IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XLV, 2003, Numero 3, Pagina 176

 

 

I SUCCESSI DELLA CINA E
LE ILLUSIONI DELL’EUROPA
 
 
Nella prima metà degli anni Sessanta del secolo scorso la Francia e la Cina entrarono a far parte, a distanza di pochi anni una dall’altra, del ristretto numero di paesi dotati di un arsenale nucleare. Ma questo fatto non significava che quei due paesi avessero lo stesso peso a livello mondiale. La Cina stava infatti dimostrando di avere la dimensione e le risorse per affermarsi come potenza regionale e in prospettiva mondiale, mentre la Francia cercava di difendere la propria sovranità nazionale dall’influenza delle superpotenze sul continente europeo. Dopo quarant’anni, nel 2003, la Cina è diventata il terzo paese, dopo USA e Russia, ad essere in grado di inviare autonomamente equipaggi di astronauti nello spazio, e l’Unione europea ha lanciato la sfida agli USA nel campo dei sistemi satellitari.[1] Ancora una volta i due fatti sono solo apparentemente paragonabili. Il primo viaggio spaziale cinese ha confermato che la Cina è ormai in grado di competere con la superpotenza americana sul terreno delle nuove tecnologie e dell’influenza geopolitica; il progetto satellitare europeo Galileo rappresenta, per i motivi che esporremo più avanti, solo una scommessa commerciale.
Dopo la caduta dell’URSS la Cina ha accelerato le tappe della sua transizione da paese in via di sviluppo a potenza emergente. Il peso della Cina a livello internazionale si è fatto sempre più sentire nella gestione dei rapporti bilaterali e multilaterali in occasione dei vertici dell’ASEAN e dell’APEC, nella gestione della crisi USA-Corea del Nord, nelle trattative internazionali sulla limitazione della proliferazione delle armi di distruzione di massa.[2] All’indomani dell’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 a New York la Cina ha rivendicato un ruolo in Asia centrale, presentandosi come il solo garante credibile della stabilità nella regione. Lo testimonia il fatto che in breve tempo ha risolto tutti i principali contenziosi territoriali con i paesi vicini, tra cui Kazakhstan, Kyrgyzstan, Laos, Russia, Tajikistan e Vietnam. La sua politica estera non ha trascurato l’Unione europea, con la quale ha promosso l’avvio dei vertici semestrali euro-asiatici, e alla quale ha offerto il suo aiuto finanziario per lo sviluppo del progetto spaziale europeo Galileo: si tratta di un rapporto di collaborazione nel medio periodo favorevole alla Cina, in quanto, sulla base del confronto degli attuali trend di sviluppo delle rispettive politiche spaziali, entro il 2010 sarà la Cina a sorpassare l’Europa, e non quest’ultima a distanziare la prima, nella capacità di lanci annuali di satelliti nello spazio.[3] Certo i problemi che la Cina deve ancora affrontare e risolvere, per portare quasi un miliardo e mezzo di cinesi a vivere in condizioni analoghe a quelle dei cittadini dei paesi sviluppati, sono enormi. Ma la sua costante crescita produttiva, non solo nei settori industriali tipici dei paesi in via di sviluppo, ma anche in settori più avanzati come quello elettronico, è una realtà.[4] In campo economico si prevede che la Cina diventerà il terzo partner commerciale degli USA entro l’anno ed il secondo mercato mondiale in assoluto entro il 2020. La domanda che tutti si pongono ormai non è più se la Cina raggiungerà gli USA, ma quando.[5] Nel tentativo di rallentarne la marcia, gli esponenti più conservatori dell’Amministrazione Bush non nascondono la tentazione di trascinare la Cina in una competizione tecnologico-militare simile a quella ingaggiata, e vinta, con l’URSS.
Tutti questi segnali non fanno che confermare che siamo di fronte ad una divaricazione dei processi di sviluppo cinese ed europeo. Un nuovo polo sta emergendo a livello mondiale, e questo polo non è l’Europa, ma è la Cina, che si appresta a imboccare il cammino già percorso nel secolo scorso dagli USA e dalla Russia. I motivi politici che stanno dietro la decisione del governo cinese di investire considerevoli risorse nella corsa spaziale sono evidenti, e vanno al di là degli aspetti puramente tecnici e scientifici.
 
