IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LX, 2018, Numero 1, Pagina 43

 

 

BELT AND ROAD INITIATIVE,
LA POLITICA ESTERA CINESE
E LE OPPOTUNITA’ PER L’EUROPA

 

 

Introduzione.

Negli ultimi 35 anni, la Cina è cresciuta economicamente e ha consolidato, nonostante molte sfide, il sistema politico interno. La Cina ha sempre mantenuto alcuni principi-chiave in politica estera: “Economy first”, l’economia come perno delle relazioni internazionali; la garanzia della “sicurezza delle periferie”, il controllo sui propri confini politici; la Cina come “leader” dei Paesi in via di sviluppo.

Jiang Zemin e Hu Jintao, a più riprese, hanno fornito un’interpretazione geopolitica interessante delle loro priorità in politica estera: “la nostra politica deve procedere in tutte le direzioni e tutto attorno a noi” (all around - all directional).[1] Se, dal punto di vista geopolitico, in coerenza con le proprie convinzioni strategiche, il contesto regionale è quello più importante, le grandi potenze (ovunque esse siano collocate) sono però il perno della propria politica estera.[2] In buona sostanza, la Cina mira ad essere il principale attore nella sua regione e la sua azione politica e diplomatica nelle relazioni internazionali è rivolta verso le grandi potenze che detengono il potere nei proprî contesti regionali e verso le poche che riescono a proiettarsi in altri contesti, le superpotenze.[3]

I principali attori della politica estera cinese, oltre al Segretario del PCC/Presidente cinese (nonché presidente della Commissione affari militari), sono il Ministero degli affari esteri (MFA) e il potente Ministero del commercio (MOFCOM).

La Belt and Road Initiative (precedentemente definita One belt, one road) ricalca le strategie storiche della politica estera cinese oltre a fornire un messaggio rassicurante per il mondo, utilizzando come simbolo il principale simbolo di apertura della Cina: la Via della seta.
 

1. Belt and Road Initiative: la nuova Via della seta.

La Belt and Road Initiative è un programma di investimenti sull’asse euroasiatico volto a rinnovare e ripensare le reti nello spazio geografico tra Europa e Asia. Non si tratta semplicemente di un progetto economico, ma di un vero e proprio programma politico che crea e sviluppa un sistema di relazioni economiche multilaterali con il centro di gravità nel Sud Est asiatico, ma che investe l’intera Eurasia.

Il contesto multilaterale del Sud Est asiatico, i rapporti con il vicino russo (e prima ancora sovietico), le relazioni con l’India, non sono state sempre caratterizzate da uno spirito costruttivo nel corso dei decenni (in particolare durante la Guerra fredda). La Cina si è trovata sovente in una posizione di isolamento, in un contesto politico piuttosto ostile in cui, in ogni caso, ha sempre cercato di giocare un ruolo (magari con l’ausilio dei cinesi all’estero), ma in cui, anche a causa delle sue alterne vicende storiche, non ha saputo costruire relazioni stabili e durature. La stessa ASEAN, nata in funzione anticinese e anticomunista nel 1967, è stata una dimostrazione di questa tendenza.

La Belt and Road Initiative costituisce un importante segno di discontinuità al quale prestare attenzione. La Cina ha preso coscienza del proprio ruolo politico oltreché economico. Essa è perfettamente consapevole del fatto che senza cooperazione economica e commerciale, senza apertura al mondo, senza nuovi progetti industriali e senza un rinnovamento delle infrastrutture al suo interno e in Asia, sarà impossibile conseguire gli obiettivi che si è prefissata dal XIX Congresso del Partito comunista cinese: continuare a crescere economicamente, combattere la povertà ed essere un esempio per i paesi in via di sviluppo.[4] Il gigante cinese, prima manifattura al mondo, con un crescente settore hi-tech, necessita di collegamenti moderni ed efficienti in tutta l’area che lo circonda, in grado di sostenere i propri investimenti e la propria crescita economica.

In questo scenario, la riorganizzazione delle reti costituisce una partita importante per chi vuole provare ad esercitare una posizione di primo piano nella regione di riferimento. La BRI coinvolge gli attori asiatici ma anche un attore transcontinentale come la Russia e la gran parte degli Stati europei, considerati il principale approdo delle relazioni commerciali della Repubblica popolare.

