IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XXIX, 1987, Numero 3, Pagina 224


 

IL CONGRESSO DEL MOVIMENTO FEDERALISTA MONDIALE
 
 
Dal 6 al 13 agosto 1987, i federalisti mondiali si sono riuniti a Filadelfia, la città dove duecento anni fa fu redatta la Costituzione degli Stati Uniti, per partecipare a un simposio sul rafforzamento delle Nazioni Unite e al loro ventesimo Congresso.
Il simposio era stato organizzato per rispondere a questa domanda: «Che cosa ha da dire la Convenzione di Filadelfia del 1787 al mondo del 1987?». Esso si è aperto in forma solenne nell’Independence Hall, nella sala dove fu proclamata l’indipendenza degli Stati Uniti e dove si riunì la Convenzione che elaborò la prima costituzione federale della storia, con una relazione di Norman Cousins, Presidente della sezione degli Stati Uniti dell’Associazione dei federalisti mondiali, ed è poi proseguito nel campus dell’Università della Pennsylvania, dove si è svolto anche il Congresso dei federalisti mondiali.
Il simposio è stato soprattutto un confronto tra studiosi americani di teoria federalista e diplomatici rappresentanti di alcuni tra i più importanti paesi del mondo presso le Nazioni Unite. Gli studiosi di ispirazione federalista hanno illustrato le linee di una riforma delle istituzioni dell’ONU in senso federale. I diplomatici hanno illustrato le difficoltà che si oppongono a questa riforma. Essi hanno reso omaggio al federalismo, ma in sostanza hanno difeso le sovranità nazionali.
Di particolare interesse è stato l’intervento del professor Timofeev, dell’Accademia delle Scienze di Mosca, il quale ha affermato che il mondo è di fronte a una svolta derivante dal carattere prioritario assunto dal problema della pace e dall’esigenza che hanno Est e Ovest di risolvere insieme il problema della sicurezza. Di qui la necessità di elaborare un nuovo pensiero che permetta di affrontare i problemi nuovi posti dall’evoluzione della storia contemporanea. E con sorpresa e compiacimento gli ascoltatori hanno appreso dall’accademico sovietico che, in questo sforzo di ricerca e di approfondimento, il federalismo è diventato un oggetto di studio in Unione Sovietica. In questo discorso c’era l’eco dei cambiamenti dell’era Gorbaciov, confermati da alcuni federalisti americani che recentemente avevano incontrato a Mosca dei gruppi pacifisti sovietici. Sulla base di queste premesse, e se il processo di rinnovamento non si interromperà, è lecito pensare che, tra qualche anno, potremo avere una sezione sovietica del Movimento federalista mondiale. E l’importanza e il significato di ciò sono evidenti se teniamo presente che le prospettive del federalismo mondiale sono legate al superamento del conflitto Est-Ovest, senza il quale mancheranno le basi per fare i primi passi sulla via dell’unificazione del mondo.
Il simposio non ha invece affrontato la questione relativa al tipo di azione politica necessaria a realizzare in modo pacifico un’unione di Stati, azione sulla quale c’è un vuoto di conoscenza a causa del carattere assolutamente straordinario di un simile evento. Eppure l’analisi del precedente della formazione degli Stati Uniti avrebbe potuto dare importanti indicazioni a coloro che si battono oggi per unificare con le istituzioni federali i continenti e il mondo. E’ noto che Spinelli studiò questo precedente e si ispirò ad esso nel definire la strategia della lotta per la Federazione europea.
I lavori del Congresso si sono svolti prevalentemente in quattro commissioni: 1) disarmo e sicurezza, 2) sviluppo del patrimonio comune, 3) rafforzamento delle Nazioni Unite, 4) diritti umani. Le riunioni in assemblea plenaria, invece, sono state dedicate alla discussione e all’approvazione delle risoluzioni e delle modifiche di statuto.
Il contenuto delle quattro risoluzioni elaborate dalle commissioni rispecchia la ricchezza del dibattito e la vastità dei temi discussi. Nella risoluzione sui problemi della sicurezza si avanzano le seguenti proposte: a) convocazione di una conferenza permanente sulla sicurezza e il diritto internazionale, per migliorare i meccanismi necessari a una composizione pacifica dei conflitti internazionali; b) costituzione di un’Agenzia dell’ONU per il controllo degli armamenti via satellite; c) creazione di un corpo di forze armate per il mantenimento della pace, a disposizione di qualsiasi Stato ne faccia richiesta, composta di soldati reclutati direttamente dall’ONU; d) creazione di un’Agenzia dell’ONU che garantisca l’uso pacifico dello spazio extra-terrestre; e) sostegno al congelamento delle armi nucleari, alla moratoria degli esperimenti nucleari e pressione su tutti gli Stati perché si impegnino a non usare per primi le armi nucleari.
