IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XX, 1978, Numero 2-3, Pagina 96

 

 

A PROPOSITO DEL CONFLITTO
TRA IL VIETNAM E LA CAMBOGIA
 
 
Come è noto, negli ultimi mesi, la situazione del Sud-est asiatico è divenuta particolarmente esplosiva. I rapporti russo-cinesi, che nel corso degli ultimi due decenni erano andati facendosi sempre più tesi, si sono ulteriormente deteriorati a causa del conflitto tra il Vietnam e la Cambogia e dell’esodo dei commercianti cinesi dal Vietnam e dal Laos, con la crisi diplomatica che ne è conseguita.
La situazione che incominciava a delinearsi verso la fine del conflitto vietnamita, e che avevamo analizzato in un articolo del gennaio 1974 (Milano Federalista, Anno III, n. 24) sta assumendo contorni sempre più precisi. Si sta sviluppando un tentativo subimperialista vietnamita, che ha la penisola indocinese come campo d’azione. Il Laos si può già considerare un satellite del Vietnam. Il sanguinoso conflitto con la Cambogia, al di là della cortina fumogena delle reciproche accuse, non può che essere visto nella stessa prospettiva.
La carta del subimperialismo vietnamita viene giocata dalla Russia in funzione anticinese. È del resto evidente che l’egemonia del Vietnam sull’Indocina è sentita come un grave pericolo dalla Cina, perché apre un secondo fronte lungo la sua frontiera meridionale; e per la stessa ragione è incoraggiata e sostenuta dalla Russia, che persegue un disegno di accerchiamento della Cina (nel quale rientra anche il recente colpo di Stato nell’Afghanistan). Non per nulla del resto la Cina è il principale alleato della Cambogia, mentre la Russia ha consolidato i suoi rapporti con il Vietnam fino al punto di ammetterlo nel COMECON.
Gli avvenimenti stanno quindi facendo definitivamente giustizia della teoria leninista dell’imperialismo e di quella secondo la quale la guerra è connaturata con i rapporti di produzione capitalistici e quindi non può esistere tra paesi comunisti. Con il procedere della storia diventa sempre più elevato il grado di dogmatismo necessario per continuare a sostenere la fondatezza teorica di questo aspetto del marxismo-leninismo. È tempo che l’eurocomunismo in particolare affronti in. modo esplicito e coraggioso la revisione della sua concezione dei rapporti internazionali. È indubbio che certe timidezze nell’evoluzione in senso europeo dei partiti comunisti italiano e spagnolo e l’ottusa chiusura del partito comunista francese verso l’Europa potrebbero essere rimossi dal franco riconoscimento, ormai imposto dai fatti, che la radice della guerra sta nella sovranità assoluta dello Stato e quella dell’imperialismo nell’ineguale distribuzione del potere nel mondo, comunque sia regolata la proprietà dei mezzi di produzione; che quindi esiste un imperialismo sovietico, come ne esiste uno americano; e che il solo modo per riequilibrare la situazione di potere nel mondo è quello di rafforzare il polo cinese da un lato e di sviluppare l’embrionale polo europeo dall’altro attraverso la creazione di una moneta e di un esercito europei.
Le mistificazioni ideologiche sono dure a morire. E lo dimostra il fatto che possono ancora aver corso nel mondo della politica e della cultura slogans demenziali come quello dell’Europa germano-americana. Ma più la realtà diviene incompatibile con l’ideologia, più tenue diviene la credibilità di quest’ultima. Essa si cristallizza in un dogma che, se può continuare ad essere meccanicamente ripetuto da qualche intellettuale motivato più dallo spirito di fazione che dall’amore della verità, cessa di servire come criterio — anche se parziale e approssimativo — di interpretazione della realtà e di orientamento della condotta degli uomini. Guai al partito che non se ne avvede per tempo.
 
Francesco Rossolillo
(luglio 1978)

 

 

 

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