IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XXXI, 1989, Numero 3, Pagina 228

 

 

RUBLO, RUBLO TRASFERIBILE, ECU, SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE*
 
DMITRY SMYSLOV
 
 
La nuova strategia economica seguita dall’URSS nei confronti degli altri paesi sta diventando un fattore di non trascurabile importanza nell’ambito delle relazioni economiche internazionali. Si ritiene infatti che essa sia in grado di esercitare una positiva influenza sulla dinamica di tali relazioni.
E’ risaputo che, fino agli anni Settanta, le relazioni economiche tra l’URSS e i paesi a regime capitalistico, e tra l’Est e l’Ovest in generale, erano molto ridotte. Successivamente questi rapporti crebbero in dimensione ed importanza; oltre allo sviluppo dei commerci, l’URSS e gli altri paesi socialisti iniziarono a muoversi attivamente sul mercato internazionale del credito e delle valute grazie anche all’espansione delle proprie banche all’estero.
Nonostante queste innovazioni (accordi compensativi, project financing), fino alla metà degli anni Ottanta i rapporti economici esterni dell’URSS rimasero limitati alle forme tradizionali, vale a dire alle transazioni commerciali e al relativo finanziamento. E’ ancora più significativo rilevare che l’URSS non era un membro a pieno titolo della comunità economica internazionale in quanto non aderiva agli accordi monetari e finanziari internazionali. Insieme agli altri paesi socialisti, noi seguivamo il principio «due mondi, due mercati, due sistemi monetari».
L’isolamento dell’URSS e degli altri paesi socialisti dal sistema economico, monetario e finanziario internazionale era condizionato da due circostanze di fondo. Da un lato rifletteva la divisione politica del mondo in due blocchi contrapposti, l’Est e l’Ovest. Dall’altro vi era il convincimento ingenuo che tale isolamento avrebbe protetto il nostro sistema economico da quello che noi definiamo il «caos del mercato». Comunque, l’assenza di una efficiente integrazione con il mercato mondiale fu per noi causa di ritardi tecnologici, perdita di competitività, scadimento della qualità delle merci prodotte. L’opinione pubblica sovietica si mostra attualmente molto preoccupata per questo stato di cose.
Il XXVII Congresso del Partito ha iniziato quel processo che nel nostro paese viene definito perestrojka. Tra le sue sfere di attività, esso comprende anche quella dei rapporti economici con l’estero. Il Congresso ha formulato la tesi secondo cui una tendenza crescente verso l’interdipendenza degli Stati della comunità mondiale è parte integrante dello sviluppo contemporaneo. Il risultato di questo processo è che «sta prendendo forma un mondo controverso ma interdipendente e per molti aspetti integrato»[1]. Questo processo richiede da parte di tutti un nuovo modo di pensare, una nuova valutazione dei modi di affrontare i più importanti problemi economici internazionali da parte dell’Est e dell’Ovest.
Un nuovo modo di affrontare le relazioni economiche estere da parte della classe dirigente sovietica si manifesta in due sfere principali. In primo luogo si punta a relazioni radicalmente nuove per forme e metodi, all’aumento della partecipazione del nostro paese alla divisione internazionale del lavoro (sono in corso di organizzazione diverse forme di cooperazione internazionale produttiva, scientifica e tecnologica). In secondo luogo, l’Unione Sovietica ed altri paesi socialisti stanno muovendosi verso una graduale inclusione delle relazioni economiche mondiali entro una struttura istituzionale. L’aspirazione dell’URSS all’espansione della cooperazione economica internazionale si è manifestata nella sua posizione favorevole al GATT, cui alla fine ha inteso partecipare pienamente. Nel nostro paese si sta ora discutendo attivamente la possibilità di organizzare certe forme di cooperazione con il Fondo monetario internazionale o di entrare a far parte di questa organizzazione. La necessità di formare un sistema monetario internazionale a cui tutti i paesi del mondo possano partecipare senza danno per i loro interessi sta diventando più evidente nelle condizioni che stanno ora prendendo forma.
Vorrei ora soffermarmi su tre problemi: la ricostruzione dell’apparato monetario e finanziario dell’URSS; l’evoluzione del sistema monetario del COMECON e le opportunità della sua interazione con il Sistema monetario europeo; le prospettive di miglioramento del sistema monetario mondiale.
 
Riforma del meccanismo delle relazioni monetarie e finanziarie.
 
