IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XVII, 1975, Numero 3, Pagina 188

 

 

Ronald McKinnon, A New Tripartite Monetary Agreement or a Limping Dollar Standard?, Essays in International Finance, n. 105, Princeton, 1974, pp. 23.
 
 
Questo breve saggio non meriterebbe particolare attenzione se non fosse un sintomo di un fenomeno più generale.
L’autore del saggio è uno dei maggiori economisti per quanto riguarda i rapporti monetari internazionali. In particolare va ricordato il contributo dato dal McKinnon nel 1963 con il suo Optimum World Monetary Arrangements and the Dual Currency System (Banca Nazionale del Lavoro Quarterly Review, 1963, pp. 366-396) che poneva in termini estremamente lucidi la necessità della creazione di una moneta europea come unica alternativa alla crisi del sistema monetario internazionale e anticipava gran parte dei temi che hanno alimentato il dibattito sull’Unione economica e monetaria europea all’inizio degli anni ‘70.
In questo suo più recente contributo, il McKinnon ha completamente mutato prospettiva. Tralasciando un esame analitico dei limiti e delle contraddizioni dell’opera — che compete ai cultori specialisti della materia — da un punto di vista storico-politico più generale è possibile affermare che essa è frutto dell’abbandono della convinzione che la creazione di una moneta europea rappresenti l’obiettivo da perseguire per dare ordine ai rapporti monetari internazionali.
Le alternative possibili di configurazione dell’ordine monetario internazionale prese in considerazione da McKinnon sono due. Il limping dollar standard, cioè il dominio del dollaro inconvertibile, oppure un tripartite monetary agreement, cioè un’unione monetaria fra Stati Uniti, Germania e Giappone; è su questa seconda alternativa che si accentra l’analisi dell’autore, che vede in essa la sola via di uscita dalla crisi odierna.
Il dato significativo dell’opera di McKinnon è la sua aderenza alle modificazioni intervenute nella politica estera americana. Caduta l’ipotesi della nascita della Federazione europea che aveva sorretto la politica estera statunitense in questo dopoguerra, Nixon e Kissinger hanno iniziato il tentativo di consolidare l’equilibrio internazionale riaffermando la supremazia statunitense e recuperando il potere di controllo sui paesi europei distruggendo la loro base di potere costituita dal successo del processo di integrazione europea. Nel piano Kissinger c’è posto per i rinascenti micronazionalismi europei, primo fra tutti quello tedesco, ma non per l’affermazione di una posizione autonoma europea. Corrispondentemente, McKinnon, che aveva sostenuto con vigore l’idea di una moneta europea nel 1963, dieci anni dopo afferma la necessità di dissolvere ogni forma di solidarietà europea e di individuare un direttorio a tre, dominato dagli Stati Uniti e sorretto da Germania e Giappone, vassalli più potenti e quindi privilegiati.
Considerata in sé, l’opera di McKinnon si presta solo a qualche triste considerazione sull’involuzione del pensiero di un economista sotto altri aspetti degno di stima. Considerato in un contesto più ampio, questo saggio è una conferma preoccupante della diffusione, all’interno della società statunitense, della visione del mondo sostenuta da Nixon e Kissinger. Il fatto è che un’alternativa alla politica imperiale kissingeriana non può venire degli Stati Uniti, ma solo dall’Europa.
 
Dario Velo

 

 

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