Nella risoluzione sullo sviluppo del patrimonio comune, il Congresso constata che, di fronte alla crescita dei bisogni della popolazione mondiale e soprattutto di quella dei paesi sottosviluppati, si registra una riduzione delle risorse disponibili: distruzione delle foreste tropicali, estensione dei deserti, contrazione delle risorse ittiche, tendenziale esaurimento delle risorse minerali e delle fonti di energia non rinnovabili, alcune delle quali (come il petrolio) hanno un ruolo-chiave nel funzionamento dell’economia mondiale. A ciò si deve aggiungere anche la crisi del sistema monetario e commerciale internazionale e il crescente indebitamento dei paesi del Terzo mondo. Tutto ciò esige strategie globali per conservare le risorse naturali e per pianificare lo sviluppo del mondo, in modo da ridurre l’inquinamento della biosfera, sviluppare fonti di energia pulita, migliorare la produzione e la distribuzione delle risorse alimentari, assicurare a tutti l’accesso ai servizi sanitari, promuovere il trasferimento di risorse dai paesi ricchi a quelli poveri, estendere l’uso dei diritti speciali di prelievo nei regolamenti internazionali. Ma la linea lungo la quale sono possibili importanti sviluppi dei poteri delle Nazioni Unite è l’affermazione del principio, contenuto nella Convenzione sul diritto del mare, che i fondi marini situati fuori dalle acque territoriali sono patrimonio comune dell’umanità, e, in base a ciò, il loro sfruttamento dovrà essere attribuito a un’Autorità mondiale. Il Congresso invita gli Stati che non l’hanno ancora fatto a ratificare questa Convenzione e a estendere il concetto di patrimonio comune a nuovi settori, come lo spazio extra-terrestre e l’Antartide.
Per quanto riguarda la riforma delle istituzioni dell’ONU, queste sono le principali proposte: a) limitazione del diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza, cominciando ad abolirlo in casi come la nomina di una commissione d’inchiesta e l’ammissione di nuovi membri e vietando il ricorso ad esso da parte di un membro permanente quando questo sia parte in un conflitto; b) sostituzione del sistema di voto in seno all’Assemblea generale con un sistema (chiamato «la triade vincolante») che tenga conto, oltre che del principio dell’uguaglianza di tutti gli Stati membri, anche della loro popolazione e dei loro contributi finanziari; c) istituzione di un’assemblea dei popoli eletta a suffragio universale accanto all’attuale assemblea delle nazioni; d) rafforzamento della Corte internazionale di giustizia. La convocazione di una convenzione costituzionale è stata indicata come il metodo più corretto per giungere alla riforma in senso federale delle organizzazioni internazionali che operano sia a livello mondiale sia a livello regionale.
Sul tema della difesa dei diritti dell’uomo il Congresso ha proposto: a) di sviluppare in seno all’ONU i meccanismi giuridici della loro difesa previsti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; b) di vigilare sull’applicazione delle convenzioni mondiali e regionali che tutelano gli stessi e di denunciarne le violazioni; c) di battersi per ottenere il riconoscimento dei diritti delle minoranze, degli emarginati e delle persone che vivono in un paese diverso da quello di origine.
Sia dalle risoluzioni sia dal dibattito è emersa la tendenza, soprattutto da parte dei dirigenti, a orientare l’interesse verso le tappe della transizione alla Federazione mondiale e verso la ricerca di obiettivi intermedi. Ciò dimostra che è in corso un processo di evoluzione del Movimento, il quale a sua volta è il frutto di profondi cambiamenti avvenuti nella situazione politica mondiale.
Per lunghi anni il lavoro dei federalisti mondiali è stato quello di definire i contorni dell’obiettivo ultimo, cioè della Costituzione della Federazione mondiale, intesa come alternativa ai limiti dell’ONU e alla sua incapacità di assicurare la pace. La natura di questo impegno era il riflesso della grande distanza che separava il progetto dell’unità del mondo dalla possibilità di realizzazione. L’affermazione della tematica della transizione è espressione della ricerca di un rapporto più stretto con le trasformazioni in corso della storia contemporanea e la premessa di questa scelta è la coscienza che la lotta per l’unificazione del mondo è un compito di lungo periodo. E’ quindi caduta l’illusione che l’obiettivo ultimo possa essere raggiunto rapidamente, saltando tappe intermedie, ossia con la convocazione di un’assemblea costituente mondiale. Nello stesso tempo, però, l’evoluzione della storia ha messo all’ordine del giorno problemi che non possono avere soluzione se non nel quadro mondiale e attraverso il rafforzamento dell’ONU. Di qui lo sforzo di identificare degli obiettivi intermedi, la cui realizzazione permetterebbe al mondo di invertire la sua folle corsa verso la catastrofe nucleare ed ecologica e di avviarlo progressivamente verso l’unità.
