IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XXXII, 1990, Numero 1 - Pagina 33

 

 

RIFLESSIONI SULLA CASA COMUNE EUROPEA
 
 
Il periodo del dopoguerra si è concluso. L’ordine internazionale, che ha governato il mondo dalla fine della seconda guerra mondiale, sta subendo un declino irreversibile. Una nuova era è cominciata nella politica mondiale. La cooperazione sostituisce l’antagonismo. Il disarmo prende il posto della corsa agli armamenti. E tutto ciò è merito del nuovo pensiero strategico sovietico, che è stato, almeno in parte, accettato dal governo degli Stati Uniti.
Questa nuova tendenza non è soltanto effetto della buona volontà, ma soprattutto di una necessità. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica non possono continuare a sopportare il peso della corsa agli armamenti e del confronto militare. La base di questa nuova tendenza è la contraddizione tra la dimensione nazionale del potere politico e l’internazionalizzazione del processo produttivo.
Da una parte, l’interdipendenza riflette bisogni oggettivi, che sono vitali per la sopravvivenza dell’umanità: la sicurezza dalla minaccia nucleare, la protezione dell’ambiente, il superamento del sottosviluppo del Terzo mondo. Questi problemi globali esigono un alto livello di cooperazione in aree specifiche per risolvere problemi comuni.
D’altra parte, lo Stato sovrano è diventato incapace di risolvere da solo i problemi che hanno una dimensione internazionale. Di conseguenza, gli Stati sono costretti a cooperare. «Unirsi o perire», disse Aristide Briand nel periodo tra le due guerre, riferendosi agli Stati-nazione europei. Questa frase si adatta ora alle superpotenze. La crisi dello Stato sovrano è, in sostanza, la radice del processo di distensione, della cooperazione internazionale ed è la premessa dell’unificazione mondiale.
 
