabbricare queste armi esiste e non può essere eliminata; mentre si può con potere mondiale democratico che trasferisca dal livello nazionale a quello mondiale il monopolio del controllo legale della forza fisica, rendere illegale la guerra, provvedere alla sicurezza di tutti i paesi, controllare la produzione di ogni arma e impedire di diritto e di fatto la fabbricazione di tutte le armi che oltrepassino una soglia definita di pericolosità. Non è un’utopia questo potere, ma è un’utopia l’idea della sopravvivenza del genere umano se non si impedisce ad ogni nazione l’uso delle armi che potrebbero distruggerlo e se, in mancanza di un governo mondiale, le armi restassero il solo mezzo con il quale gli Stati possono garantire la loro sicurezza.
Si tratta dunque di risolvere, con la democrazia internazionale, il problema del controllo degli aspetti militari della tecnologia nucleare e di ogni tecnologia del futuro di pari o maggiore pericolosità. Ogni altra soluzione è un mito. Non c’è nessun potere che possa fermare lo sviluppo tecnologico e quindi la capacità materiale di fabbricare armi nucleari. Nessun uomo di buona volontà, d’altra parte, dovrebbe proporsi uno scopo di questo genere che equivarrebbe a lasciare il Terzo mondo nello stato attuale di povertà e ad impedire ogni progresso degli aspetti materiali della condizione umana.
3. — L’unificazione delle tribù nella città-Stato ha fatto cessare le guerre fra le tribù e creato la solidarietà cittadina. L’unificazione delle città-Stato nelle nazioni ha fatto cessare le guerre fra le città e creato la solidarietà nazionale. L’unificazione delle nazioni in una federazione mondiale farebbe cessare le guerre fra le nazioni, realizzerebbe la pace perpetua e creerebbe la solidarietà mondiale fra tutti gli uomini. I tempi sono maturi. Sulla base dell’evoluzione moderna del modo di produrre tutti i popoli della terra sono ormai costituiti in nazioni, e ovunque le nazioni cercano di raggrupparsi per assicurare il loro sviluppo economico e garantire la loro sicurezza. In Europa occidentale questo processo è già giunto ad un punto nel quale, per la prima volta nella storia, i cittadini hanno il diritto di voto non solo nell’ambito della loro nazione, ma anche nell’ambito della loro associazione di nazioni: la Comunità. Un solo passo resta ancora da fare per completare in Europa il primo modello storico di democrazia internazionale: il governo europeo, che non richiede affatto, come vorrebbe la concezione arcaica della sovranità ancora prevalente, il sacrificio della indipendenza effettiva dei governi nazionali.
L’Europa non è il mondo. Ma il sistema col quale si può governare l’Europa è lo stesso col quale si potrà governare il mondo e nulla impedisce di battersi sin da ora per estendere a tutto il mondo il sistema di governo della democrazia internazionale. Questo traguardo può essere lontano, ma bisogna tener presente che come con la lotta per l’unificazione europea si sono ottenute le prime forme di politica europea e la fine della rivalità militare fra i vecchi Stati nazionali dell’Europa occidentale, allo stesso modo con la lotta per il governo mondiale si potranno ottenere le prime forme di politica mondiale e l’attenuazione, se non la fine, della rivalità militare fra tutti gli Stati.
Solo con questo orientamento si può superare la crisi dello Stato, che dipende dall’arresto del suo sviluppo, portando a compimento il suo carattere razionale. Si tratta di fare della statualità una forma universale articolata dal livello del quartiere e del comune, come sfera della solidarietà, a quello della nazione, come sfera dell’integrazione sociale, a quello mondiale, come sfera della unità materiale e razionale di tutti gli uomini, cioè come vera comunità politica internazionale per la pace di tutti i popoli, la realizzazione della loro eguaglianza, e il controllo universale delle risorse e del territorio.
4. — L’umanità non ha ancora saputo reagire di fronte alla minaccia della sua autodistruzione. Ripetutamente alcuni fra i maggiori uomini di scienza e di religione hanno intrapreso campagne contro le armi nucleari, ma nonostante il loro solenne ammonimento la corsa a queste armi e al loro perfezionamento non è stata né fermata né rallentata; e la protesta non ha mai assunto il carattere di una forza in crescita. Sino ad ora, chi si è battuto per il disarmo nucleare non è riuscito a influenzare il potere e chi si è battuto per il potere è rimasto prigioniero dell’equilibrio del terrore.
Non resta dunque che una via: partecipare al processo del potere, perché altrimenti non si ottengono risultati concreti, ma con l’obiettivo ultimo della democrazia internazionale, per superare la situazione nella quale le armi sono ancora una necessità. Si tratta pertanto di scegliere ogni volta il male minore e solo il male minore compatibile con il progresso verso l’obiettivo ultimo della democrazia internazionale, come premessa indispensabile per il disarmo universale.
5. — La lotta per la pace riguarda tutti gli uomini della terra. Come europei, cioè come uomini il cui territorio è già, nei piani delle grandi potenze, il teatro di una guerra nucleare, e che si trovano pertanto, nel quadro attuale del sistema politico, di fronte all’assenza di alternativa tra la necessità di accettare l’autodistruzione se vogliono difendersi, o di rinunciare alla difesa se vogliamo evitare l’autodistruzione, ci compete il compito seguente. Dobbiamo tener presente che la sicurezza senza armi richiede la federazione mondiale. Ma dobbiamo anche tener presente che una difesa tradizionale, cioè basata sull’equilibrio delle forze militari, non fa avanzare il mondo verso la pace. Dobbiamo dunque percorrere una via nuova: una difesa che si collochi al di là della guerra.
Si tratta di ridurre al minimo, se non a zero, i mezzi della guerra convenzionale, di predisporre la difesa popolare del territorio in funzione della resistenza nei confronti di un eventuale invasore con la disobbedienza civile e il sabotaggio, di sottoporre al potere democratico europeo creato con il voto europeo la forza di dissuasione nucleare franco-inglese e di non distruggerla fino a che non vengano distrutti gli stocks nucleari americano e sovietico. In questo modo, la Comunità europea, priva di forze convenzionali, non potrebbe né fare una guerra offensiva, né accettare una guerra convenzionale, ma risulterebbe praticamente inattaccabile grazie alla sua dissuasione nucleare e alla sua dissuasione popolare e potrebbe usare la sua influenza internazionale al fine ultimo del disarmo universale e al fine transitorio dello scioglimento dei blocchi militari e della conseguente riduzione degli armamenti, anche per destinare le risorse così risparmiate allo sviluppo del Terzo mondo.
Per prepararsi ad esercitare questo ruolo, l’Europa deve in ogni caso, sin da ora, fare quanto può per arrestare la corsa attuale verso il riarmo, con il rifiuto degli euromissili e della bomba N, usando ogni mezzo a sua disposizione per costringere i sovietici a ritirare dal fronte europeo i missili puntati sull’Europa occidentale, e con la lotta per la ripresa del dialogo e della distensione.

 

 

 

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