Come priorità assoluta è stata riconosciuta quella della sicurezza, che nell’era nucleare, e ancor più nell’epoca della crisi dell’equilibrio del terrore, deve essere concepita come un bene indivisibile, cioè come sicurezza del genere umano, fondata sul progressivo sviluppo di istituzioni mondiali, a cominciare dalla creazione di un’Agenzia dell’ONU che assicuri il controllo via satellite degli armamenti e l’uso pacifico dello spazio. Ma altri obiettivi intermedi sembrano diventare concreti. Ad esempio, è emersa per la prima volta con la Convenzione sul diritto del mare la possibilità di affermare la sovranità delle Nazioni Unite su beni comuni, definiti «patrimonio comune dell’umanità», come i fondi marini, l’Antartide e lo spazio, creando in seno all’ONU delle forme di integrazione funzionalistiche sul modello delle Comunità europee.
In questa fase di ripensamento in atto nel Movimento federalista mondiale, esso non è però ancora giunto a concepire la Federazione europea come un elemento di questo processo di transizione. Essa è percepita come un fatto il cui significato si esaurisce sul piano regionale e non come l’avvio di un processo di pacificazione che, pur avvenendo in una parte del mondo, interessa tutto il mondo.
I federalisti europei (e soprattutto il gruppo che gravita attorno a questa rivista) hanno attribuito all’unificazione europea un significato storico: essa rappresenta un primo passo verso la sconfitta della logica della forza nelle relazioni internazionali e verso la democrazia internazionale. Essa rappresenta anche una tappa verso la Federazione mondiale, che per i federalisti europei ha cessato di essere semplicemente un lontano fine ultimo senza influenza sul presente per diventare un elemento propulsore del processo di pacificazione dell’umanità.
Ciò spiega il motivo per cui si debbono considerare cadute le ragioni della separazione tra federalisti europei e federalisti mondiali. La convergenza riguarda non solo la linea teorica (cioè il modo di concepire le tendenze di fondo della storia contemporanea), ma in gran parte anche la linea politica, nella misura in cui i maggiori problemi politici e sociali (pace, ambiente, giustizia sociale ecc.) hanno assunto dimensioni mondiali (e non solo europee) e possono trovare una soluzione solo nella prospettiva del federalismo mondiale.
Esistono, è vero, ancora divergenze sulla linea strategica, cioè sull’obiettivo sul quale concentrare le forze. In complesso, però, le rispettive posizioni, che alle origini erano considerate come alternative, oggi appaiono sempre più come complementari. E, in effetti, la presenza del rappresentante dell’organizzazione nazionale italiana, la cui adesione alla World Association for World Federation era stata approvata alla vigilia del Congresso, è stata considerata come uno degli avvenimenti più promettenti dello stesso. Questa presenza è stata interpretata come il segnale dell’emergere di una nuova prospettiva: la possibilità di riallacciare legami sempre più stretti tra federalisti mondiali e federalisti europei dopo la frattura di quarant’anni fa. Questa convinzione, maturata a seguito di alcuni incontri (la riunione del Consiglio del WAWF, svoltasi ad Aosta nel 1986, e il Congresso di Strasburgo dell’Unione europea dei federalisti di quest’anno), si è consolidata grazie alla diffusione di questa rivista, la cui impostazione riceve unanimi apprezzamenti negli ambienti dei federalisti mondiali.
La collaborazione che è iniziata si prospetta particolarmente fruttuosa anche alla luce di un’ulteriore considerazione. I federalisti mondialisti ed europei sono presenti in Europa in misura diversa a seconda delle aree territoriali: dove non esiste o è debole l’UEF ci sono forti gruppi del WAWF (paesi scandinavi e Olanda), mentre dove è forte l’UEF non esiste o è debole il WAWF (Italia, Germania, Belgio). Ci sono dunque le premesse per moltiplicare la capacità di influenza sull’opinione pubblica europea sulla base di un serio lavoro comune.
 
Lucio Levi

 

 

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