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L’Europa è il laboratorio di questo processo.
L’Europa fu il campo di battaglia delle due guerre mondiali. In
Europa c’è la più grande concentrazione di truppe e di armamenti. L’Europa è il baricentro dell’equilibrio di potere tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Un successo della distensione tra Est ed Ovest e della cooperazione internazionale in Europa avrà un significato universale. Qui il nuovo modello della sicurezza reciproca (basato su un sistema di difesa non offensiva) dovrà mostrare la propria capacità di superare il conflitto Est-Ovest e di consentire lo smantellamento dei blocchi.
L’Europa è il terreno dove l’interdipendenza e la crisi dello Stato-nazione hanno avviato un processo di unificazione tra nazioni a partire dalla fine della seconda guerra mondiale e dove sono state sperimentate nuove istituzioni per controllare questo processo.
Questo processo è più ampio dell’Europa. Esso interessa tutte le altre regioni del mondo dove lo Stato non ha ancora raggiunto la dimensione continentale (Africa, mondo arabo, America latina, ecc.). Ma la Comunità europea è un modello, perché ha raggiunto lo stadio più avanzato nel processo di unificazione.
Nello stesso tempo, il processo di democratizzazione, che determina il cambiamento dei regimi politici in Unione Sovietica e nell’Europa orientale, esercita una forte influenza sulla politica mondiale. La contrapposizione tra comunismo e democrazia è in via di superamento, così come il conflitto tra Est ed Ovest, e particolarmente tra Europa occidentale e orientale.
Mentre la prospettiva di trasformazione della Comunità europea in un’Unione economica, monetaria e politica si sta avvicinando, un nuovo e più ampio processo di unificazione si sta avviando. Il disegno di una Casa comune europea, che includa gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, apre nuove grandi prospettive: il superamento della divisione tra le due metà dell’Europa, lo smantellamento della cortina di ferro e dei blocchi militari, la sperimentazione di un nuovo ordine internazionale in Europa, basato su un modello cooperativo nelle relazioni internazionali.
La partecipazione delle superpotenze (e in particolare degli Stati Uniti, che non sono un paese europeo, e dell’Unione Sovietica, che è una potenza europea ed asiatica) è una condizione essenziale per dare solide fondamenta alla Casa comune europea. Il fatto è che dipende soprattutto da esse la smilitarizzazione delle relazioni Est-Ovest (cioè la trasformazione dei blocchi militari in alleanze politiche), intesa come punto di partenza per lo sviluppo della cooperazione paneuropea.
Bisogna sottolineare che il disarmo è la premessa della cooperazione economica. L’analogia con l’unificazione europea è istruttiva: la formazione di uno spazio economico unificato è stata la conseguenza della fine degli antagonismi militari tra gli Stati, dovuta all’egemonia americana sull’Europa occidentale. Ciò significa che la Casa comune europea sarà innanzitutto la Casa della sicurezza comune. Sarà l’istituzionalizzazione del processo di Helsinki. Questa è la ragione per cui il Giappone non è incluso nella Casa comune europea. Esso è disarmato. Quindi ha già soddisfatto le condizioni per inserirsi nel nuovo sistema di sicurezza universale. Mentre è assolutamente necessario farlo partecipare alla formulazione dei progetti per creare un giusto ordine economico internazionale.
La cooperazione economica, che è necessaria a creare questo nuovo ordine internazionale, potrà svilupparsi sulla base della convergenza delle ragion di Stato delle superpotenze. La cooperazione e l’integrazione riguarderanno, in primo luogo, la CEE e il Comecon. Ma le economie dei paesi dell’Est non sono ancora preparate ad affrontare il mercato mondiale. Prima il Comecon dovrà diventare un’area di libero scambio e riformare le sue strutture sul modello della CEE, per rendere possibile una più stretta integrazione. In un mondo nel quale i grandi mercati rappresentano una condizione indispensabile per partecipare alla nuova fase dello sviluppo economico non esiste una via nazionale alla perestrojka. Il primo obiettivo da perseguire in questa direzione è quello di fondare gli scambi tra i paesi del Comecon sui prezzi mondiali e i pagamenti su valute convertibili. Il Primo Ministro dell’Unione Sovietica ha proposto di introdurre queste nuove regole a partire dal 1991.
D’altra parte, la CEE, per coordinare in un quadro globale le proprie relazioni economiche con il Comecon e favorire le riforme e lo sviluppo in Europa orientale, ha proposto di istituire una Banca per la ricostruzione e lo sviluppo. Ma non c’è dubbio che l’unione monetaria europea e l’uso dell’Ecu come moneta comune costituiranno un fattore decisivo per favorire l’apertura del Comecon al mercato mondiale e creare le condizioni economiche per la costruzione della Casa comune europea.
 
