IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l'esperienza accumulata dal tempo.

Hamilton, The Federalist

Anno XXI, 1979, Numero 3-4, Pagina 251

 

 

David Calleo, The german problem reconsidered and the world order, 1870 to the present, Cambridge – London - New York - Melbourne, Cambridge University Press, 1978, pp. 239.
 
La storiografia di questo dopoguerra sulla Germania contemporanea e quindi sulla «questione tedesca» è ampiamente dominata dall’approccio fondato sul «primato della politica interna». In sostanza, per spiegare storicamente non solo gli aspetti fondamentali dell’evoluzione interna della Germania contemporanea — la soluzione autoritaria e conservatrice del problema unitario, la mancata parlamentarizzazione nell’epoca guglielmina, il fallimento dell’esperimento democratico di Weimar, l’esperienza nazionalsocialista — ma anche le tendenze imperialistiche ed egemoniche nella politica estera, che hanno condotto alle guerre mondiali, si tende a dare una rilevanza centrale ed assorbente alle contraddizioni delle strutture economico-sociali e di quelle politico-istituzionali della Prussia e della Germania da essa conquistata.[1]
All’interno di questo orientamento di fondo sono certo individuabili impostazioni con significative differenze fra di loro, che vanno da quelle più ortodossamente marxiste, imperniate sul ruolo decisivo del capitalismo monopolistico, a quelle di ispirazione liberaldemocratica, che sottolineano invece l’influenza determinante dei ceti precapitalistici, gli Junker, alle varie combinazioni fra i due approcci. Comune a tutti è d’altro canto la tendenza a trascurare completamente o a considerare comunque in modo inadeguato la rilevanza autonoma dei fattori internazionali — la posizione nel sistema degli Stati, la crisi degli Stati nazionali europei di fronte all’emergere delle potenze di dimensioni continentali — rispetto ai fondamentali sviluppi sul piano internazionale e anche su quello interno della Prussia e della Germania contemporanea, a dimenticare cioè gli insegnamenti dei grandi eredi della scuola rankiana — soprattutto Dehio e in minor misura Ritter — i quali hanno in questo dopoguerra fornito i più significativi contributi alla comprensione in profondità della questione tedesca.
Naturalmente i sostenitori del primato della politica interna, anche a causa della grande mole della loro produzione, hanno fornito degli arricchimenti di non poco conto sul piano descrittivo, dell’accumulo dei dati, e così via, ma è indubbiamente assai grave la perdita di capacità interpretativa ed esplicativa che è connessa all’unilateralità del loro approccio — un’unilateralità che risalta oggi in modo particolarmente netto alla luce dell’esperienza dei conflitti fra Stati comunisti, la quale richiama ancora una volta drammaticamente l’attenzione sulla relativa autonomia della politica estera rispetto alle strutture interne degli Stati.
In questo quadro deve essere salutata con favore la pubblicazione del libro di David Calleo, che contiene una serie di saggi sulle fasi e sui problemi fondamentali della storia tedesca dalla unificazione fino ad oggi, il cui filo conduttore è costituito precisamente dall’intento dichiarato di recuperare nella comprensione di tale processo storico la dimensione dell’autonoma influenza dei fattori internazionali. In questo sforzo, che si riallaccia esplicitamente a quello del Dehio, l’autore non raggiunge risultati qualitativamente nuovi, e alcune sue conclusioni particolari sono anche discutibili, ma il suo merito è quello di sottoporre ad una utile analisi critica il complesso della letteratura orientata dal punto di vista del primato della politica interna. Nel far ciò egli non è mosso da alcuna ispirazione conservatrice, cioè dalla tendenza a mettere fra parentesi la problematica delle gravi contraddizioni che hanno caratterizzato le strutture economico-sociali e politico-istituzionali della Germania contemporanea fino al 1945. È d’altra parte convinto che la mancata considerazione dell’influenza autonoma dei fattori internazionali conduca fatalmente ad accettare o a presupporre implicitamente la tesi assurda, ma politicamente ancora assai forte, della malvagità (wickedness) dei tedeschi come uno dei fattori decisivi dell’evoluzione storica sboccata nell’avventura nazionalsocialista. Quest’opera merita dunque di essere letta e c’è da sperare che essa stimoli una più ampia ripresa nella storiografia sulla Germania contemporanea dell’interesse per la lezione di Dehio e della tradizione da cui proviene.
 
Sergio Pistone


[1]Caratteristica appare in questo senso la constatazione che si trova nel rapporto su di un colloquio, organizzato dall’Istituto storico tedesco di Londra, sul tema «La Germania guglielmina»: «Per un giudizio storico sulla politica mondiale tedesca (dell’epoca guglielmina) dovrebbe inoltre essere anche presa in considerazione l’influenza del sistema internazionale sulla politica tedesca —un aspetto che nel colloquio ha potuto essere illuminato solo marginalmente». Cfr. P. Alter, «Das Wilhelminische Deutschland. Ein Kolloquium des Deutschen Historischen Instituts London» in AHF -Jahrbuch der Forschung 1976-77, p. 92.

 

il federalista logo trasparente

The Federalist / Le Fédéraliste / Il Federalista
Via Villa Glori, 8
I-27100 Pavia