Il progetto, licenziato nel 2013 dal Comitato centrale del Partito comunista cinese e approvato dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme nel marzo del 2015,[5] si guarda bene dall’imporre visioni ideologiche o di sistema: vi è il massimo rispetto per le tradizioni culturali e politiche di ogni paese coinvolto nel progetto.[6] I principii guida di “armonia”, “fiducia reciproca”, “tolleranza verso gli orientamenti prevalenti nei diversi paesi”,[7] oltreché la Carta delle Nazioni Unite costituiscono il territorio ideale comune. Se i primi, tipici della tradizione confuciana, sono facilmente riconoscibili dagli attori asiatici, la Carta delle Nazioni Unite costituisce un riferimento chiaro per i partner occidentali (ma anche africani) interessati a partecipare a questo progetto.

A cementare il progetto contribuiranno due istituzioni multilaterali: la Banca asiatica per le infrastrutture e gli investimenti (Asian Infrastructure Investments Bank, AIIB) e il fondo per la via della seta (Silk Road Fund, SRF). Tali istituzioni, costituite sul modello della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale contribuiranno alla raccolta delle risorse e a costituire un foro permanente sui progetti che, con tutta probabilità, cambieranno il volto dell’Asia e le sue connessioni con il resto del mondo. Esse avranno anche un ruolo (assieme alle altre organizzazioni finanziare della regione asiatica, come la New Development Bank[8]) nel contribuire ad integrare le istituzioni finanziare della regione, contribuendo alla vendita di titoli di Stato e di altri strumenti finanziari e alla stabilità del sistema dei cambi. Un altro obiettivo è una maggiore regolamentazione finanziaria internazionale tra i paesi dell’Asia e la Russia al fine di coordinare una risposta efficace in caso di crisi finanziare internazionali.[9] Tutto ciò faciliterà gli investimenti internazionali nei progetti della Belt and Road e, più in generale, potrebbe costituire l’inizio di una fase nuova nell’integrazione finanziaria internazionale in Asia.

E’ singolare che la Cina scelga di costruire nuove organizzazioni internazionali con una chiara impronta regionale. Tuttavia, è chiaro che una tale costruzione multilaterale costituirà anche una sfida aperta al ruolo delle istituzioni finanziarie internazionali fondate sul Washington consensus. Se è vero che le istituzioni internazionali economiche hanno costituito un volano per l’egemonia degli Stati Uniti nel sistema economico,[10] è allora ragionevole pensare che tali nuove istituzioni, oltre ad essere il “braccio” della BRI, potranno essere uno strumento potente per estendere l’influenza della Cina nell’Asia centrale e nel Sud Est asiatico in modo particolare.
 

2. Via mare e via terra: la Silk Road Economic Belt e la 21st Century Maritime Silk Road.

La Nuova Via della seta si articolerà su due assi principali: la Silk Road Economic Belt (via terra) e la 21st Century Maritime Silk Road (via mare). Il primo, un asse completamente terrestre, collegherà la Cina attraverso l’Asia centrale e la Russia con i porti europei del Baltico e del Mediterraneo, mentre la seconda tratta, via mare, coinvolgerà l’Asia del sud, costeggiando la Cina, l’Indocina, la Malaysia, l’Indonesia, la Birmania, l’India, i paesi del Golfo (e gli immediati rivieraschi africani), fino al Mediterraneo attraverso il Canale di Suez.

Come elemento ulteriore di organizzazione dello spazio e a corredo degli assi principali via terra e via mare, vi saranno sei corridoi principali sui cui far convergere i primi progetti e i primi investimenti: Cina-Mongolia-Russia, Cina-Asia centrale, Cina-Asia dell’ovest, Cina-penisola indocinese, Cina-Pakistan e Cina-Myammar-India. Sugli assi principali e lungo le sei direttrici stabilite verranno costruite nuove strade, eliminate le “strozzature”, costruiti solidi collegamenti ferroviari, costruiti nuovi aeroporti internazionali, tutti con una capacità di integrazione intermodale, per integrare i trasporti su ferro e su gomma e assicurare le connessioni degli assi ferroviari o viari con i porti.[11]

Se è vero che la sicurezza e la manutenzione saranno appannaggio dei paesi della BRI, è vero e che lo sarà anche il loro ammodernamento nel corso del tempo. Per garantire questo obiettivo e il costante progresso in campo economico, nell’industria, nella logistica e nelle professioni ad esse legate, verranno istituiti capitoli dedicati alla Ricerca & Sviluppo con massicci investimenti nella cooperazione culturale e universitaria tra i vari paesi dell’iniziativa. La competitività del sistema universitario cinese e, più in generale, la crescita del sistema delle università in Asia, costituiranno un elemento centrale nello sviluppo della Cina e dell’Asia e nella competizione tra sistemi educativi. La Cina ha promesso 10000 borse di studio all’anno per i paesi aderenti all’iniziativa e numerose altre attività di cooperazione in ambito culturale.[12]

