IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XLII, 2000, Numero 3, Pagina 196

 

 

NATURA E SEDE DELLA SOVRANITA’
 
 
La differenza, peraltro molto importante, tra federazione e confederazione è stata bene analizzata da Francesco Rossolillo nell’editoriale dell’ultimo numero della rivista. Le caratteristiche insoddisfacenti della confederazione — la sua quasi completa incapacità di agire e il suo deficit democratico — possono essere superate, egli scrive, grazie all’instaurazione di una vera federazione, sostituendo «la cooperazione intergovernativa con il metodo della formazione democratica della volontà politica, cioè con la creazione di un potere che, nei settori di sua competenza, venga controllato dai cittadini».
L’approfondimento di questo concetto ci pone di fronte ad alcune difficoltà riguardanti il significato dei termini «sovranità» e «Stato nazionale». Si tratta di difficoltà che possono dipendere sia da ambiguità nelle definizioni che da effettive differenze nei punti di vista. La sovranità viene talora definita come un potere originario di ultima istanza, mentre in altri casi il termine viene usato per denotare anche poteri derivati, delegati dai cittadini a un governo. Il termine «Stato nazionale» può indicare soltanto i cittadini, o soltanto il governo, o le due cose insieme. Quando qualcuno usa il termine «nazione sovrana» pensando al suo governo egli sembra intendere «nazione indipendente».
Sembra utile, sia da un punto di vista filosofico che da un punto di vista pragmatico, partire dal presupposto che la sovranità risieda soltanto nel popolo, o individualmente (come nel caso dei diritti umani) o collettivamente (come quando ci si riferisce al corpo elettorale come entità attiva). L’inclusione nella definizione dell’avverbio «soltanto» implica che l’autorità ultima in cui consiste la sovranità (quantomeno nelle democrazie) non è trasferibile, mentre il popolo sovrano trasferisce volontariamente alcuni «poteri delegati» (non la sovranità) a suoi rappresentanti perché esercitino delle funzioni di governo. Se ne concludere che nessun governo possiede qual che sia forma di sovranità. Se si accetta questo concetto, se ne può concludere che lo stesso Stato nazionale, se è pensato come governo, non ha alcuna sovranità. Mentre lo Stato nazionale è sovrano se il termine si applica esclusivamente ai suoi cittadini.
Tra coloro che hanno ritenuto che la sovranità sia un diritto originario e risieda soltanto nel popolo si possono citare John Locke, Emmanuel Siéyès, Thomas Paine, James Wilson, James Madison e George Mason. Malgrado una possibilità suggerita da Mario Albertini[1] sembra improbabile che gli ultimi tre, così come altri fondatori della Costituzione degli Stati Uniti si siano mai posti il problema di come dividere la sovranità tra la Federazione e gli Stati membri. Essi credevano al contrario che la sovranità risiedesse per natura indivisamente nel popolo, e che il loro compito fosse quello di dividere tra la Federazione e Stati membri qualcosa di affatto diverso, cioè poteri secondari delegati.
Nella situazione europea presa in esame da Joschka Fischer, «la volontà politica di fondare il nucleo federale», consiglia prudentemente Rossolillo, «deve essere accompagnata dalla chiara consapevolezza della natura della posta in gioco, e delle sue implicazioni istituzionali». Il luogo nel quale queste proposte dovrebbero trovare la loro collocazione sembrerebbe essere una Costituzione scritta redatta da una Convenzione costituzionale. I leaders degli Stati nazionali europei dovrebbero certamente esservi, ma dovrebbero farne parte, forse in forza di un’elezione popolare, anche altri leaders, che rappresentassero tutti gli aspetti della società. E perché non anche qualche personalità proveniente dagli Stati Uniti, dal Canada e da altre democrazie? Alla fine, il testo della Costituzione dovrebbe essere sottoposto per referendum ai cittadini sovrani in ogni paese per approvarlo e dargli una sanzione legale.
 
Allan Matthews


[1] M. Albertini, «il Federalismo», in Il Federalista, XLII (2000) pp. 79-86.

 

 

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