IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XXXI, 1989, Numero 3, Pagina 259

 

 

PROGETTO DI DOCUMENTO SULLA POLITICA ESTERA E DI SICUREZZA DELL’UNIONE EUROPEA*
 
 
Il XIV Congresso dell’UEF, in vista del rilancio del progetto di Unione europea, che è stato richiesto dal Parlamento europeo con l’approvazione definitiva del Rapporto Herman il 16.2.1989, e che è reso improrogabile dall’esigenza di dare un inquadramento democratico al progresso verso il completamento dell’integrazione economica europea, ritiene necessario che si apra una vasta e approfondita discussione sugli obiettivi e sugli strumenti della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. A tale scopo richiama l’attenzione sui seguenti punti.
 
1. L’umanità si trova di fronte a una svolta storica di ampiezza inaudita. La sua stessa sopravvivenza è in pericolo in conseguenza della capacità distruttiva raggiunta dagli armamenti, della sfida ecologica, della sfida del sottosviluppo, dell’interdipendenza economica globale non governata da un sistema politico efficace e giusto su scala mondiale.
Di fronte a questa situazione l’unica risposta valida è l’avvio della costruzione di un governo democratico mondiale di carattere federale. Solo in questo modo sarà possibile fondare la sicurezza di tutte le nazioni sul diritto invece che sulla forza ed eliminare l’enorme spreco di risorse legato alla corsa agli armamenti, realizzare un efficace controllo ecologico dello sviluppo economico, imporre la solidarietà fra paesi ricchi e poveri, così come i singoli Stati impongono la solidarietà fra regioni ricche e povere alloro interno. Il mondo è dunque diventato una comunità di destino e l’alternativa «unirsi o perire», messa in luce da Briand nel 1929 in riferimento all’Europa, e diventata la fondamentale forza di propulsione storica del processo di unificazione europea, riguarda ormai l’umanità nel suo insieme.
Di conseguenza, se è chiaro che il processo di unificazione mondiale non potrà non essere estremamente complesso e di lunga durata, dal momento che la costruzione di un sistema completamente sviluppato di governo democratico mondiale di natura federale ha la sua premessa nella generalizzazione su scala planetaria dei principi democratici, è altrettanto chiaro che l’avvio di questo processo non può essere rinviato a lungo.
D’altra parte, alla luce dell’esperienza dell’unificazione europea, è ragionevole attendersi che il fatto stesso di dare avvio al processo di unificazione mondiale cambierà in modo sostanziale il quadro generale della situazione mondiale, determinando una inversione di tendenza rispetto ai pericoli che gravano sulla sopravvivenza dell’umanità.
 