***
 
Tra i settori tecnologici d’avanguardia, quello spaziale riveste una importanza strategica particolare, non tanto per quanto riguarda i lanciatori, cioè la costruzione dei vettori necessari per la messa in orbita di satelliti, navicelle e stazioni, ormai alla portata di molti Stati anche in via di sviluppo, ma soprattutto per quanto riguarda l’integrazione dei servizi satellitari nei sistemi produttivi, organizzativi e militari dei singoli Stati. Orbene, negli anni Novanta c’è stata una vera e propria rivoluzione in questo campo. Fino ad allora infatti lo sfruttamento dello spazio era confinato a due applicazioni che operavano distintamente e sostanzialmente per un numero ristretto di utenti privilegiati: il remote sensing per scopi militari e/o scientifici e le telecomunicazioni. La progressiva integrazione di Internet nel sistema di comunicazione satellitare e la possibilità di archiviare sempre più dati in memorie sempre più capaci e accessibili ovunque a costi sempre più bassi, hanno fatto cadere quei vincoli e quelle distinzioni, favorendo la nascita e la diffusione di servizi globali di informazione alla portata di qualsiasi utente di Internet o della telefonia mobile.[6] Negli anni Novanta gli USA hanno assunto il monopolio del controllo di questo sistema, e il Pentagono può decidere in qualsiasi momento — come in effetti ha fatto in occasione di crisi quali la guerra nei Balcani e quella in Iraq — di sospendere o disturbare i servizi commerciali offerti dagli USA via satellite.[7] Consapevole dei rischi di lasciare agli USA la leadership in questo campo, la Cina, pur avendo deciso, come già ricordato, di sostenere finanziariamente il progetto satellitare europeo Galileo, non ha rinunciato a sviluppare un proprio sistema satellitare autonomo. Anche la Francia e la Germania si sono rese conto dell’enorme vantaggio acquisito dagli USA, e hanno fortemente sostenuto, nell’ambito dell’Unione europea, la necessità di varare un programma autonomo europeo, da cui è nato appunto il progetto Galileo. Come è ben noto, gli USA, facendo leva sulle divisioni fra gli europei all’interno dell’ESA, sono riusciti a ritardare al 2008 l’avvio del servizio europeo, e quindi a sfruttare il tempo così guadagnato per rinnovare la propria costellazione satellitare GPS e predisporne una di nuova generazione, già concorrenziale rispetto al sistema europeo.[8] Ma c’è di più.
Il progetto Galileo, figlio della politica confederale degli Stati europei, ha visto la luce grazie all’accettazione da parte di tutti i partner dell’impresa del vincolo, imposto dalla Gran Bretagna, di rimanere un servizio per soli scopi civili sottratto a qualsiasi controllo europeo e sottoposto a quello dei governi nazionali. A chi giova in definitiva una simile scelta? Supponiamo che il sistema Galileo fosse stato già attivo nel momento in cui l’Amministrazione Bush decise l’intervento in Bosnia, e poi in Afghanistan e quindi in Iraq: di fronte alla prevedibile richiesta americana di sospendere o limitare gli accessi alle informazioni satellitari fomite da Galileo ad eventuali nemici degli USA, quale ente, agenzia, organo europeo avrebbe preso la decisione di obbedire oppure resistere (e in questo caso con quali strumenti e gestiti da chi) alla richiesta americana? La risposta è ovvia: non esiste in Europa alcun potere in grado di imporre la propria volontà su questioni di questa natura. Nei documenti ufficiali della Commissione europea, nei comunicati dei Consigli europei, nei dibattiti al Parlamento europeo, non c’è risposta a questo genere di preoccupazioni, come non c’è alcun riferimento al problema del quadro di potere che sarebbe necessario creare a livello europeo per gestire in modo credibile una politica spaziale. In quei documenti ci si limita al massimo a presentare degli asettici scenari che suggeriscono l’idea che tutto dipenda dalla volontà o meno degli Stati di investire di più in questo campo. Un recente documento della Commissione europea giunge a concludere che, con le attuali risorse, l’Europa «non può garantirsi un accesso autonomo allo spazio», ma che un salto in avanti sarebbe possibile «con un incremento [nelle spese per le tecnologie spaziali, N. d. a.] che deve essere superiore al tasso di crescita dell’economia dell’Unione europea».[9] E’ risaputo che la Cina ha speso finora infinitamente meno degli europei per i suoi programmi spaziali, tuttavia nessuno può mettere in dubbio la sua capacità di mantenere l’accesso autonomo a queste tecnologie.
Il fatto è che i nodi politici che gli europei si sono finora rifiutati di sciogliere stanno rapidamente venendo al pettine: gli europei non possono più permettersi di compiere passi falsi. Come ha mostrato anche il dibattito sulla «Costituzione» europea prima in seno alla Convenzione e poi alla Conferenza intergovernativa, anziché risolvere il nodo cruciale della sua divisione politica, l’Europa ha riproposto progetti di cooperazione più o meno rafforzata in vari campi, ivi compreso quello della difesa e della politica estera.
Se nell’immediato futuro gli europei rinunceranno a creare lo Stato federale europeo, qualunque progetto o programma adotteranno in campo spaziale essi continueranno semplicemente a dissipare risorse, senza riuscire in alcun modo a controllare il proprio futuro o a influenzare le decisioni di quei vecchi e nuovi poli continentali attorno ai quali si sta organizzando il mondo.
 
