IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno XXV, 1983, Numero 1-2, Pagina 17

 

 

CHI VUOLE LA PACE?
 
 
In un articolo apparso sul Corriere della Sera il 4 aprile 1948, Luigi Einaudi scriveva: «Quando noi dobbiamo distinguere gli amici dai nemici della pace, non fermiamoci… alle professioni di fede, tanto più clamorose quanto più mendaci. Chiediamo invece: volete voi conservare la piena sovranità dello Stato nel quale vivete? Se sì, costui è nemico acerrimo della pace. Siete invece decisi a dar il vostro voto, il vostro appoggio soltanto a chi prometta di dar opera alla trasmissione di una parte della sovranità nazionale ad un nuovo organo detto degli Stati Uniti d’Europa? Se la risposta è affermativa e se alle parole seguono i fatti, voi potrete veramente, ma allora soltanto, dirvi fautori della pace. Il resto è menzogna» (Il buongoverno, vol. II, pp. 676-677, ed. Laterza).
Queste sono le domande che i federalisti presenti nei Comitati cittadini per la pace stanno ponendo in questi mesi alle organizzazioni che si dichiarano a favore della pace.
L’occasione per riproporre queste domande è venuta dalla proposta di «referendum autogestito» fatta dal Coordinamento nazionale dei Comitati per la pace nella riunione del 22-23 gennaio scorso a Roma. Il «referendum» consta di due domande.
La prima è: «Sei favorevole alla installazione dei missili nucleari a Comiso e sul territorio nazionale?» La seconda è: «Ritieni che la suprema decisione sulla installazione dei missili nucleari in Italia debba essere presa dal popolo, mediante un referendum indetto dal Parlamento?»
Anche in questa circostanza il movimento per la pace, pur essendosi più volte dichiarato a favore del superamento dell’imperialismo russo-americano, si lascia tentare dal sogno di una effimera strategia nazionale per la pace. Il «referendum» dà per scontata la possibilità di modificare con scelte nazionali la situazione di potere esistente in Europa e nel mondo.
Al contrario occorrerebbe prendere atto del fatto che comunque l’Italia, sia che si esprima attraverso il governo o il Parlamento, sia che si esprima direttamente attraverso il suo popolo, non è più in grado di assicurare l’indipendenza dei suoi cittadini e quindi di porli al riparo da un conflitto nucleare. Inoltre non si può disgiungere il rifiuto degli euromissili dal potere, che con l’Italia i cittadini non hanno più e che invece con un’Europa unita e indipendente i cittadini avrebbero, di emanciparsi dalle superpotenze sul piano economico e della sicurezza.
Le incrostazioni nazionaliste sono presenti anche al livello internazionale delle strutture del Movimento per la pace. L’appello Russel «For a Nuclear Free Europe», documento base per l’adesione alla Convenzione europea per il disarmo nucleare di Berlino (9-14 maggio 1983), invitava a «cominciare ad agire come se esistesse già un’Europa unita, neutrale e pacifica». Ma le indicazioni di lotta proposte erano da un lato la richiesta alle istituzioni nazionali della denuclearizzazione (dalla Polonia al Portogallo) e dall’altro la supplica alle superpotenze di rinunciare alla installazione degli euromissili. L’appello terminava affermando che «il popolo di ogni Stato avrà la responsabilità di mobilitarsi per espellere dal territorio e dalle acque europee le armi e le basi nucleari, e di decidere gli strumenti e la strategia adeguati al proprio territorio. Questi saranno diversi da paese a paese, e noi non proporremo l’imposizione di alcuna strategia unica».
Alla proposta di mandare allo sbaraglio in ordine sparso i popoli degli Stati europei, i federalisti contrappongono la proposta di battersi fin d’ora affinché il popolo europeo si emancipi dall’egemonia e dai ricatti delle due superpotenze attraverso la battaglia, avviata dal Parlamento europeo, per creare un governo europeo e una moneta europea.
Questa analisi non deve però servire per mettere in discussione la partecipazione o l’adesione dei federalisti alle iniziative del Movimento per la pace. Non è pensabile infatti un atteggiamento da organizzazione osservatrice in una battaglia in cui è in gioco la costruzione della cultura per la pace e il superamento delle cause della guerra.
Se si vuole un’evoluzione del Movimento per la pace bisogna battersi all’interno di esso per denunciare, ogniqualvolta si renda necessario, le scelte pacifiste nazionali e per continuare a proporre la battaglia per modificare la situazione di potere che espone l’Europa e il mondo al rischio dell’olocausto nucleare. Le difficoltà nel mantenere questa posizione non devono spaventare.
Come il federalismo è riuscito ad egemonizzare politicamente e culturalmente l’europeismo organizzato, così non è impensabile porsi oggi l’obiettivo di favorire un’evoluzione in senso federalista del Movimento per la pace.
 
Franco Spoltore
(maggio 1983)

 

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