2. L’enormità della sfida di fronte a cui si trova l’umanità ha già prodotto una reazione positiva da parte delle superpotenze, sulle quali gravano ancora le maggiori responsabilità. La nuova fase della distensione da esse avviata sta in effetti facendo emergere la prospettiva di un avvio concreto del processo di unificazione dell’umanità. Questa prospettiva è legata fondamentalmente al fatto che, accanto a una concezione della distensione tradizionale, si sta facendo strada l’orientamento (che ha finora trovato in Gorbaciov il più autorevole sostenitore) verso una distensione innovativa, la cui realizzazione aprirebbe una nuova era nella politica mondiale.
La distensione tradizionale è quella che resta, come visione e come prassi, nel vecchio contesto della politica di potenza e della sicurezza fondata sulla forza, sia pure cercando di farla valere con moderazione e con prudenza, e di tenere conto non solo dei suoi aspetti militari, ma anche dei suoi aspetti economici, politici, culturali, morali, ecc. Il limite teorico e pratico di questo tipo di distensione è che non sa vedere né sviluppare, con nuove concezioni politiche e nuove istituzioni, ciò che vi è di radicalmente nuovo nell’evoluzione umana circa il fattore della forza nella determinazione della condotta politica. Non sa capire, in altre parole, che il rischio dell’olocausto nucleare, così come quello della catastrofe ecologica e dello scontro catastrofico fra il Nord e il Sud del mondo, impongono di considerare la pacificazione organizzata del genere umano, cioè l’eliminazione della politica di potenza, come il compito politico supremo della nostra epoca.
La distensione innovativa è quella che cerca di superare sin d’ora, per quanto è già possibile, la politica di potenza mediante la sostituzione della difesa tradizionale (difensiva e offensiva) con una difesa difensiva (incapacità strutturale di offendere) e, in correlazione con ciò, di fondare la sicurezza degli Stati sul perseguimento della sicurezza altrui mentre si provvede alla propria (sicurezza comune).
Il progresso verso questo tipo di distensione ha delle basi solide nel fatto che i governi, specie quelli che hanno le massime responsabilità nel mondo, devono affrontare il problema della sopravvivenza dell’umanità e, quindi, devono cercare di superare il sistema della politica di potenza, sia perché la sua prosecuzione porterebbe al suicidio collettivo, sia perché occorre trasferire risorse crescenti dalla corsa agli armamenti alla soluzione dei problemi ecologici, economico-sociali, del sottosviluppo.
D’altra parte, il progressivo realizzarsi di questo tipo di distensione rappresenterebbe una tappa fondamentale verso la costruzione del governo mondiale per due ragioni. Anzitutto, con il declino della politica di potenza e, quindi, della paura reciproca fra gli Stati, la spinta a collaborare pacificamente e perciò a unirsi progressivamente per affrontare i problemi comuni dell’umanità diventerebbe irresistibile. In secondo luogo, la drastica riduzione degli apparati militari eliminerebbe un fondamentale ostacolo al consolidamento e alla generalizzazione della democrazia su scala mondiale perché declinerebbero le implicazioni autoritarie del militarismo e aumenterebbero in modo sostanziale le risorse da destinare al progresso economico-sociale e, quindi, democratico.
 
3. Con l’istituzione dell’Unione europea l’Europa potrà fornire un contributo di importanza determinante al progresso verso l’unificazione mondiale.
Anzitutto essa darebbe all’umanità un esempio di eccezionale forza attrattiva. In Europa hanno visto la luce le grandi rivoluzioni della storia moderna: quella liberale, quella democratica, quella socialista. In Europa è nato lo Stato nazionale, che tanti imitatori ha avuto in tutto il mondo. Se ora gli Stati europei, che nella prima metà di questo secolo hanno scatenato le guerre più distruttive della storia, mostrassero che è possibile unirsi definitivamente in modo pacifico e democratico senza rinunciare all’indipendenza effettiva dei governi nazionali (il che è possibile con il sistema federale), essi favorirebbero processi analoghi nelle altre zone del mondo, in cui il problema dell’integrazione regionale è già all’ordine del giorno. D’altra parte, poiché il sistema di governo federale in grado di unire in modo irreversibile le nazioni d’Europa è lo stesso con il quale si potrà creare un efficace governo mondiale, il suo affermarsi in Europa indicherebbe con grande forza di convinzione la strada da percorrere su scala planetaria.
Al di là della funzione di modello, appare decisiva l’azione politica concreta che il governo europeo potrebbe svolgere a favore dell’unificazione mondiale e che avrebbe una base assai solida nella stessa ragion di Stato di una Europa unita. A questo riguardo occorre tener presente che la creazione di un governo sovrannazionale darebbe alla Comunità europea un peso internazionale incomparabilmente superiore a quello attuale, ma essa sarebbe spinta dalla forza dei suoi interessi concreti a utilizzare la sua capacità di influenza, ancor più nettamente di quanto già stanno facendo le superpotenze, a favore della distensione innovativa e della pace.
In effetti l’Europa sarebbe il teatro principale di un eventuale scontro fra le superpotenze e, di conseguenza, essa trarrebbe i vantaggi più diretti e immediati dall’eliminazione delle armi nucleari e dalla creazione di eserciti puramente difensivi, cioè da misure che renderebbero una guerra strutturalmente impossibile in questa regione. Inoltre in Europa la distensione innovativa comporterebbe il superamento dei blocchi, e quindi della divisione fra le due Europe e le due Germanie. Infine, poiché la Comunità europea è la più grande comunità commerciale del mondo, essa avrebbe un interesse particolarmente forte a creare, con una politica di distensione e di pace, le premesse di un grandioso sviluppo dei commerci e dell’interdipendenza economica su scala mondiale.
Pertanto ha un fondamento estremamente solido la speranza che la costruzione, attraverso l’Unione europea, di una politica estera e di sicurezza europee coincida con il processo di graduale superamento del principio stesso di una politica estera e di una politica di sicurezza particolari, coincida cioè con il processo di pacificazione organizzata del genere umano. In ogni caso, questo è l’orientamento che deve essere perseguito con ogni mezzo da parte degli Europei a cui stanno a cuore le sorti dell’umanità. Tenendo presente questo criterio, si possono individuare tre settori fondamentali, nei quali il contributo europeo alla politica di unificazione dell’umanità potrà esprimersi simultaneamente: i rapporti fra i blocchi, le integrazioni regionali, il rafforzamento dell’ONU e, in generale, delle strutture di cooperazione a livello mondiale.
 