La ricostruzione del sistema monetario e finanziario sovietico mira ad un coordinamento dello sviluppo di relazioni monetarie e creditizie con finalità di politica economica interna, ad un incremento del ruolo di queste relazioni all’interno dell’intero complesso delle relazioni economiche esterne, alla crescita della stabilità e, allo stesso tempo, alla flessibilità dei meccanismi monetari e finanziari. Fondamentalmente la questione riguarda il superamento della separazione di questo sistema dalle interrelazioni monetarie internazionali e la fondazione di un nuovo modello di interazione col sistema monetario mondiale.
Esiste un punto di vista per cui un’«apertura» dell’economia sovietica al mercato mondiale e un’accelerazione delle relazioni economiche con gli altri paesi rappresenterebbero lo stimolo principale ad un più rapido progresso economico sovietico. Un tale punto di vista in realtà non sembra abbastanza fondato. Le relazioni economiche esterne devono senza dubbio essere le più efficienti possibili e possono dare un contributo enorme alla crescita economica, ma solo le risorse e gli stimoli interni restano la base di questa crescita.
La riforma del sistema monetario nazionale presuppone prima di tutto la determinazione su basi economiche del tasso di cambio del rublo e l’introduzione della sua convertibilità.
Al momento sembra esserci un largo favore per la determinazione di un più corretto tasso di cambio del rublo in combinazione con l’introduzione di una qualche forma di convertibilità. Esiste consenso sul fatto che un tale tasso di cambio non debba rispondere a finalità remote, bensì essere il modo o il metodo per risolvere gli attuali problemi economici specifici. C’è bisogno di una politica flessibile del tasso di cambio che possa tener conto di tutti i cambiamenti della situazione economica.
E’ abbastanza evidente che il nuovo tasso di cambio del rublo dovrà riflettere in misura maggiore il reale rapporto dei prezzi nel nostro paese e all’estero. A ciò sono connessi i tentativi in corso attualmente per calcolare un tasso di cambio «reale» del rublo servendosi del confronto di prezzi interni ed esteri su una gamma di beni la più ampia possibile. Senza dubbio tali calcoli potrebbero servire come utili punti di riferimento. Comunque, è noto che nelle presenti condizioni il rapporto tra prezzi interni ed esterni non può essere accettato come fattore unico nella formazione del tasso di cambio. Inoltre, tali calcoli saranno opportuni solo se saranno basati sui prezzi che emergeranno dopo la prossima riforma del metodo di determinazione dei prezzi e la formazione di un sistema abbastanza efficiente di commercio all’ingrosso. Ma già oggi si sente la necessità dell’influenza del tasso di cambio del rublo sull’economia, perché in una certa misura potrebbe favorire le riforme economiche e il perfezionamento dei meccanismi economici. Infine, il tasso di cambio basato su calcoli del potere d’acquisto richiederebbe evidentemente un test di mercato. Ma come realizzarlo? Qui la questione del tasso di cambio del rublo ci porta al secondo problema più importante: il problema della sua convertibilità.
Le risoluzioni del Plenum del Comitato Centrale del PCUS del giugno 1987 prevedono misure per un passaggio graduale alla convertibilità del rublo nell’ambito di una riforma economica generale e innanzitutto entro le strutture del COMECON[2]. Ci sono opinioni diverse riguardo ai termini e ai metodi per realizzare questa misura. Alcuni economisti caldeggiano un’introduzione immediata della completa convertibilità del rublo, altri sostengono che essa potrebbe essere realizzata solo dopo il completamento della ricostruzione dell’intero sistema economico ed un miglioramento notevole della struttura tecnologica delle nostre imprese che permetterebbe di raggiungere un livello di competitività su scala mondiale. Evidentemente queste sono condizioni davvero indispensabili per una completa introduzione della convertibilità del rublo. D’altro canto misure intermedie sono necessarie anche ora. Un’introduzione graduale della convertibilità è necessaria per garantire la più efficiente partecipazione del nostro paese alla divisione internazionale del lavoro, per stimolare lo sviluppo della produzione e di relazioni economiche esterne.
Per quanto riguarda i metodi con cui introdurre la convertibilità, si sta formando un certo consenso di idee intorno al fatto che, nelle condizioni del nostro paese, il modo occidentale, che implica una transizione dalla convertibilità esterna a quella interna, non può essere usato. Ciò è dovuto sia a circostanze concrete correlate a una insufficienza delle riserve di valuta sia a considerazioni di carattere più generale — il ruolo speciale dello Stato e il controllo valutario che discendono dalla specificità dell’economia socialista. Perciò, in una prima fase, bisogna affrontare innanzitutto la questione di una limitata convertibilità del rublo, prima di tutto per i residenti.
La convertibilità «interna» del rublo sovietico presuppone la formazione di un mercato valutario chiuso per un gruppo in graduale espansione di imprese, di altre organizzazioni e di banche. In un tale mercato verranno realizzate transazioni relativamente libere in valute estere, secondo diverse modalità.
Alla fine, ciò porterebbe alla formazione di un mercato interbancario. Il mercato monetario interno controllato dallo Stato favorirebbe l’aumento dell’indipendenza delle imprese e l’ottimizzazione della distribuzione e dell’utilizzazione delle risorse valutarie.
Il funzionamento del mercato monetario interno dovrebbe far emergere un tasso di cambio fluttuante del rublo. Proprio tale tasso di cambio potrebbe fungere da criterio oggettivo per l’introduzione di un nuovo tasso di cambio ufficiale da parte della Banca di Stato dell’URSS. La Gosbank potrebbe utilizzare mezzi diversi per influenzare i tassi di cambio di mercato del rublo e il loro graduale riavvicinamento con quelli ufficiali. Alla presenza di un tasso di cambio del rublo reale e flessibile e di pari passo con il miglioramento dell’economia sovietica, in futuro sarebbe possibile effettuare una transizione graduale da una libera circolazione di valute estere nel paese a una circolazione dei rubli sovietici sui mercati mondiali, alloro utilizzo nei pagamenti internazionali, vale a dire all’introduzione della convertibilità completa dell’unità monetaria sovietica. In ambito scientifico ed economico ci sono proposte più radicali concernenti la formazione e l’introduzione di una nuova unità monetaria (alcuni autori la chiamano tchervonets in analogia con gli anni Venti) che sarebbe una moneta liberamente convertibile sin dall’inizio della sua esistenza.
Riassumendo le considerazioni riguardo al problema della riforma del sistema del tasso di cambio del rublo sovietico e all’introduzione della sua convertibilità, vorrei sottolineare che attualmente l’atteggiamento degli economisti sovietici verso questo problema è subordinato agli interessi economici interni del paese, mentre all’aspetto internazionale del problema viene assegnata una posizione marginale. Logica conseguenza di quanto detto sopra è che nel prossimo futuro non è lecito aspettarsi un avanzamento del rublo sovietico verso un ruolo di moneta di riserva internazionale. Comunque, un’unità valutaria collettiva dei paesi socialisti potrebbe evidentemente aspirare a un tale ruolo in certe condizioni.
 