La governance dell’intero progetto è affidata ai singoli governi e alle nuove strutture multilaterali costruite per l’occasione. È peraltro pacifico che la Cina eserciterà una funzione di coordinamento,[13] essendo il promotore dell’iniziativa, ma è altresì chiaro che la facilitazione del libero commercio (attraverso la fattiva applicazione degli accordi sulla facilitazione degli investimenti del WTO[14]), la ripulsa di ogni tentazione protezionistica, la sicurezza geopolitica saranno una responsabilità di ogni singolo attore. L’azione coordinata nell’ambito di altre organizzazioni internazionali (tra cui l’ASEAN plus China) e nella cooperazione intergovernativa potranno dare risposte in questo senso.
 

3. BRI: il dialogo Cina-Europa.

I paesi europei che, al momento, hanno ufficialmente aderito alla BRI sono più di venti tra cui: Russia, Germania, Italia, Georgia, Armenia, Azerbaijan, Grecia, Polonia, Serbia, Romania, Ungheria, Austria, Svizzera, Bielorussia, Turchia, Spagna e Paesi baltici. Molti altri hanno deciso di entrare nel sistema di quote della AIIB. È ovvio che i paesi europei siano interessati a giocare un ruolo in un progetto così ambizioso. Si badi bene, i paesi europei e non l’Europa, perché la Cina ha trattato prevalentemente in modo bilaterale con le sue controparti europee, senza una sostanziale mediazione delle istituzioni dell’Unione europea. Tale situazione pone Pechino in una posizione negoziale di vantaggio nei confronti dei partner europei che, in una trattativa così complessa, trarrebbero un indubbio beneficio da un’impostazione multilaterale. La delicatezza, inoltre, della riorganizzazione delle reti pone un altro problema all’Europa che, a sua volta, potrebbe specializzare alcuni siti rispetto ad altri, determinando essa stessa i principali poli intermodali senza che altri decidano per l’Europa stessa dove investire. Un caso emblematico è l’investimento cinese nella ferrovia ad alta velocità Budapest-Belgrado-Pireo. La Commissione europea ha posto il progetto “sotto osservazione” mettendo in dubbio il rispetto delle norme europee in materia.[15] Tuttavia, se la Serbia considera l’opera come “volano” dell’economia,[16] uno studioso ungherese, Zoltán Vörös, fa notare come il reale vincitore di questa operazione sia la Cina: “il treno”, secondo Vörös, “non connetterà città ungheresi lungo il percorso (da Budapest a Szeged, terza città dell’Ungheria)”; “l’Ungheria”, continua lo studioso, “per le proprie relazioni economiche, avrebbe maggior vantaggio nel migliorare le connessioni con Romania e Ucraina, molto più importanti sotto il profilo economico”. Inoltre, la Cina guadagnerebbe dai prestiti concessi ai partner europei.[17] Come se ciò non bastasse, la Cina è già presente nel continente europeo con numerosi investimenti diretti: basti pensare ai porti di Napoli e del Pireo e ai suoi numerosi investimenti in aziende pubbliche e private in Europa.

L’incapacità di agire di concerto rischia di nuocere all’Europa e limitare la sua capacità di organizzare i propri spazi geopolitici secondo le proprie necessità, in una posizione di reciproco vantaggio con il munifico partner cinese.
 

Conclusioni.

Belt and Road Initiative costituisce il principale progetto di investimento e di riorganizzazione delle reti dell’Asia e tra i più ambiziosi visti finora. Tuttavia, una delle maggiori difficoltà dei vertici politici cinesi sarà rassicurare i partner asiatici ed europei sul reciproco vantaggio politico ed economico. Sebbene la Cina sia una posizione di primazia dovrà investire molta della sua credibilità, fornendo garanzie a partner importanti come Russia, India, Malaysia, Indonesia. Probabilmente, la proposta migliore che Pechino può fare ai suoi vicini è l’approccio multilaterale: se la Cina saprà consolidare e costruire relazioni durature, consolidare il sistema finanziario, e garantire la sicurezza internazionale nella regione (contribuendo al processo di pace in Corea e migliorando le proprie relazioni con alcuni paesi come Vietnam e Giappone), avrà fornito risposte adeguate, assicurando protezione, crescita e investimenti per tutti i partner asiatici nella regione.