4. In seguito al rilancio della distensione e alle iniziative della nuova dirigenza sovietica in direzione di una profonda riforma economica e politica nell’URSS e nell’Europa orientale è emersa nei rapporti fra i blocchi una situazione caratterizzata da grandi prospettive di cambiamento positivo, ma anche da grandi rischi. Da una parte esistono oggi prospettive reali di procedere verso la distensione innovativa, verso la democratizzazione degli Stati del blocco sovietico, e quindi verso il superamento dei blocchi e la creazione, al loro posto, di una «casa comune europea», la quale, secondo le affermazioni dello stesso Gorbaciov, dovrà comprendere, oltre a tutta l’Europa e all’URSS, anche gli Stati Uniti e il Canada. Dall’altra parte il processo di cambiamento in corso nel blocco sovietico potrebbe sboccare in una situazione prossima a una sua dissoluzione unilaterale, la quale rischierebbe fortemente di produrre un’inversione di tendenza nell’attuale politica sovietica o, comunque, una assai pericolosa battuta d’arresto.
Per affrontare nel modo più adeguato questa situazione contraddittoria, una Comunità europea capace di agire efficacemente come soggetto internazionale dovrà evitare ogni tentativo di indebolire unilateralmente il blocco sovietico attraverso il distacco da esso di singoli paesi dell’Europa orientale. E dovrà per contro proporre un grande disegno imperniato sulla dissoluzione concordata e bilaterale dei blocchi e sulla loro contemporanea sostituzione con una comunità di cooperazione e di sicurezza americano-europeo-sovietica, aperta agli altri Stati che vorranno aderirvi.
I contenuti fondamentali di questo disegno dovranno essere: sul piano della sicurezza, la eliminazione progressiva delle armi nucleari, la creazione di eserciti puramente difensivi, il ritiro delle truppe di USA e URSS dall’Europa occidentale e da quella orientale, la creazione, al posto delle alleanze militari contrapposte, di strutture comuni di sicurezza; sul piano economico, la riforma e l’integrazione economica fra i paesi del blocco sovietico accompagnata da una cooperazione sempre più profonda (anche riguardo ai problemi ecologici) e, quindi, da una progressiva integrazione fra Europa occidentale, Europa orientale, URSS e America del Nord; sul piano politico, la democratizzazione dei paesi del blocco sovietico e la progressiva creazione di istituzioni democratiche comuni a livello della comunità americano-europeo-sovietica, nel quadro delle quali i singoli paesi europei potranno a un certo punto decidere liberamente se aderire alla federazione europeo-occidentale, o a una federazione europeo-orientale, o alla federazione sovietica.
Il quadro istituzionale entro cui realizzare questo disegno potrebbe essere la trasformazione della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che comprende i tre «cesti» della sicurezza, della cooperazione economica e dei diritti umani, in una struttura istituzionale permanente. Essa dovrebbe essere fornita sin dall’inizio, sul modello del Consiglio d’Europa, di un Consiglio dei Ministri e di un’Assemblea formata dai delegati dei parlamenti degli Stati membri, e avere la possibilità di rafforzare progressivamente le istituzioni comuni onde adeguarle alle esigenze di una integrazione sempre più approfondita.
Questo disegno, che equivarrebbe alla creazione del «governo mondiale parziale» già sostenuto da Einstein, avrebbe assai concrete possibilità di essere accolto da parte dell’attuale dirigenza sovietica perché essa, per non perdere il proprio potere, deve portare avanti la sua linea di radicale rinnovamento all’interno del proprio blocco, ma nello stesso tempo ha un bisogno vitale di un quadro di cooperazione e di integrazione sovrannazionale, che sia in grado sia di aiutarla nel suo sforzo di rinnovamento, sia di tenere sotto controllo il pericolo di un crollo unilaterale della propria posizione di potere sul piano internazionale.
 