Rublo trasferibile ed Ecu: opportunità di interazione.
 
Attualmente in Europa, all’Est come all’Ovest, l’idea della costruzione di una «casa comune europea» sta ricevendo un riconoscimento sempre maggiore. La sua realizzazione sarà favorita dalla firma, avvenuta dopo trattative prolungate nel giugno 1988, della Dichiarazione congiunta per la creazione di relazioni ufficiali tra i due organismi europei (COMECON e CEE). Un’espansione multilaterale della cooperazione economica tra loro dovrebbe diventare una delle basi della «casa comune europea». Diventa abbastanza evidente che la sfera di interrelazioni tra i due sistemi valutari corrispondenti è un problema che non può essere trascurato in questo processo.
Il fondamento del sistema valutario dei paesi socialisti, in contrasto con quelli occidentali, non deriva tanto dall’appartenenza ad una stessa area geografica, quanto piuttosto dalla comunanza dei sistemi sociali esistenti nei paesi che ne fanno parte. Da qui la necessità di una mutua cooperazione molto stretta da parte di questi paesi.
Il rublo trasferibile introdotto nel 1964 costituisce il legame principale del sistema valutario e finanziario degli Stati membri del COMECON. Nel programma complesso dell’integrazione economica socialista (1971), viene definita la valuta collettiva socialista internazionale degli Stati membri del COMECON, intesa come misura di valore e mezzo di pagamento e di riserva. Il rublo trasferibile viene emesso dalla International Economic Cooperation Bank (IECB) sia per il pagamento di beni e servizi che per l’erogazione di credito. Il rublo trasferibile ha una propria quotazione, diversa dal rublo sovietico, rispetto alle valute estere.
Le transazioni complessive in beni e servizi tra gli Stati membri vengono effettuate mediante l’uso di rubli trasferibili. Ogni banca ha il proprio conto unico in rubli trasferibili presso la IECB, da utilizzare per le transazioni con gli altri paesi, e i pagamenti avvengono attraverso quel conto. Teoricamente le somme possono essere depositate su questo conto da alcuni paesi, ma possono essere usate per effettuare pagamenti ad altri paesi. Perciò l’introduzione del rublo trasferibile è stata considerata, in antitesi al precedente sistema bilaterale di compensazione, come la realizzazione del principio della compensazione multilaterale dei pagamenti. Se necessario, la IECB fornisce crediti in rubli trasferibili per compensare questi pagamenti.
Il Programma complesso dell’integrazione economica socialista ha previsto un numero di misure per il perfezionamento del sistema valutario degli Stati membri del COMECON. Eccone un esempio: «La valuta collettiva (rublo trasferibile), se cresce il suo ruolo, può essere usata in prospettiva per effettuare pagamenti con i paesi terzi e per occupare un posto, corrispondente al ruolo e all’importanza degli Stati membri del COMECON nell’economia mondiale, tra le altre valute utilizzate per transazioni internazionali»[3]. Inoltre è stata varata una disposizione per l’introduzione della convertibilità del rublo trasferibile in valute nazionali dei paesi membri del COMECON, come pure una mutua convertibilità delle loro valute nazionali.
La prassi ha provato l’utilità del sistema del rublo trasferibile. Durante i diciassette anni del suo utilizzo per i pagamenti fra paesi membri del COMECON, l’importo annuale dei loro reciproci pagamenti ha avuto un notevole incremento: dai 22,9 miliardi di rubli trasferibili nel 1964 ai 122,9 miliardi di rubli trasferibili nel 1980, con un incremento pari a 5,4 volte[4].
Tuttavia, sfortunatamente, gli Stati membri del COMECON finora non sono stati in grado di progredire in misura significativa verso la realizzazione dei fini che si erano posti all’inizio degli anni Settanta, il che ha portato ad una certa insoddisfazione nei confronti del rublo trasferibile e a formulare critiche al suo riguardo. Va messo in evidenza che i prezzi delle merci in rubli trasferibili sono di carattere secondario rispetto ai prezzi del mercato mondiale espressi nelle valute nazionali dei paesi occidentali e perciò una simile unità valutaria non può essere una vera misura del valore. Inoltre non è nemmeno un mezzo di pagamento multilaterale perché il commercio tra gli Stati membri del COMECON si svolge ancora in modo predominante su base bilaterale. Nelle condizioni attuali, il rublo trasferibile è virtualmente solo un’unità di conto.