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Ma il superamento del vecchio ordine internazionale concepito a Yalta nasconde un serio pericolo: la rinascita del nazionalismo.
Come sempre avviene nella transizione da un vecchio ad un nuovo ordine politico, emergono forze che vogliono far girare indietro la ruota della storia. Le forze del nazionalismo rialzano la testa. Esse sono all’opera dovunque. Esse cercano di sfruttare lo spazio aperto dalla distensione.
La guerra fredda e l’antagonismo tra i blocchi hanno rappresentato un fattore di coesione delle alleanze e degli Stati che oggi non esiste più. C’è un’analogia tra la situazione attuale e l’epoca della prima guerra mondiale, quando gli imperi multinazionali si disgregarono e l’Europa cadde nell’anarchia nazionalistica, la premessa della seconda guerra mondiale. Oggi il pericolo più grave è rappresentato dalla disgregazione del Patto di Varsavia e degli Stati multinazionali, come l’Unione Sovietica o la Jugoslavia. La vittoria del nazionalismo comporterebbe la caduta dell’Europa nel caos e nuove sanguinose tragedie nel vecchio continente.
L’epicentro di questo terremoto è localizzato in Germania. Il mondo ha assistito con gioia al crollo del muro di Berlino, ma, nello stesso tempo, segue con ansia il drammatico evolvere degli eventi di questo paese e ascolta con turbamento il coro sempre più numeroso di voci che evocano il fantasma dell’inevitabilità della riunificazione tedesca. Il problema è all’ordine del giorno e una soluzione non può essere rinviata, perché il nuovo assetto della Germania è la chiave di volta del nuovo ordine mondiale che sta sorgendo in Europa. E ciò significa che il problema della dimensione e del potere della Germania, che determinò la crisi dell’equilibrio europeo delle potenze e produsse le guerre mondiali, risorge ancora una volta.
La creazione di uno Stato grande e potente al centro dell’Europa potrebbe dare alla Germania occidentale l’illusione dell’indipendenza, che finora essa ha ricercato nell’unificazione europea. Una Germania unificata potrebbe diventare un’alternativa all’unificazione europea.
Se il principio della fusione dello Stato con la nazione prevarrà contro il principio dell’organizzazione di Stati multinazionali e del federalismo, l’unificazione delle due Germanie sarà soltanto il punto di partenza di più ampie rivendicazioni di confine, che sono destinate a sconvolgere la carta geografica dell’Europa. Infatti, nella Germania occidentale si sono alzate voci sempre più insistenti, che rivendicano territori situati a Est del confine dell’Oder-Neisse, che appartengono alla Polonia. Se prevale il nazionalismo, possiamo essere sicuri che verranno altre rivendicazioni territoriali. Infatti, ci sono comunità tedesche in Cecoslovacchia, in Ungheria, in Romania, in Svizzera, in Italia, in Francia, in Belgio, persino in Unione Sovietica e un intero Stato sovrano, l’Austria, appartiene alla «nazione tedesca».
Tutto ciò comporterebbe la disgregazione dell’Europa. Questa minaccia riguarda anche la Comunità europea. Da una parte c’è un indebolimento dell’egemonia americana, cui non corrisponde ancora una coesione della Comunità europea abbastanza forte da estirpare per sempre il nazionalismo. D’altra parte, l’unificazione europea è (ed è stata concepita in questo modo fin dall’inizio) la sola alternativa al militarismo e al nazionalismo tedesco.
La soluzione del problema della riunificazione tedesca non sta nella fusione dei due Stati tedeschi e nella creazione di uno Stato-nazione tedesco. Per il momento le relazioni intertedesche possono essere regolate dalla proposta «comunità contrattuale», cioè dalla coesistenza pacifica dei due Stati tedeschi, legati da un vincolo confederale nel campo economico e monetario, che potrebbe consentire il mantenimento degli attuali confini e delle rispettive alleanze nel quadro della costruzione della Casa comune europea.
Naturalmente tutto ciò non elimina la questione della struttura definitiva della riunificazione tedesca. Se il passato deve essere superato, la priorità deve essere data all’unificazione europea. Il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, che si è svolto a Strasburgo l’8-9 dicembre 1989, ha definito il quadro di riferimento del processo di riunificazione della Germania: la Comunità europea e la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione europea. In questo quadro, la riunificazione tedesca non sarà il risultato della divisione e della contrapposizione tra gli Stati, ma sarà il frutto di un processo di unificazione e di pacificazione.
Le relazioni tra le due Germanie potrebbero addirittura diventare un modello e uno stimolo per l’intero processo di avvicinamento e di integrazione tra le due Europe. Se infatti nelle due Germanie si realizzasse in tempi brevi un’accelerazione del processo di disarmo e un accordo sul ritiro delle truppe straniere, si creerebbero le condizioni per avviare il processo di integrazione economica, che sarebbe facilitato dal fatto che la RDT è già quasi il tredicesimo Stato-membro della CEE. In questa prospettiva, Berlino, che è stata il simbolo della divisione dell’Europa, potrebbe diventare la capitale della Casa comune europea.
 