5. Lo sviluppo del processo di unificazione mondiale deve andare di pari passo con lo sviluppo delle unificazioni regionali. Anzitutto, solo entità politiche di dimensioni continentali e subcontinentali possono costituire i pilastri di un efficace governo mondiale. In secondo luogo, la creazione di vaste entità regionali integrate è una premessa indispensabile non solo della pacificazione di zone endemicamente instabili, ma altresì del loro sviluppo economico-sociale e, quindi, democratico.
Una Comunità europea trasformata in Unione federale potrà fornire un impulso decisivo in questa direzione. Essa potrà favorire il passaggio dall’attuale debole politica di aiuto allo sviluppo alla realizzazione — in stretta cooperazione con USA, Giappone e URSS e nel quadro di strutture di cooperazione mondiali — di un vero e proprio piano Marshall per il Terzo mondo, fondato su un organico collegamento fra un aiuto di dimensioni adeguate e lo sviluppo delle integrazioni regionali.
In modo particolare la Comunità dovrà impegnarsi a favore dell’integrazione regionale nel Medio Oriente e in Africa e di una cooperazione economica particolarmente intensa con queste aree. In questo quadro sarà infatti possibile affrontare in modo valido il conflitto palestinese-israeliano, la cui soluzione richiede un impegno europeo a garantire simultaneamente la sicurezza dello Stato israeliano, il diritto dei Palestinesi a un proprio Stato, uno sviluppo economico-sociale complessivo di quest’area, che elimini le radici degli estremismi politici e religiosi. In questo quadro sarà inoltre possibile creare le condizioni per dare alle popolazioni dell’Africa e del Medio Oriente condizioni umane di vita e di lavoro nei loro paesi e per tenere quindi sotto controllo il fenomeno dell’emigrazione, che rischia altrimenti di travolgere la stessa identità dell’Europa e, alla lunga, le sue istituzioni democratiche.
 
6. La situazione non è ancora matura per una riforma in senso federale dell’ONU, ma è certamente matura per il rafforzamento delle attuali strutture di cooperazione mondiale e per la creazione di nuove istituzioni di transizione, cioè di agenzie a carattere funzionale in grado di affrontare i problemi comuni dell’umanità.
Queste agenzie dovrebbero operare nei settori dell’aiuto allo sviluppo (al quale dovrebbero essere destinate risorse crescenti rese disponibili dal disarmo), del controllo del disarmo, della protezione dell’ambiente, della ricerca di energie alternative e del risparmio energetico, e così via. L’azione di queste istituzioni dovrà creare una crescente solidarietà tra gli Stati di tutto il mondo, rendere sempre più difficile il ricorso alle prove di forza nei conflitti internazionali e far maturare le condizioni per la progressiva trasformazione dell’ONU in un governo democratico mondiale.
Rispetto a questa evoluzione la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea potrà svolgere un ruolo decisivo. Da essa dipende infatti in larghissima misura il progresso verso la distensione innovativa e la conseguente costruzione di un governo mondiale parziale fra le aree forti del mondo, il quale potrà costituire il fattore fondamentale di impulso allo sviluppo e al rafforzamento delle istituzioni mondiali globali. Ciò non significa che l’Europa e le altre aree forti dovranno esercitare un primato rispetto agli altri popoli. Se la distensione innovativa si svilupperà, ad uno ad uno tutti i nodi del processo di unificazione del genere umano verranno al pettine, e a volta a volta ciascuno Stato giocherà un ruolo strategicamente decisivo, fino al momento nel quale tutti i popoli della Terra non avranno raggiunto, con la situazione della pace perpetua nell’uguaglianza, l’ordine della ragione.
 