Adesso il sistema di integrazione economica socialista è in fase di ricostruzione. In particolare, un nuovo impulso al processo di perfezionamento del sistema di relazioni monetarie, finanziarie e creditizio all’interno del COMECON è venuto dall’incontro di lavoro, tenutosi a Mosca nel novembre 1986, dei capi dei partiti fratelli dei paesi socialisti membri del Consiglio, e dalla XLIII sessione (straordinaria) del COMECON tenutasi a Mosca nell’ottobre 1987. Gli Stati membri dell’organizzazione si sono impegnati nella creazione delle condizioni necessarie per un ulteriore consolidamento e sviluppo delle funzioni della valuta collettiva — il rublo trasferibile —nei loro pagamenti reciproci. Inoltre, si sono fatti programmi per l’uso in via sperimentale di valute nazionali da parte di un gruppo di paesi per il pagamento di beni e servizi. Queste valute dovrebbero essere usate per produzioni comuni e attività di joint venture. E’ stato raggiunto un accordo da parte della maggioranza dei paesi sull’introduzione della mutua convertibilità delle valute nazionali e del rublo trasferibile con lo scopo di innalzare l’efficienza del funzionamento del sistema valutario e finanziario.
Ora c’è l’intenzione di studiare i problemi pratici legati all’introduzione graduale della convertibilità del rublo trasferibile nelle altre valute convertibili. Certamente questo non è un impegno solo di oggi. Per la sua soluzione sono necessari un notevole aumento della qualità dei prodotti, una crescita considerevole e un miglioramento dell’ammontare e della struttura delle esportazioni degli Stati membri del COMECON.
Bisogna ammettere che il processo di ricostruzione del sistema monetario e finanziario del COMECON non sta procedendo così regolarmente come sarebbe auspicabile. E’ divenuto chiaro ora che il rublo trasferibile non può espletare efficientemente le sue funzioni monetarie senza trasformazioni profonde nei sistemi economici degli Stati membri del COMECON, senza l’introduzione di una genuina indipendenza, anche finanziaria, delle imprese, senza una riforma radicale del sistema dei prezzi, senza il raggiungimento di considerevoli cambiamenti nelle forme della mutua cooperazione economica, senza la formazione di un mercato integrato davvero unito dei paesi socialisti. In tali condizioni i passi più significativi sono ora intrapresi nell’ambito delle relazioni bilaterali. Perciò l’Unione Sovietica ha concluso accordi con la Bulgaria, la Cecoslovacchia e la Mongolia per la reciproca utilizzazione delle corrispondenti valute nazionali nell’ambito dei tentativi di realizzazione di produzioni comuni e dell’attività di joint venture. Si sta studiando il problema della possibilità di compensazione delle transazioni reciproche con valute convertibili.
L’attivazione della cooperazione su base bilaterale può favorire il miglioramento e il consolidamento del sistema monetario e finanziario centralizzato degli Stati membri del COMECON, ma in certe circostanze può anche generare tendenze centrifughe in questo sistema. Comunque, l’integrazione economica socialista (come pure quella dell’Europa occidentale) ha oggettivamente bisogno dell’esistenza di una valuta collettiva e di un sistema di pagamento multilaterale.
Il COMECON e la CEE sono partners economici naturali. Allo stesso tempo, la necessità di organizzare una cooperazione tra di loro non è connessa solo all’appartenenza allo stesso continente. Attualmente è anche legata al fatto che le due aree stanno facendo l’esperienza di un periodo di profonde trasformazioni strutturali. Il progresso del commercio e delle relazioni economiche tra gli Stati membri del COMECON e della CEE richiede l’intensificazione delle loro mutue relazioni monetarie e finanziarie.
Premesse favorevoli per stabilire una cooperazione tra i sistemi valutari del COMECON e della CEE si stanno formando per la presenza di una certa similarità o vicinanza delle loro caratteristiche peculiari. C’è una simmetria evidente delle strutture istituzionali di entrambi i raggruppamenti valutari: nel COMECON l’International Economic Cooperation Bank; nella CEE il Fondo europeo di cooperazione monetaria (FECOM). Entrambi sono dotati di alcune delle caratteristiche di una banca centrale. Istituzioni bancarie intese a finanziare lo sviluppo economico a medio e lungo termine sono state formate sia nel COMECON che nella CEE. Infine, ci sono sistemi di compensazione multilaterale in tutte e due le organizzazioni.