Franco Spoltore


[1] Nell’ottobre 2003 la Cina ha inviato nello spazio e con successo degli astronauti a bordo della navicella Shenzou. L’Unione europea ha confermato di voler far entrare in servizio entro il 2008 il sistema satellitare Galileo.
[2] Nell’articolo di Evan S. Medeiros e Taylor Fravel, «China’s New Diplomacy», in Foreign Affairs, novembre-dicembre 2003, vengono elencati i numerosi successi diplomatici conseguiti dalla Cina nell’ultimo decennio.
[3] Già nel 2001 l’ex-direttore dell’ESA Roger-Maurice Bonnet, commentando il prevedibile salto in avanti della Cina in campo spaziale, arrivava a domandarsi se avesse ancora senso per gli europei mantenere in vita l’ESA («China: the Next Space Superpower», in Scientific American, ottobre 2003).
[4] Si vedano in proposito i dati presentati da David Hale e da Lyric Hughes Hale in «China Takes Off», Foreign Affairs, novembre-dicembre 2003.
[5] Il commento di Martin Wolf, «The Long March to Prosperity», apparso sul Financial Times, 8 dicembre 2003, documenta con dovizia di dati lo sforzo economico che sta compiendo la Cina.
[6] Bruce T. Robinson, nel suo articolo «How the U.S. Army’s New Satellite Tracking System Helped Avert Friendly Fire and Lift the Fog of Waf», apparso in IEEE Spectrum, ottobre 2003, riprende parte delle testimonianze rese al Congresso USA dai responsabili del Pentagono dopo la presa di Baghdad. Queste testimonianze erano state richieste dal Congresso proprio per verificare se le spese effettuate per potenziare i collegamenti satellitari americani erano state efficaci oppure no.
[7] Le implicazioni militari di questa tecnologia hanno profondamente influenzato sin dalle origini, negli anni Ottanta, lo sviluppo sia del sistema satellitare americano GPS, che quello sovietico-russo GLONASS.
[8] L’articolo «Galileo», apparso sulla Rivista Italiana Difesa nel novembre 2003, descrive esaurientemente gli aspetti tecnici della contesa tra europei ed americani su questo terreno.
[9] Commissione europea, White Paper - Space: a New European Frontier for an Expanding Union. An Action Plan for Implementing the European Space Policy, novembre 2003.

 

 

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