Va altresì considerato che la Cina è in una fase delicata anche sul piano interno: lo sviluppo delle aree rurali, la lotta all’inquinamento (lo sviluppo sostenibile e la riconversione ecologica delle imprese), la lotta alla corruzione, l’aumento del reddito pro capite costituiscono solo alcune delle sfide che dovrà affrontare. Interessante è anche la posizione nei confronti degli Stati Uniti: oggigiorno, la Cina è il principale difensore del principio dell’apertura agli scambi internazionali, mentre gli Stati Uniti, dopo il fallimento del TTIP e del TPP, sono entrati in una fase neo-protezionistica, rischiosa per la crescita internazionale. In questo contesto, la relazione con l’Europa presenta prospettive ambigue: la Cina non considera l’Europa come un partner unico, preferisce accordi à la carte con i singoli Stati, assicurandosi una posizione di certo più vantaggiosa.

Uno degli elementi che hanno contribuito ad acuire la crisi economica del recente passato sul continente europeo è stato il deficit delle infrastrutture per ragioni di vetustà, di mancanza di investimenti o di visione. La BRI potrebbe essere uno strumento interessante per migliorare e rinnovare, in una posizione negoziale paritaria, le infrastrutture e i collegamenti sul continente europeo con il contributo cinese.

Un’ultima riflessione può essere compiuta sulla natura del progetto Belt and Road: si tratta di un progetto egemonico? Forse. Ciò che è certo è che la Cina dimostra di poter agire da leader nella propria regione di riferimento, portando ben al di fuori di essa le conseguenze della propria potenza economica e questo, a prescindere dall’esito finale della BRI, è già un segnale importante su cui riflettere.

Belt and Road Initiative ci conferma, in conclusione, che il mondo è in una fase delicata e che le trasformazioni in atto determineranno il volto di questo secolo. Non sappiamo se il mondo sarà veramente multipolare; ciò che appare certo è che l’Europa ha bisogno di essere unita se vuole essere un attore della vita internazionale.

Carlo Maria Palermo

 


[1] A. Carlsson, R. Xiao (Eds.), New Frontiers in China’s Foreign Relations: Zhongguo Waijiao de Xin Bianjiang, Lanham, Lexington, 2011.

[2] Per una breve ricognizione della politica estera cinese, cfr. M. Swaine, Chinese views and commentary on Periphery Diplomacy, China Leadership Monitor, no. 44, luglio 2014.

[3] Per una distinzione tra grandi potenze e superpotenze, rimando a B. Buzan, O. Waever, Regions and Powers, Cambridge, Cambridge University Press, 2003.

[4] Cfr. J. Manning, The Economic implication of 19th Party Congress, The International Banker, 28 novembre 2017. Cfr. AA.VV., The essence of Chinese experience, Ministry of Commerce (People’s Republic of China), 19 ottobre 2017.

[5] AA.VV. Vision and Actions on Jointly building Silk Road Economic Belt and 21st Century Maritime Silk Road, National Development and Reform Commission, 28 marzo 2015.

[6] Ibidem, pp. 4-5.

[7] “…It advocates tolerance among civilizations, respects the paths and modes of development chosen by different countries, and supports dialogues among different civilizations […] so that all countries can coexist in peace for common prosperity…”, ibidem p. 5.

[8] La New Development Bank è una banca per lo sviluppo internazionale costituita dai paesi BRICS come risposta ad un rifiuto da parte degli Stati Uniti (e di altri paesi) di redistribuire in modo più equo le quote di IMF e World Bank. Cfr. a questo indirizzo.

[9] AA.VV. Vision and Actions on Jointly building Silk Road Economic Belt and 21st Century Maritime Silk Road, op. cit., p. 10.

[10] R. Foot, S.N. MacFarlane, M. Mastanduno, US Hegemony and International Organizations: The United States and Multilateral Institutions, Oxford, Oxford University Press, 2003.

[11] AA.VV. Vision and Actions on Jointly building Silk Road Economic Belt and 21st Century Maritime Silk Road, op. cit., p. 6.

[12] Ibidem, pp. 11-12.

[13] La funzione di coordinamento sarà svolta dal Ministero degli affari esteri (MFA), dal Ministero per il commercio internazionale (MOFCOM) e dalle organizzazioni specializzate – all’interno dell’amministrazione cinese – già previste per questo scopo.

[14] WTO Agreement: Protocol Amending The Marrakesh Agreement Establishing The World Trade Organization, WT/L/940, 28 November 2014, 1-3.2.

[15] S. Giantin, L’Ue frena i treni cinesi sulla Belgrado-Budapest, Il Piccolo Balcani, 24/02/2017.

[16] AA.VV., Soon we will travel at 200 km/h from Belgrade to Budapest and Athens by train!, Telegraf.rs (Belgrado).

[17] Z. Vörös, Who Benefits from the Chinese-Built Hungary-Serbia Railway?, The Diplomat, 4/01/2018.

 

 

 

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