Le unità valutarie collettive dei due sistemi monetari — rublo trasferibile ed Ecu — devono la loro origine ad attività reali: nel primo caso si tratta di beni e servizi realizzati sul mercato; nel secondo caso si tratta di riserve centralizzate di oro e dollari. Mi sembra corretto prestare attenzione a una coincidenza considerevole tra la composizione del «paniere valutario» dell’Ecu e l’insieme di valute che vengono usate nel commercio tra paesi appartenenti ai due organismi europei. I rapporti di valore tra il rublo trasferibile e l’Ecu sono passibili di fluttuazioni molto minori, per esempio, del tasso di cambio dell’Ecu rispetto al dollaro. Ciò rende entrambe le valute comuni mezzi comparativamente convenienti per essere usati in transazioni reciproche.
Il problema delle forme possibili di interazione tra il rublo trasferibile e l’Ecu è analizzato a fondo dall’economista italiano A. lozzo[5]. Vorrei sostenere alcune considerazioni espresse da lui a questo proposito.
Emergono possibilità di utilizzare l’Ecu nelle transazioni fra le banche centrali e non dei paesi membri del COMECON e anche da parte della IECB, in particolare a causa del fatto che l’utilizzo di questa unità valutaria è cominciato nella circolazione commerciale e finanziaria privata dell’Occidente. Riguardo a ciò va detto che già da lungo tempo la IECB ha relazioni di corrispondenza ed effettua transazioni su depositi in valute convertibili, conti correnti e crediti con un gran numero di banche di paesi capitalisti, incluse numerose tra le maggiori istituzioni finanziarie dell’Europa occidentale. Le banche dei paesi membri del COMECON e la IECB potrebbero acquisire, insieme con le valute nazionali dei paesi occidentali, anche attività in Ecu ricevute come pagamenti per le forniture di beni il cui valore sarebbe espresso in questa unità valutaria.
Le banche centrali dei paesi membri del COMECON e la IECB hanno l’opportunità di avanzare richieste al FECOM perché conceda loro lo status di portatore di Ecu «come terza parte», come viene previsto nell’accordo sul Sistema monetario europeo, e di ricevere «Ecu ufficiali» dalle banche centrali dei paesi membri della CEE. Inoltre, le banche dei paesi membri del COMECON, che hanno sedi negli Stati membri della CEE, potrebbero associarsi alla Associazione bancaria sull’Ecu che annovera più di ottanta banche entro la CEE ed anche alla Banca dei regolamenti internazionali, che assicura il funzionamento del sistema di compensazione per le transazioni in Ecu. Se si provasse che quelle banche soddisfano determinati criteri, allora potrebbero entrare a far parte del sistema di compensazione — la possibilità di un tale sviluppo degli eventi deriva dal fatto che questo sistema è stato di recente allargato alle banche di paesi che non sono membri della CEE.
Ora, quali sono le probabili modalità d’utilizzo del rublo trasferibile in accordi di pagamento reciproci tra i paesi della CEE da un lato e i membri del COMECON e la IECB dall’altro? Evidentemente anche qui si può concepire in prospettiva una situazione in cui le banche dei paesi dell’Europa occidentale avranno l’opportunità di acquisire attività in rubli trasferibili e di usarli a loro discrezione per pagare le importazioni da qualsiasi paese membro del COMECON o per altri scopi. I paesi della CEE potrebbero alla fine diventare membri a pieno titolo della IECB, possibilità prevista nel suo statuto. Lo sviluppo di tali processi potrebbe condurre all’introduzione di certe forme di convertibilità del rublo trasferibile in Ecu. Il secondo passo logico è una definizione del tasso di cambio tra queste due unità valutarie.
Le condizioni dei rapporti fra il rublo trasferibile e l’Ecu dovrebbero evidentemente diventare oggetto di un accordo ufficiale tra le due organizzazioni. Tale accordo regolerebbe in particolare le modalità per effettuare gli interventi sul mercato monetario con lo scopo di mantenere il tasso di cambio fisso tra il rublo trasferibile e l’Ecu. Questo non esclude il fatto che gli Stati membri del COMECON e, in modo corrispondente, quelli della CEE, possano stabilire relazioni contrattuali indipendenti con le agenzie centrali e le istituzioni finanziarie congiunte dell’altra organizzazione. E’ evidente che relazioni di tale tipo non entrerebbero in conflitto con gli scopi e i principi su cui si sono accordati collettivamente gli Stati membri di ciascuna organizzazione.
Il raggiungimento di stabili relazioni monetarie e finanziarie tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest senza dubbio stimolerà il commercio e altre forme di cooperazione economica tra di loro. Allo stesso tempo queste interrelazioni rappresenterebbero un importante contributo al funzionamento del sistema valutario mondiale.
 