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Vorrei ora prendere in esame i limiti del disegno della Casa comune europea alla luce del punto di vista federalista.
Per quanto riguarda la sua natura istituzionale, il progetto ha un chiaro carattere confederale. In altri termini, ha una struttura tale che non permette di eliminare l’ineguale distribuzione del potere tra le superpotenze e i loro alleati. In un sistema di Stati indipendenti e sovrani non c’è spazio per l’uguaglianza tra Stati grandi e piccoli, perché la forza, e non un giudice imparziale, decide nelle relazioni internazionali.
Al contrario, le istituzioni federali rappresentano il solo mezzo per realizzare la libertà e l’uguaglianza tra Stati sovrani, perché esse permettono di garantire questi valori in un quadro legale. Non esiste altro metodo democratico diverso dal federalismo per creare nuovi poteri sia a livello regionale, sia a livello mondiale.
Ne consegue che, per quanto sia indebolita, l’egemonia degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica sull’Europa può essere superata definitivamente solo dalla Federazione europea. L’unificazione del popolo tedesco, senza la creazione di uno Stato-nazione tedesco, può realizzarsi nel quadro dell’allargamento della Federazione europea all’Europa orientale.
E’ vero che l’Unione Sovietica ha abbandonato la dottrina della sovranità limitata e ha sostenuto questa scelta con il ritiro delle sue truppe dall’Afghanistan. Inoltre ha accettato che un leader di Solidarnosc diventasse capo del governo in Polonia, a condizione che non fosse messa in discussione l’appartenenza di questo Stato al Patto di Varsavia. Ma è innegabile che i cambiamenti in corso in Unione Sovietica inevitabilmente hanno un’influenza sugli altri paesi socialisti. Lo stimolo alle riforme economiche e politiche in Europa orientale viene dall’Unione Sovietica. L’opposto non è vero, come è illustrato dai piani di riforma elaborati alla periferia del blocco comunista, nella RDT nel 1953, in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968 e in Polonia nel 1981. Essi fallirono perché incontrarono l’opposizione dell’Unione Sovietica.
 
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L’obiezione più usuale che è mossa contro la proposta della Casa comune europea è che si tratta di un progetto che si propone di raggruppare i paesi ricchi ed esclude il Terzo mondo. E’ un’obiezione fondata, come è messo in luce dal pericolo che il piano di aiuti per l’Europa orientale possa pregiudicare l’aiuto al Terzo mondo.
Ciò significa che il disegno della Casa comune europea non deve essere orientato contro nessun altro paese, ma deve essere collocato nel quadro della costruzione della pace mondiale attraverso il rafforzamento delle Nazioni Unite. Il fine della Casa comune europea non deve essere quello di separare l’Europa dal mondo, ma di muoversi nella direzione dell’unificazione mondiale.
In primo luogo, bisogna considerare che, se l’Europa (il campo di battaglia delle guerre mondiali e della guerra fredda) diventa il terreno della costruzione della pace attraverso la pratica della fiducia e della cooperazione, la storia del mondo cambierà il suo corso. Se la tendenza alla cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica prevarrà sulla tendenza all’antagonismo, la situazione del mondo migliorerà. La cooperazione russo-americana è la condizione del rafforzamento delle Nazioni Unite. E se l’ONU giocherà un ruolo più importante, si accrescerà il suo potere di prevenire la guerra e gli Stati più deboli avranno una migliore protezione dei loro diritti.
D’altra parte, la cooperazione Nord-Sud dovrà essere sostanzialmente migliorata, se una delle più serie minacce alla pace dovrà essere eliminata: l’ingiusto ordine economico internazionale, che assegna il 20% della ricchezza prodotta nel mondo all’80% della popolazione mondiale. Solo con il disarmo un’immensa quantità di risorse diventerà disponibile per l’aiuto allo sviluppo (e per la protezione dell’ambiente).
In secondo luogo, se la cooperazione Est-Ovest è una condizione necessaria per la costruzione di un mondo pacifico, non è tuttavia una condizione sufficiente. Per esempio, persino il primo stadio del disarmo (che riguarda le armi di distruzione di massa) sarebbe impossibile senza l’accordo del Terzo mondo. Infatti il Terzo mondo non è disponibile a rinunciare alle armi chimiche senza una simultanea distruzione delle armi nucleari. Questa considerazione si applica ugualmente a tutti gli altri problemi globali, che non possono trovare una soluzione adeguata nel quadro della Casa comune europea, cioè senza la partecipazione del Terzo mondo: la formazione di un nuovo ordine economico e monetario internazionale, la protezione dell’ambiente, la riforma istituzionale dell’ONU e così via. Il disegno della Casa comune europea è la suggestiva proposta di una nuova prospettiva, piuttosto che un preciso progetto istituzionale. Tuttavia, mi pare che esso contenga l’idea guida per formulare ipotesi sulla transizione verso un governo mondiale. La formula di Einstein di un governo mondiale parziale, che si riferiva all’esigenza di un nucleo di Stati abbastanza forte da coinvolgere gradualmente il resto del mondo nell’unificazione del pianeta, può essere collegata all’idea della Casa comune europea. D’altra parte, la lezione dell’unificazione europea insegna che la riconciliazione tra Francia e Germania (i nemici di tante guerre) fu il punto di partenza del processo di integrazione. Il fatto è che l’asse franco-tedesco giocò il ruolo di locomotiva dell’unificazione europea. Inoltre la Comunità europea cominciò tra sei Stati e ora ne raggruppa dodici. Ciò significa che oggi solo una parte dell’Europa occidentale è stata coinvolta nel processo di unificazione. Analogamente, la riconciliazione russo-americana può essere concepita come il punto di partenza dell’unificazione mondiale e l’asse russo-americano può giocare il ruolo di locomotiva dell’unificazione mondiale, perché, all’inizio del processo, non tutti gli Stati sono preparati a parteciparvi.
 