7. L’attuazione da parte della Comunità europea di una politica estera e di sicurezza in grado di contribuire in modo determinante alla politica di unificazione mondiale presuppone l’istituzione dell’Unione europea, cioè di un sistema istituzionale democratico e federale, attraverso il quale venga eliminato il diritto di veto nazionale non solo nel settore dell’unificazione economica e monetaria, ma anche, sia pure gradualmente, nei settori della politica estera e di sicurezza.
Ciò appare necessario anzitutto per la ragione ovvia che una politica estera e di sicurezza a livello europeo organizzata con il metodo intergovernativo, oltre a essere inefficiente, renderebbe insopportabile il deficit democratico già esistente nelle istituzioni comunitarie.
Ma c’è un’altra ragione di grandissima rilevanza. Una politica di sicurezza europea non inquadrata da un sistema democratico sovrannazionale e non collegata organicamente allo sviluppo dell’integrazione politica ed economica è destinata a privilegiare gli aspetti puramente militari della sicurezza rispetto a quelli politici ed economici, che consistono nella capacità di contribuire attivamente al superamento delle radici politiche ed economiche delle tensioni internazionali e di consolidare, in tal modo, le premesse di una efficace politica di unificazione mondiale. In particolare, l’approccio intergovernativo alla sicurezza europea favorisce la tendenza ad aumentare, invece che a diminuire, gli armamenti, per cercare di compensare sul terreno della forza militare l’incapacità di realizzare una integrazione completa, democratica ed efficiente. Da ciò non può che derivare un ostacolo rispetto alla distensione e al disarmo. Anche per questa ragione si deve puntare su un rilancio in tempi ristretti dell’Unione europea e accettare una politica dei piccoli passi, nell’integrazione delle politiche estere e di sicurezza, solo nella misura in cui essi procedano in parallelo con il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo. In questo quadro può essere vista positivamente, come misura immediata e transitoria in attesa di giungere all’Unione europea, una fusione fra l’Assemblea dell’UEO e il Parlamento europeo.
 
8. La lotta per un’Unione europea, la cui politica estera e di sicurezza sia uno strumento fondamentale della politica di unificazione mondiale, richiede da parte dei federalisti che essi sappiano rendere visibile il collegamento fra unificazione regionale e unificazione mondiale nelle stesse concrete modalità della loro organizzazione e della loro azione.
Perciò è anzitutto indispensabile la creazione di una efficace organizzazione dei federalisti sul piano mondiale e quindi la trasformazione dell’UEF nella sezione europea del Movimento federalista mondiale. Questo movimento dovrà giungere al più presto a elaborare un manifesto mondiale dei federalisti che indichi l’obiettivo ultimo e gli obiettivi transitori e parziali da perseguire ai vari livelli (integrazioni regionali, governo mondiale parziale, rafforzamento dell’ONU e delle strutture di cooperazione mondiale).
Infine si dovrà dare vita a un’azione comune sul piano mondiale in grado di coinvolgere gradualmente tutte le forze mobilitabili per la salvezza e l’unificazione dell’umanità. Essa potrebbe configurarsi come una «campagna per l’organizzazione della pace, della sopravvivenza e del progresso dell’umanità», in grado di unificare visibilmente in un disegno e in un impegno comuni e simultanei le azioni condotte dai federalisti e dai loro alleati in tutto il mondo e ai diversi livelli. La campagna per la democrazia europea dovrebbe, tendenzialmente, diventare un’articolazione di questa campagna più generale e globale.
 
Sergio Pistone
 
 


* Documento presentato al XIV Congresso dell’UEF (Bruxelles, 7-9 aprile 1989).

 

 

 

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