Le modalità di miglioramento del sistema monetario internazionale.
 
Evidentemente è venuto il momento in cui i paesi socialisti non possono più permettersi di non partecipare al processo di formazione del sistema monetario internazionale che essi pur utilizzano. Il funzionamento di questo sistema, stante anche il crescente coinvolgimento dei paesi socialisti nell’economia mondiale, e l’evoluzione della congiuntura economica mondiale (fluttuazione dei prezzi, dei tassi di interesse, dei tassi di cambio) esercitano un’influenza sempre maggiore su tali paesi.
Ora, quale sistema monetario vogliamo avere e quali sono gli obiettivi che l’Est e l’Ovest vorrebbero raggiungere?
Penso che sia quasi impossibile mettere in dubbio il fatto che il sistema monetario basato sul dollaro serve in primo luogo gli interessi degli Stati Uniti. Questo sistema dà loro l’opportunità di finanziare in modo estensivo le spese interne ed esterne attraverso fonti esterne. Ma un finanziamento di tale tipo non può che significare un trasferimento di valore dall’estero, cioè l’appropriazione di una parte del prodotto nazionale di altri paesi senza alcuna contropartita. Non è un caso che J. Rueff, l’eminente economista occidentale, abbia affermato a suo tempo che tale pratica «permette agli Stati Uniti di vivere a spese dei loro fornitori»[6]. In un tale contesto l’accumulazione di dollari all’estero costituisce un debito reale degli Stati Uniti verso il resto del mondo.
L’accumulazione all’estero di liquidità denominata in dollari rappresenta una stima approssimata della portata del «contributo» dato agli Stati Uniti da altri paesi. Nel periodo che va dal 1970 al 1986 la somma dei debiti verso enti governativi di altri paesi, delle obbligazioni delle banche americane classate presso privati all’estero e degli investimenti di questi ultimi in titoli del Tesoro americano è aumentata annualmente in media di 40,1 miliardi di dollari. Ma questo significa l’1,7% del livello annuo del prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti (a prezzi correnti) per lo stesso periodo. Se inoltre si prende in esame l’afflusso del capitale privato estero a breve termine negli Stati Uniti trascurato nelle statistiche (il suo importo è fondamentalmente definito nella voce «discrepanze statistiche» nella bilancia dei pagamenti) allora il risultato crescerebbe fino al 2,2% dell’ammontare medio del PNL[7].
Questa posizione singolare degli Stati Uniti fa sì che essi non sperimentino quelle difficoltà che incontrerebbero altri paesi in una situazione analoga. Sono preservati dalla necessità di preoccuparsi del «vincolo esterno» o, in altre parole, hanno il privilegio di avere «le deficit sans pleurs», secondo una elegante espressione di J. Rueff[8]. Perciò il sistema monetario internazionale basato sul dollar standard assicura significativi vantaggi unilaterali agli Stati Uniti a spese degli altri paesi. Questo spinge a sollevare la questione della sua ricostruzione e democratizzazione.
Quali alternative ci sono per il sistema del dollar standard? Esse sono praticamente due. Una consiste nella transizione a un sistema di pagamenti internazionali basati sull’uso di un’unità valutaria di riserva mondiale, l’altra in un consolidamento del policentrismo valutario, cioè, in un certo senso, di organismi valutari regionali separati che sarebbero formati sulla base di valute o collettive o nazionali.
Un avanzamento del concetto di internazionalizzazione del sistema delle riserve ufficiali, vale a dire un trasferimento del sistema monetario mondiale dalla base oro-dollaro alla base di una valuta collettiva, è legato prima di tutto al nome di R. Triffin[9], che ha sviluppato le idee che J.M. Keynes aveva espresso durante la seconda guerra mondiale. Secondo questa posizione, al Fondo monetario internazionale (o a qualsiasi altra istituzione che ne prenda il posto) dovrebbero essere attribuite le funzioni di banca centrale, che regoli l’importo e la composizione di riserve liquide, e, allo stesso tempo, di stanza di compensazione internazionale. Alla fine degli anni Sessanta, un tale approccio ha portato alla creazione del sistema dei «Diritti speciali di prelievo» (DSP).
La tendenza verso la creazione di una moneta internazionale di carattere universale è generata da un processo oggettivo di internazionalizzazione della produzione e degli scambi. La natura internazionale delle relazioni economiche mondiali è in conflitto con il carattere nazionale delle valute di riserva che servono ora tali relazioni. Ciò è peraltro giustificabile nella fase attuale poiché la comunità mondiale non è ancora matura, né dal punto di vista politico, né da quello sociale e psicologico, per introdurre un sistema di pagamenti internazionale che implichi l’uso di un mezzo «collettivo» di riserva e di pagamento comune a tutti i paesi.