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Ora vorrei considerare il ruolo della Comunità europea nella costruzione della Casa comune europea.
Il modello della Comunità europea ha fortemente incoraggiato il cambiamento in Europa orientale, nei confronti della quale ha avuto la funzione di punto di riferimento e di polo d’attrazione. Ma il rafforzamento della Comunità europea e la sua trasformazione in una Federazione europea darà all’Europa una più ampia influenza internazionale. Questo rappresenta il migliore aiuto al successo della perestrojka. Uno Stato europeo potrebbe svolgere un ruolo mediatore nel sistema mondiale degli Stati. Si emanciperà dall’egemonia degli Stati Uniti e diventerà un ponte tra Est e Ovest. Non si presenterà come l’antitesi del comunismo, ma come il tentativo di conciliare democrazia e socialismo. Potrà frenare le tendenze secessionistiche dei paesi del Patto di Varsavia. Diventerà l’alternativa vivente al modello del nazionalismo. Mostrerà che le nazioni possono coesistere pacificamente in un quadro federale. Offrirà infine un modello per la stessa ristrutturazione in senso federale dell’Unione Sovietica.
Qual è la lezione che possiamo trarre dai cambiamenti rivoluzionari che sono in corso nell’Europa orientale? Bisogna rafforzare la costruzione politica dell’unità dell’Europa occidentale. Alla tendenza alla disgregazione del Patto di Varsavia deve corrispondere la formazione di un nuovo ordine politico basato sulla democrazia internazionale.
La NATO e la Comunità europea non devono cadere nella tentazione di trarre vantaggi politici e strategici dai cambiamenti che avvengono all’Est e soprattutto devono rifiutare fermamente l’idea di attrarre l’Europa orientale nella propria orbita. Ciò apparirebbe come una sfida al Patto di Varsavia, che potrebbe minacciare il processo di riforma nell’Europa orientale.
Al contrario, il problema è la convergenza tra le due Europe. L’unificazione europea si sviluppa nel quadro di molti cerchi concentrici. Il nucleo duro è composto dai dodici paesi della Comunità europea, che sta evolvendo verso l’Unione economica, monetaria e politica. Essa è divisa tra gli Stati impegnati a perseguire questo obiettivo e quelli contrari, come il Regno Unito.
Il secondo cerchio è composto dai sei paesi dell’EFTA, la zona di libero scambio con la quale la CEE si sta preparando, in vista della scadenza del 1992, a rinegoziare le relazioni commerciali, al fine di creare uno «spazio economico europeo», nel quale le merci, i servizi, i capitali e le persone possano circolare liberamente. E’ noto che alcuni paesi dell’EFTA, come l’Austria e la Norvegia, aspirano a entrare nella CEE. Aspirazione che è condivisa anche da paesi che non fanno parte di questa area, come la Turchia.
Il terzo cerchio è formato dal Consiglio d’Europa, che ora raggruppa tutti i ventitrè paesi democratici dell’Europa occidentale, che cooperano nel campo della tutela dei diritti umani, della cultura e della protezione dell’ambiente. Questa organizzazione conosce oggi un nuovo dinamismo. Essa tende a promuovere lo sviluppo delle relazioni tra Est e Ovest e ad aprire le proprie istituzioni ai paesi dell’Europa orientale, che hanno avviato un processo di democratizzazione. Alcuni di essi (Ungheria, Polonia e Jugoslavia) hanno chiesto di aderire al Consiglio d’Europa e la stessa Unione Sovietica, che partecipa già in qualità di osservatrice ai lavori dell’Assemblea consultiva con una delegazione di parlamentari, potrebbe presto diventarne membro a pieno titolo.
Il quarto cerchio è formato dai trentacinque paesi che partecipano alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (il cosiddetto processo di Helsinki), cioè l’Europa occidentale ed orientale, l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti e il Canada. La costruzione di un nuovo sistema di relazioni internazionali, basato sulla fiducia reciproca e adatto a promuovere il disarmo, ha creato un quadro nel quale la cooperazione tra Est e Ovest può svilupparsi e la democrazia estendersi. Questo è il quadro nel quale, secondo Gorbaciov, la divisione tra le due metà dell’Europa può essere superata per costruirvi la Casa comune europea.
La prospettiva della creazione di una federazione in Europa occidentale e la perestrojka in Europa orientale mostrano che l’Europa ha di nuovo una posizione centrale nella politica mondiale. L’Europa può diventare il punto di partenza di un processo di unificazione che interessa tutto il mondo, anche se limitato per ora a un continente, e il modello di un nuovo ordine mondiale basato sulla democrazia internazionale. In altri termini, la Casa comune europea può essere intesa come il laboratorio dell’unificazione mondiale.
 