Quanto detto spiega il fatto che la ricostruzione della sfera monetaria mondiale venga realizzata, nelle condizioni attuali, principalmente attraverso la sua diversificazione, vale a dire attraverso la formazione e il consolidamento di organismi monetari separati che restringono la sfera della circolazione del dollaro. Essi si basano o sull’appartenenza degli Stati membri alla stessa regione geografica o sulle interrelazioni dei sistemi socio-economici esistenti in quei paesi. Una formazione di tali organismi riflette anche la disuguaglianza nello sviluppo economico e politico del mondo contemporaneo, l’esistenza di contraddizioni tra interessi di diversi centri di potere economico.
La zona del dollaro — cioè un gruppo di paesi che «legano» le loro unità monetarie alla valuta americana — resta un elemento importante del sistema monetario internazionale. La zona dello yen giapponese, che è in fase di internazionalizzazione, è gradualmente consolidata nel Sud-Est asiatico. La quota dello yen nelle riserve valutarie ufficiali ha avuto un incremento dal 3,3% del 1978 al 6,9% del 1986[10]. Il Sistema monetario europeo rappresenta la forma più istituzionalizzata di questi raggruppamenti. Alcuni fra gli economisti occidentali concordano con l’opinione (espressa in particolare, durante una conversazione con me, dal professor A. Giovannini della Columbia University) che la realizzazione del progetto «Europa 1992», la formazione di un mercato interno completamente integrato entro la CEE, richiederebbe un’unificazione del sistema fiscale degli Stati membri, la formazione della Banca centrale dell’Europa occidentale e di una unità monetaria comune. Il sistema valutario degli Stati membri del COMECON è uno dei poli valutari del mondo contemporaneo. Unisce un gruppo di paesi simili dal punto di vista sociale.
Nelle condizioni attuali, sta diventando imminente la necessità di regolare le interrelazioni tra organismi monetari diversi e di stabilizzare i tassi di cambio delle unità valutarie che fanno parte di tali raggruppamenti. Una regolazione del meccanismo necessario a questo scopo potrebbe evidentemente diventare oggetto di speciali accordi internazionali.
E’ possibile supporre che il vero e proprio concetto di unità valutaria collettiva venga sperimentato a livello di formazioni valutarie integrate. Dal mio punto di vista, la logica della internazionalizzazione della vita economica indebolisce, alla fine, la possibilità che valute nazionali fungano da moneta mondiale. In questo contesto, non è casuale l’emergere di punti di vista come quello sostenuto da R. Cooper (Università di Harvard), che considera necessaria, in prospettiva, la formazione dell’unità monetaria universale non solo per i pagamenti internazionali, ma anche per la circolazione interna[11]. Il sistema monetario contemporaneo ha bisogno di un’«ancora» più stabile e più sicura del dollaro, esposto agli attacchi dell’inflazione all’interno del paese e ad improvvise e brusche fluttuazioni del tasso di cambio sui mercati internazionali. A questo proposito sono state fatte considerazioni circa il possibile «ancoraggio» del valore dei DSP a un certo «paniere di merci». La crescita del ruolo dei DSP potrebbe evidentemente essere favorita dalla loro introduzione nei pagamenti internazionali, da una garanzia del loro «riconoscimento» da parte dei partecipanti al mercato come mezzo competitivo e sicuro di investimento di riserve monetarie libere; il professar P. Kenen, dell’Università di Princeton, ha avanzato un tale tipo di proposta[12]. Perciò si pensa che in un modo o nell’altro emergerebbe la necessità di una transizione al sistema monetario internazionale basato sull’uso di un’unità monetaria comune.
La ricostruzione del sistema monetario internazionale senza dubbio non è cosa facile. In questo ambito è difficile aspettarsi un rapido progresso. Una partecipazione attiva dei paesi socialisti in questo processo favorirebbe la formazione di una sistema monetario in grado di riflettere adeguatamente e interamente il mondo contemporaneo. Allo stesso tempo sarebbe un fattore significativo per migliorare il clima politico internazionale e per aumentare la fiducia tra i paesi dell’Est e dell’Ovest.
 