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L’obiettivo della Casa comune europea non costituisce un aspetto secondario della perestrojka. E’ invece un elemento decisivo della definizione del senso di questo progetto politico.
La costruzione della Casa comune europea rappresenta la risposta a una grande sfida della storia: dimostrare la possibilità di superare la frattura, formatasi in Europa con la rivoluzione russa, tra il sistema dei paesi democratici ad economia capitalistica e il sistema dei paesi socialisti.
Questo processo indica una direzione di marcia, che non comporta la negazione delle rispettive differenze tra i paesi dell’Est e quelli dell’Ovest, ma si muove verso la graduale riduzione di esse. La reciproca influenza tra i due sistemi si è manifestata fin dall’epoca in cui vivevano isolati e divisi da tensioni e ostilità. E questo riguarda soprattutto la penetrazione di elementi di socialismo nel tessuto delle società dell’Europa occidentale. Ma oggi la perestrojka è senza dubbio espressione dell’esigenza di riformare il sistema socialista sulla base dei principi della democrazia e dell’economia di mercato.
La logica bipolare dei blocchi contrapposti ha fatto coincidere la democrazia con il capitalismo e il socialismo con lo stalinismo, ha impedito ogni possibilità di conciliare democrazia e socialismo e ha chiuso lo spazio alle posizioni intermedie.
Il progetto di creare forme sempre più strette di convivenza politica fra le due Europe permetterà di realizzare un esperimento che non ha precedenti nella storia: il tentativo di far coesistere in pace Stati con sistemi economici e sociali differenti, senza privarli della loro autonomia, alla sola condizione che abbiano tutti un’economia di mercato e istituzioni democratiche.
Nello stesso tempo, questo progetto rappresenterà un potente stimolo al rinnovamento del federalismo e una sfida per la sua capacità di affrontare i nuovi problemi del mondo contemporaneo: la creazione di un nuovo modello di sviluppo, basato su una programmazione globale e articolata, sulla democrazia partecipativa, sull’armonia con la natura, come risposta non solo ai problemi specifici di ciascun sistema, come la crisi del socialismo reale o la crisi della democrazia occidentale e dello Stato assistenziale, ma anche a problemi comuni, come la costruzione della pace mondiale, la protezione dell’ambiente, l’aiuto allo sviluppo.
 
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E’ difficile prevedere la via che sarà seguita dal processo di unificazione paneuropea. Comunque sia, la mia ultima riflessione riguarderà questo argomento.
Il quadro più generale di questo processo è, come abbiamo visto, la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa. E’ probabile che lo sviluppo del processo di Helsinki produca l’istituzione – una confederazione – necessaria a creare legami politici ed economici sempre più stretti tra Europa occidentale e orientale. Questo risultato potrebbe essere raggiunto con l’istituzione, a fianco di un Consiglio dei Ministri, di un’Assemblea parlamentare, composta di rappresentanti dei parlamenti di tutta l’Europa, dell’Unione Sovietica e dell’America del Nord. Le libere elezioni in Europa orientale rendono questo esperimento pienamente praticabile.
D’altra parte, a causa della sua dimensione interregionale, la Casa comune europea sarà minata da una duplice contraddizione. Essa infatti è, nello stesso tempo, troppo piccola e troppo grande. Ho già messo in luce che essa sarà troppo piccola per gestire i grandi problemi mondiali. Di conseguenza, essa svilupperà una tendenza verso l’unificazione mondiale. Ma sarà anche troppo grande per diventare un pilastro regionale della Federazione mondiale. E’ più probabile che gli Stati Uniti diventeranno uno Stato-membro di una federazione panamericana, che includa l’America latina, mentre è prevedibile che l’Europa occidentale e l’Europa orientale si federeranno con l’Unione Sovietica.
L’istituzione nel quadro della quale il processo federativo paneuropeo può prendere forma sembra essere il Consiglio d’Europa. Suggerisco questa ipotesi non perché creda alle potenzialità federali di questa organizzazione. In realtà è la più debole delle istituzioni europee. Ma è la più adatta ad avviare un processo di cooperazione. Gorbaciov se n’è reso conto. Lo storico discorso, pronunciato di fronte al Consiglio d’Europa il 6 luglio 1989, lo prova. L’integrazione dell’Europa occidentale non è forse cominciata quarant’anni fa nel quadro di questa organizzazione?
La sottoscrizione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che costituisce la più importante realizzazione del Consiglio d’Europa, darebbe alle neonate democrazie dell’Europa orientale una garanzia internazionale. Sotto questo profilo, l’adesione di questi paesi al Consiglio d’Europa può essere considerata come un mezzo per consolidare la democrazia in Europa orientale.
D’altra parte, l’obiettivo della Casa comune europea è un elemento fondamentale al fine di definire il significato della perestrojka. Il fatto è che la democrazia e i diritti umani non sono soltanto i valori comuni che permettono ai paesi dell’Europa orientale e all’Unione Sovietica di unirsi all’Europa occidentale in una organizzazione comune. Essi sono anche una condizione politica e un primo passo sulla via della costruzione di una federazione paneuropea.
 
Lucio Levi

 

 

 

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