 


* In questa rubrica vengono ospitati interventi che la redazione ritiene interessanti per il lettore, ma che non riflettono necessariamente l’orientamento della rivista.
[1] Materialy XXVII syezda Communisticheskoy partii Sovetskogo Soyuza, Mosca, Politizdat, 1986, pp. 20-21.
[2] Cfr. Materialy Plenuma Centralnogo Comiteta CPSS, 26-26 giugno 1987, Mosca, Politizdat, 1987, p. 101.
[3] Complexnaya Programma dalneyshego uglubleniya y sovershenstvovaniya sotrudnichestva y razvitiya socialisticheskoy economicheskoy integratsii stranchelov SEV, Mosca, Politizdat, 1971, pp. 50-51.
[4] Kommunist, n. 15, 1980, p. 104; Vneshnyaya torgovlya, n. 8, 1981, p. 46.
[5] Cfr. Alfonso Jozzo, «Ecu e rublo: verso un nuovo ordine monetario internazionale», in Il Federalista, XXX (1988), pp. 6-18.
[6] Cfr. J. Rueff, Le péché monétaire de l’Occident, Parigi, 1971, p. 264.
[7] Calcolato secondo la Survey of Current Business, Washington, D.C., giugno, 1986, pp. 42-43; marzo, 1987,p. 44; Economic Report of the President, Washington, D.C., 1987, p. 244.
[8] J. Rueff, op. cit., p. 23.
[9] Le idee di R. Triffin sono esposte, in particolare, nelle sue seguenti pubblicazioni: R. Triffin, «The Paper-Exchange Standard: 1971-19??», in P.A. Volcker, R.C. Btyant, L. Gleske et al., International Monetary Cooperation: Essay in Honor of Henry C. Wallich. Essays in International Finance, n. 169, Princeton University, New Jersey, 1987, pp. 70-85; R. Triffin, «W.M.S.: The World Monetaty System... or Scandal?», in The Future of the International Monetary System. Round Table Conference, 28-29 agosto 1986, Castello Sziràk, Ungheria. Edito da M. Szabò-Pelsöczi. Prefazione di R. Triffin. Istituto per l’economia mondiale dell’Accademia delle Scienze Ungherese, Budapest, 1988, pp. 69-90.
[10] International Monetary Fund. Annual Report 1987, Washington, D.C., 1987, p. 60.
[11] Cfr. R.N. Cooper, The International Monetary System. Essays in World Economics, Cambridge, Mass., The MIT Press, 1987, pp. 239-278.
[12] Cfr. P.B. Kenen, «Use of the SDR to Supplement or Substitute for Other Means of Finance», in George M. von Furstenberg, International Money and Credit. The Policy Roles, Washington, International Monetary Fund, 1983, pp. 327-360.

 

 

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